Analizzando le attuali trasformazioni del capitalismo, in particolare il passaggio dal paradigma fordista a quello postfordista, non si può prescindere dal fenomeno della globalizzazione e dalle molteplici implicazioni che ne derivano e che investono tutti gli aspetti dell'esperienza umana. Il processo globale, infatti, è caratterizzato da tendenze contrapposte, da forze che spingono verso una omogeneizzazione economica, sociale, politica e culturale, e da forze che esaltano la dimensione locale e le radici comunitarie, talora in contrapposizione all'appiattimento imposto dalla mondializzazione e dai paesi che ne sono leader e talora in funzione della espansione della stessa globalizzazione.

Ma che cosa s’intende con la parola globalizzazione? Con questo termine si intende, in primo luogo, quel fenomeno economico caratterizzato dalla formazione di un mercato finanziario globale.

Alla base di questo fenomeno economico c’è l’enorme aumento su scala mondiale degli scambi finanziari, che – nel corso degli ultimi quarant’anni – è stato reso possibile dallo sviluppo delle tecnologie informatiche e della comunicazione. Ciò ha permesso alla finanza di essere sempre più slegata dal sistema della produzione.

La globalizzazione interessa anche piani ben più materiali di quello finanziario, quale, in primis, quello lavorativo. Le grandi multinazionali sono, nell’immaginario collettivo, il vessillo della globalizzazione: queste grandi aziende, che superano le barriere delle distanze grazie ai mezzi tecnologici (Internet) e al progresso avvenuto nel campo dei trasporti, hanno creato un mercato globale sia tra le loro stesse filiali sia tra i vari gruppi, influenzando le filosofie di governo statali e lo stile di vita del singolo cittadino. Quest’ultimo è inoltre molto condizionato dalla delocalizzazione del lavoro che le multinazionali attuano verso quegli stati dove la manodopera costa meno, creando concorrenza e, complementarmente, in certi campi, disoccupazione nei paesi Occidentali.

Il contesto entro il quale tali cambiamenti sono avvenuti è quello della postmodernità: un contesto in cui si profilano profonde trasformazioni della condizione occupazionale standard, cioè di quel sistema che prevedeva la centralità del lavoro salariato dipendente a tempo pieno e indeterminato.

Le trasformazioni che hanno seguito il declino del fordismo, hanno prodotto un nuovo modello di produzione ed una nuova gestione del lavoro. Il sistema produttivo si fa meno rigido e richiede maggiore flessibilità e capacità di adattamento alle fluttuazioni della domanda e alle richieste dei consumatori. I contenuti mutano insieme alla nuova organizzazione produttiva e alle forme occupazionali.

Questa tendenza è stata intercettata dal cyberpunk. Scrittori come William Gibson, Bruce Sterling e Rudy Rucker hanno descritto nei loro romanzi uno scenario postindustriale, in cui il rapporto macchina-uomo assume nuove forme e propone nuove ipotesi, mutando allo stesso tempo il concetto classico di robot. Il Cyborg è la perfetta immagine di questa realtà sociale ed economica, dove macchina – intesa come computer – e uomo tendono a contaminarsi, quasi a fondersi, per creare un nuovo tipo di lavoratore.

La figura dell’androide, invece, è una perfetta metafora della condizione postfordista e postindustriale. Di fatto, l’androide può essere sia artificiale sia organico. È, comunque, un essere che – al di là della sua origine – presenta una principale e fondante caratteristica: è indistinguibile dall’essere umano, pur non essendo tale. O meglio, pur non essendo stato generato come tutti gli esseri umani. In particolare, l’androide – un essere simile all’uomo, ma che allo stesso tempo non lo è – ci sembra una perfetta metafora del lavoratore atipico che, pur aspirando a diventare un lavoratore dipendente, di fatto non gode degli stessi diritti di quest’ultimo.

La sostanziale differenza tra fordismo e postfordismo è che il primo era caratterizzato dalla centralità della fabbrica, il secondo, invece, vede la centralità dell’impresa. Questa diversa visione comporta il passaggio dalla rigidità della produzione materiale alla flessibilità di quella immateriale, di cui i computer sono lo strumento principale. Questo nuovo assetto rende superata anche la storica linea di demarcazione tra lavoro manuale e lavoro intellettuale.

Di fronte alla crisi del modello fordista, il sistema capitalistico tenta di rispondere attraverso un massiccio processo di ristrutturazione e riorganizzazione produttiva e finanziaria. Ne segue una impressionante accelerazione della concorrenza nei mercati interni ed internazionali.

Questa situazione porta ad una guerra internazionale di ricapitalizzazione. Essa interviene sulla produzione mediante le acquisizioni (concentrazioni-centralizzazioni), l'eliminazione del capitale pubblico e la riorganizzazione produttiva, e sul reddito mediante la massima libertà nella redistribuzione di ricchezza finanziaria privata (speculazioni monetarie, ecc.) e pubblica (politiche monetarie complici es. svalutazione) e nella redistribuzione dei redditi da lavoro dipendente: in tutto il mondo/mercato gli uomini e le donne che vivono di reddito da lavoro dipendente ed il loro monte retribuzioni devono diventare funzionali alla ricapitalizzazione.

