intervista con tim burton
Costato oltre ottanta milioni di dollari, Mars Attacks è una specie di Parterre des Rois della fantascienza. Effetti speciali incredibili e divertentissimi si uniscono alla recitazione autoironica e appassionata di un numero impressionante di grandi attori hollywoodiani: da Jack Nicholson a Glenn Close, da Rod Steiger a Annette Bening, da Danny de Vito a Michael J. Fox, da Tom Jones a Martin Short.
La simpatica allegria di Tim Burton è quasi contagiosa. Alto, capelli arruffati, incredibilmente identico in tutto e per tutto alle foto che girano di lui, il regista di Mars Attacks, dei primi due capitoli della serie di Batman, di Edward Mani di forbice e di Ed Wood, ad un primo impatto, assomiglia più a una rockstar che a un uomo di Hollywood. Ma, in realtà, bastano solo poche parole per accorgersi del fatto che Burton è un vero e proprio genio creativo del nuovo cinema americano.Delos: Mr. Burton, lei crede ai marziani?
Tim Burton: Io vengo dalla California, ci devo credere per forza. (grande risata) Per me i marziani hanno sempre rappresentato quelle "forze della vita" che non sono mai ciò che sembrano. La loro capacità di nascondersi ha sempre incarnato la frammentazione che sfugge alla comprensione. In un certo senso gli extraterrestri sono sempre stati il mio "incubo preferito". Negli anni cinquanta, però, non era così. La maggior parte dei film di fantascienza costituivano una sorta di metafora dell'anticomunismo, dove l'alieno era colui che proveniva da lontano col volere di cancellare e di assimilare. Con gli alieni non era possibile alcun dialogo, così come non era possibile dialogare con gli uomini oltre cortina della guerra fredda.
Delos: In Incontri ravvicinati del terzo tipo la musica era lo strumento di dialogo con gli extraterrestri. Nel suo film, invece, è ciò che li annienta. Come mai questa differenza?
Tim Burton: Io preferisco vedere la cosa da un altro punto di vista "unificante": la musica salva il mondo.
Delos: Se lei fosse stato il Presidente degli Stati Uniti del suo film, che tipo di accoglienza riserverebbe a dei visitatori extraterrestri?
Tim Burton: Non lo so, (grandissima risata) non credo che nessuno mi eleggerebbe mai Presidente.
Delos: Qual è l'attore con cui si è divertito di più a girare Mars Attacks?
Tim Burton: Ci sono attori di tutti i tipi in questo film: attori drammatici, attori di commedie, attori comici e mi sono molto divertito a mescolare tutti gli elementi della loro recitazione. Jack Nicholson è, però, quello che preferisco in assoluto. Quando gli ho fatto leggere la sceneggiatura e gli ho chiesto quale ruolo volesse interpretare mi ha detto: Li voglio tutti!
Delos: Tra il 1996 ed il 1997 la Terra è stata invasa cinematograficamente almeno quattro volte: Mars Attacks, Star Trek 8, Indipendence day e perfino Space jam hanno consacrato questa stagione cinematografica come "quella degli alieni". E' solo una coincidenza?
Tim Burton: Sono cose che capitano. Negli anni cinquanta c'erano milioni di film di fantascienza ogni anno. Probabilmente questo accade perché siamo vicini alla fine del millennio e la gente avverte una paura ed un'ansia comune a tutte le epoche che si sono avvicinate alla fine di qualcosa. Penso, per esempio, a cosa accadde alla fine del secolo scorso dal punto di vista letterario. Tutti i libri esprimevano in qualche maniera il medesimo pathos ed il medesimo timore.
Delos: Lei ha dichiarato di non avere voluto vedere Indipendence day. Perché?
Tim Burton: Non ho voluto vederlo per non essere influenzato dai paragoni che la gente avrebbe necessariamente fatto tra le due pellicole. Certamente lo vedrò in futuro, ma dovrò avere finito almeno il giro mondiale di presentazione di Mars Attacks.
Delos: Nei suoi film, soprattutto visivamente, ci sono forti richiami agli anni cinquanta e sessanta. Qual è il fascino che ha esercitato su di lei questa epoca?
