Sabato 3 febbraio 2024 il direttore di Fantascienza.com Silvio Sosio, nel suo articolo di apertura “Cos’è questa fantascienza”, riporta il link a un documento audiovisivo che non è un trailer o uno Sci-Fi short movie, ma uno straordinario viaggio nel tempo della durata di due minuti e diciassette secondi, il cui contenuto è fantascientifico per un paio di motivi. Il primo motivo è che, appunto, si tratta (letteralmente) di un viaggio nel tempo, il secondo motivo è che riguarda proprio la fantascienza. Infatti è intitolato “Libri di fantascienza”, è di un’emittente pubblica svizzera, e risale al 1966. Cos'è questa fantascienza.

Facendolo partire, vi si vede un giornalista che intervista Andreina Negretti, all’epoca caporedattrice di Urania, la quale dice tra l’altro (più o meno, e con un pizzico di ironia) che la fantascienza è una cosa da uomini, partendo dal dato che il 92% dei lettori sono maschi. Evidentemente questa era la percezione di allora. Il servizio è breve e non ci si può aspettare che approfondisca davvero la questione, ma è molto illuminante, non tanto sulla fantascienza (che in verità, più che come una forma letteraria, è trattata come un genere del fumetto) bensì sullo spirito dell’epoca.

Inizialmente, si vede una mano femminile (presumibilmente quella della Negretti) che sparge sul ripiano di un tavolo diversi volumi della collana. Successivamente, però, la voce fuori campo che ci parla di cos’è, appunto, questa fantascienza, viene accompagnata da immagini di fumetti (tra cui Flash Gordon) sfogliati da lettori, ma anche da lettrici. A essere sinceri, sul piano visivo il documento è molto accattivante, ed è piuttosto il commento che risulta sbrigativo e non troppo in sintonia col genere.

D’altronde, un vero esperto non può che essere un appassionato, e in tal caso le osservazioni non sarebbero dismissive, come direbbe un anglofono. Il profilo della fantascienza che emerge dal filmato è interamente dovuto ai pregiudizi dell’epoca. Nei quasi sessant’anni trascorsi molti di quei pregiudizi sono spariti, alcuni persistono, e altri ancora sono stati sostituiti da pregiudizi diversi e a volte peggiori (non solo riguardo alla fantascienza).

Il pregiudizio sulla fantascienza come roba per maschi si è in buona parte dissolto, ma l’idea che il genere sia in qualche modo inferiore rispetto alla narrativa generalista (il cosiddetto o la cosiddetta  mainstream) non è mai sparito del tutto. Il problema nasce dal fatto che la fantascienza è sempre stata in anticipo sui tempi, non nel senso apparentemente ovvio di essere “narrativa di anticipazione”, ma nel senso più radicale di essere in anticipo come fenomeno culturale.

Questa affermazione potrebbe apparire discutibile. Dopotutto, un fenomeno culturale può essere in anticipo al suo primo apparire, non certo dopo più di settant’anni (prendendo come riferimento l’Italia e la rivista “Urania”). Ma la caratteristica della fantascienza è invece proprio questa. A chi gli chiedeva di commentare la tesi di Jean Baudrillard sulla Science Fiction intesa come narrativa “postmoderna”, James Ballard rispose in tono secco: “La fantascienza è sempre stata moderna”. [1]

Il termine “moderno” è qui da intendere nell’accezione in cui si usava il termine circa un secolo fa, all’inizio del Millenovecento, ovvero non nel senso di ciò che è nuovo, ma come qualifica di un modo di pensare che si spinge verso il nuovo, che guarda in avanti, e non per anticipare ma per non restare fermo. Il merito di questo prezioso video del 1966 è appunto legato alla sua capacità di mostrare (decisamente al di là delle sue intenzioni) lo sfasamento, se non il contrasto, tra la narrativa fantascientifica disponibile in quel particolare momento storico e il momento storico stesso. La fantascienza era chiaramente “più avanti”, guardava già oltre.

Non a caso, il commento giornalistico punta a rassicurare lo spettatore sul fatto che tutta questa novità nella fantascienza dopotutto non c’è. Accade spesso infatti che, in assenza di vere novità, si spaccino per nuove delle cose rimasticate, oppure che si lanci un’occhiata su qualcosa di nuovo solo per convincersi che nuovo non è. Ciò che è davvero nuovo preoccupa sempre, del resto, e bisogna che qualcuno intervenga per tranquillizzare gli animi.

Il bello del video, a parte il suo evidente valore come documento storico, è che riesce a presentare in ogni caso la fantascienza come qualcosa di interessante, grazie alla sfasatura (un’altra) tra il piano visivo e il commento verbale. In effetti è girato piuttosto bene e le copertine degli Urania sparsi sul tavolo, col famoso cerchio rosso ideato dall’art director Anita Klinz e le suggestive immagini di Karel Thole [2], non mancano di creare un sense of wonder che quasi buca lo schermo (per non parlare dei piacevoli disegni tratti da alcuni fumetti).

Note

[1] Vedi il mio articolo “La letteratura di genere nell’epoca della sua riproducibilità parziale. Fantascienza e narrativa postmoderna”, in Anarres n. 2, Delos Books, 2014.

[2] Tra cui quella per il romanzo di James Ballard “Terra bruciata” (The Burning World, 1964), Urania n. 417, Mondadori, Milano, 2/1/1966.