Si è andata, così, via via affermando una società nuova, che per comodità è stata chiamata postindustriale, centrata sulla produzione di beni immateriali: servizi, informazioni, simboli, valori, estetica. La crisi che ne deriva nei vecchi modelli organizzativi esige una profonda rivoluzione dei paradigmi, una rielaborazione radicale delle strategie, l’elaborazione di nuovi modelli basati sulla flessibilità e sulla creatività. Dunque, sulla motivazione delle persone e sulla destrutturazione del tempo e dello spazio produttivo.

Flessibilità, creatività, motivazione risultano sempre più significativi nell’organizzazione postindustriale di fronte alla sfida del XXI secolo, che esige la drastica riduzione delle ingiustizie, elevando la qualità della vita, ibridando il lavoro con lo studio e con il tempo libero, ponendo al primo posto la felicità degli esseri umani.

Il concetto di “flessibilità” sembra non avere in sé un significato definito e univoco: è simbolo e metafora delle attuali trasformazioni nel mondo del lavoro. Se per alcuni è sinonimo d’autonomia, adattabilità e mobilità, per altri è una condizione generatrice d’incertezza e precarietà. In questo senso è contigua all’idea di androide così come è emersa dall’immaginario collettivo.

Il capitalismo flessibile è segnato quindi da disorientamento, ansia e angoscia. Crescono forme di lavoro atipico, in risposta alla crescente richiesta di flessibilità da parte delle imprese, che operano in un contesto produttivo ed economico profondamente diverso rispetto a quello dell’inizio del secolo.

In Blade Runner (1982), il film di Ridley Scott tratto dal romanzo di Philip K. Dick Ma gli androidi sognano pecore elettriche? è quanto di più visivamente esemplificativo esiste nell’immaginario cinematografico per descrivere lo scenario globalizzato e postindustriale.

La trama, come è noto, ci presenta un futuro alquanto spiacevole. Siamo nel 2019, la Tyrell Corporation produce regolarmente i replicanti, androidi più forti e resistenti degli uomini, appositamente creati per affrontare le situazioni estreme delle colonie “extra-mondo”. Oltre ad aver loro interdetta la Terra, probabilmente perché il genere umano ne teme le superiori capacità, ai replicanti è stato imposto un ulteriore invalicabile limite: soltanto quattro anni di vita. Un gruppo di essi, impadronitosi di una navetta spaziale, atterra nei pressi di Los Angeles e si confonde tra la folla, con l'intenzione di ottenere a qualsiasi costo dal proprio creatore, Eldon Tyrell, un prolungamento della breve esistenza loro concessa. Il governo attiva così le unità Blade Runner, corpi speciali incaricati di rintracciare e "ritirare" i replicanti introdottisi illegalmente sulla Terra.

A Rick Deckard, uno dei migliori cacciatori di androidi, viene affidato il compito di eliminare i cinque "lavori in pelle" in circolazione. Seguendo il suo fiuto e con l'aiuto di molta fortuna Deckard porta avanti l'incarico, perdendo però via via certezze sulla bontà della causa che è chiamato a difendere, e sopravvive soltanto grazie all'aiuto di una replicante e al ripensamento di Batty il quale nello scontro decisivo, sentendo giungere la propria inevitabile fine, lo risparmia, trasformandolo da avversario in testimone della propria disperata umanità e del desiderio, umanissimo anch'esso, di non scomparire nel nulla.

Dagli anni Novanta del Novecento ad oggi gli studiosi e i sociologi che si occupano del mondo del lavoro e dell’occupazione, hanno iniziato a studiare il nuovo concetto di flessibilità e di precarietà. La flessibilità non è da considerare solo come il continuo pellegrinaggio da un lavoro all'altro, ma anche come un mutamento significativo della percezione di sé, visto che uomini e donne sperimentano quotidianamente la difficoltà, se non l'impossibilità di elaborare un sé stabile nel mondo del lavoro.

Gli androidi dickiani lottano per riappropriarsi del loro corpo, del loro , attraverso il riconoscimento di una vita normale e più duratura. Proprio in quanto esseri artificiali e superiori all’uomo, almeno dal punto di vista del corpo, è stato loro concesso di vivere solo quattro anni. La loro disperata lotta, dunque, è contro il loro creatore – nel film il capo della Tyrell, ma più in generale l’uomo – ed è tutta incentrata sulla sopravvivenza e sulla riconquista del loro corpo, considerato dagli esseri umani poco più che una merce, un oggetto.

Sfortunatamente, la flessibilità viene considerata la cura per tutti i problemi connessi all’organizzazione del lavoro e, soprattutto, per combattere la disoccupazione e il fenomeno del lavoro sommerso. Le imprese e la società si adeguano a questa nuova categoria concettuale e al lavoratore non resta che subire questa ennesima trasformazione del capitalismo.

Sembra, insomma, di trovarsi in un romanzo di Dick, in cui a poco a poco tutti gli esseri umani vengono mutati in androidi per un solo scopo: lavorare di più, con flessibilità, individualismo e competitività – mentre declina inarrestabilmente la memoria della solidarietà e dell’organizzazione dei lavoratori, ricordi che svaniscono… come lacrime nella pioggia.