Tim Burton: Noi siamo il prodotto di quello che abbiamo visto e vissuto nell'infanzia. Io adoravo i film di Godzilla, di Ed Wood e di William Cameron solo che non li ho mai considerati come film dark...tutt'altro. King Kong, Frankenstein, il gobbo di Notre-Dame per me erano personaggi luminosi e non oscuri. Ho passato giorni e giorni nelle sale dei cinema del mio quartiere, assorbendo tutto quello che si poteva delle atmosfere e delle storie dell'epoca. Inoltre io sono figlio della TV che c'era negli anni sessanta. Quello che rappresento nei miei film è una sorta di eco di quello che vedevo alla televisione in quegli anni. La TV è stata la nostra prima educatrice: siamo cresciuti senza leggere un libro, inchiodati dinanzi al teleschermo. Io ho cercato di mantenere dentro di me quello che ho visto, raccontandolo, però, da un punto di vista nuovo e fresco. Non ho mai voluto rimanere o tornare bambino, ho desiderato solo tentare di raccontare tutto quanto, un'altra volta ancora.
Delos: La stessa cosa è accaduta a Quentin Tarantino...
Tim Burton: Noi siamo ciò che siamo. In California non ci sono musei e noi abbiamo avuto contatti con l'arte solo grazie al cinema e alla televisione. Questi media hanno costituito una sorta di "fondazione" della nostra cultura.
Delos: Nel 1989, quando lei ha girato Batman, fu accusato di avere insistito eccessivamente sull'aspetto dark del personaggio. Eppure questa rivisitazione in chiave oscura di famose figure del cinema, della letteratura e dei fumetti è stato più volte ripetuto in seguito. Pierce Brosnam ha ammesso, per esempio, che il suo lavoro insieme agli sceneggiatori è quello di riportare James Bond su un versante più noir. Lo stesso è accaduto nell'ultimo Star Trek e in altre pellicole. Si sente, forse, un precursore?
Tim Burton: Sono sempre stato interessato dagli opposti che compongono la nostra esistenza: la vita e la morte, la luce ed il buio. Noi siamo il prodotto di questi contrasti. Io non ho mai pensato a me come una persona completamente positiva o completamente negativa, non sono mai stato solamente felice o soltanto triste, ma in uno stato che era sempre un misto delle due cose. Quando girai Batman decisi di esplorare il suo lato chiuso e oscuro, la sua volontà di portare una maschera, il dolore che l'aveva costretto a essere quello che era diventato. Io mi sono molto divertito a farlo ed è probabilmente vero che qualcuno mi abbia imitato per altri personaggi.
Delos: I primi due Batman diretti da lei erano dei capolavori. Non si può dire altrettanto di Batman Forever e, da quello che si vocifera intorno alla lavorazione di Batman & Robin, probabilmente neppure la quarta pellicola sarà granché. Che cosa ha perso il personaggio di Batman senza di lei alla regia?
Tim Burton: Ho sempre pensato
che Batman fosse un eroe solitario. Era per questo che decisi
di escludere il personaggio di Robin. Mi sembrava invadesse troppo
la privacy dell'uomo pipistrello.
L'aspetto nascosto dell'eroe era il suo lato più interessante
e simpatico. Venuto meno questo per una scelta degli studios
che lo volevano più "facile" e comprensibile
da parte del pubblico, Batman ha perso gran parte del suo fascino.
Delos: Lei crede che la diffusione di siti relativi a film su Internet, possa in qualche maniera influenzare le grandi produzioni hollywoodiane, che potrebbero sfruttarli come una specie di indici di gradimento on-line?
Tim Burton: Uso molta tecnologia nella mia vita, e non solo quella professionale, ma sono sempre convinto del fatto che, forse, l'umanità si muove troppo in fretta per quanto riguarda il suo avanzamento tecnologico e non si occupa sufficientemente degli effetti che questa può avere sulla vita delle persone. Personalmente quando ricevo messaggi di posta elettronica mi sento un po' strano. Preferisco incontrare la gente per la strada che dandomi una pacca sulla spalla mi spiega perché i miei film gli sono oppure non gli sono piaciuti. Nonostante questo, è chiaro che Internet è uno strumento potentissimo e da apprezzare. Io, però, avverto contemporaneamente un senso di attrazione e di repulsione nei suoi confronti.
Delos: Lei è seguito in tutto il mondo da milioni di fans. Cosa pensa di avere dato loro con il suo lavoro?
Tim Burton: Ho capito di avere creato con i miei film un club ideale per gli eterni ragazzi che amano i falliti, la libertà, i marziani e le donne che ti seguono con una valigia in mano come la mia compagna Lisa Marie.
Delos: Lei si sente come un fondatore di un club oppure come una vittima della società che ha trovato una specie di via di fuga?
Tim Burton: Poiché nessuno mi ha mai chiesto di iscrivermi a un club, la cosa migliore è stata, forse, quella di fondarne uno per conto mio. (Ride) Anche se raccontando questo, mi viene in mente quella battuta di Groucho Marx che dice: Non vorrei mai fare parte di un club che accettasse tra i suoi soci uno come me.
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