Delos 25: Cieli Sintetici Cieli Sintetici
di Emiliano Gokuraku Farinella
la ragazza collegata
Un viaggio storico, critico e riflessivo sul cyberpunk: un fenomeno, un modo di vita, e soprattutto una letteratura. Forse la più significativa di questo scorcio di fine millennio.
Sapete cosa disse Jimi Hendrix?"Quando arriva l'ora di morire lo deciderò da solo. E finché vivo, lasciatemi vivere a modo mio."
Oppure tentate un suicidio in pubblico, fatevi arrestare per questo,
e fatevi assoldare dalla GTX, la più potente società
di tutta la terra, quella che domina il mondo intero che fa le
leggi e che le fa rispettare imponendovi il suo stile di vita.
P. Burke fece proprio questa fine, a lei andò abbastanza
bene fino ad un certo punto... la trascinarono in America centrale
e la chiusero in un neurolaboratorio 150 metri sotto terra. Lì
l'hanno rifatta d'accapo... alla fine aveva il sistema nervoso
che le penzolava fuori dal corpo connesso con una lunghissima
serie di elettrodi e passava quasi tutta la sua vita in una stanza
maleodorante di crema conduttiva: ma quando era connessa la nostra
brutta, grassa e antipatica P. Burke si trasformava nella giovane
e magnifica Delphi (che la Borland si sia ispirata a questo racconto!?).
Delphi è il più potente strumento di promozione
che sia mai stato inventato. In effetti "Delphi" è
solo un pezzo di carne senza cervello, tutto il suo sistema nervoso
sta in P. Burke chiusa in quella stanzetta maleodorante, e P.
Burke si è quasi dimenticata di esistere in quel quintale
e mezzo di carne che la compone, per lei la vita è diventata
"Delphi" e le pause che si prende per sostenere il suo
corpo preferisce considerarle come degli incubi di Delphi.
Delphi buca l'oloschermo, grazie al wando (Burke) che la
guida, è irresistibile e riesce a dar incredibili margini
di guadagno alla GTX. Il mondo è in mano alla GTX che ha
ottenuto il monopolio della produzione e della distribuzione dell'informazione.
Contro questo prova a lottare Paul Ishman, il figlio di uno dei
gran capi...
Gli ingredienti ci sono tutti : "ragazza collegata", "lotta contro il sistema", "olovisione che influenza il mondo", notevole importanza dell'informazione, un soffermarsi con cura su particolari tecnici della connessione uomo machina e della sua possibile simbiosi con l'artificialità.
Ed ecco fatta un'altra opera cyberpunk, facile, no? direte voi... e invece no, quest'opera ha tutto di "cyberpunk" fuorché l'esserlo!!
Il racconto in questione è La ragazza collegata di James Tiptree jr vincitore dell'Hugo nel 1974. Tempi lontani, tempi in cui una donna come Alice Sheldon per scrivere SF doveva farsi chiamare James.
Gibson anni dopo si ricorderà di questo bell'anticipo delle
tematiche del genere che viene offerto da questa donna. E Ishman
è il nome della diva del Sim Stim che ricorre per la prima
volta in Burning Chrome nell'81 e poi in tutto il ciclo
dello sprawl.
Gibson affonda le radici della sua opera nella SF che ha letto
prima di iniziare a scrivere da professionista. Quando all'inizio
degli anni '80 produce quei racconti sconvolgenti che inizializzeranno
un genere, non fa altro che sviluppare e portare a frutto quel
tessuto connettivo che unisce la SF finora prodotta con le istanze
del mondo e della cultura moderna.
Questo credito di Gibson - e di tutti gli autori "cyberpunk" - verso la SF "classica" c'è, ed è debitamente riconosciuto da questi con frequenti citazioni di ogni genere.
Mirrorshades, l'antologia manifesto di questo movimento,
si apre proprio con un racconto che sancisce questo riconoscere
un'eredità e l'andare oltre quanto proponevano gli antenati...
Ne Il continuum di Gernsback, di Gibson, si fa riferimento
ai sogni di quella prima SF che vedeva in autostrade a 30 corsie,
grattacieli enormi e montagne metalliche volanti il futuro di
questa letteratura e, soprattutto, dell'umanità.
Né Gibson, né il protagonista del racconto sono
molto affascinati da questi sogni, ma è anche in queste
acque che affondano le propaggini delle radici del cyberpunk,
e riconosciuti i crediti dovuti adesso il cyberpunk è pronto
a riscrivere la SF a modo suo.
E ricordate cosa c'è scritto lassù in cima di Jimi
Hendrix... ?
Già, finché vivrà il cyberpunk fatelo vivere
a modo suo e fategli riscrivere la SF come gli pare: non ve ne
pentirete!
Questo forse però è un po' troppo... questo genere si è molto ampliato e ha dimostrato potenzialità enormi - come mostra Sterling in quest'antologia - ma nell'estendersi delle sue tematiche e della tavola di possibili sensibilità con cui descrivere questi contesti si è un po' perso quello che aveva di tanto caratteristico eccentrico ed estremistico il cyberpunk degli esordi. Questo ha portato alcuni a vedere la morte di quel primo ottimo old cyberpunk con quest'antologia. A questo proposito potreste leggere un'interessante recensione di Mirrorshades fatta da Marco Paolini su Terminus.
La morte di quell'old cyberpunk ha sottratto un po' di
romanticismo al genere infondendogli in cambio nuova vitalità
e allargando a dismisura le tematiche che il genere riesce ad
affrontare con lo spirito di contestazione e di rinnovamento che
lo contraddistingue.
I detrattori del cyberpunk hanno provato sin dall'inizio ad etichettare
il genere come piccolo cabotaggio nel mondo della SF, hanno provato
a ridurlo a fenomeno di costume (e per questo effimero e passeggero)
come se non fosse altro che una piccola perturbazione nel mondo
della SF, solo una piccola fluttuazione del quieto continuum fantascientifico
che in breve avrebbe dovuto riassorbire tutto senza traumi.
Mah!
Questo continuum fantascientifico esiste realmente, non ci sono
opere sconnesse tra di loro che spuntano in ordine casuale, e
il cyberpunk ha pagato il suo tributo [o ne raccoglie i frutti?]:
raccoglie la SF fin dove è giunta, si mette sulla scia
di Gibson, che nel frattempo inizia lentamente a defilarsi, cogliendone
le sue innovazioni stilistiche e tematiche (in una parola sola
reagendo al suo scrollone) e si inizia a produrre una nuova SF
che è quella sostanzialmente che si vede in libreria adesso
ma che nel sangue ha notevoli influssi cyberqualchecosa.
La posta in gioco è stata rilanciata, da fenomeno personale, espressione di un singolo autore geniale, il cyberpunk si trasforma in movimento, e l'autore di questa coagulazione è indubbiamente Sterling che è il padre ideologico del cyberpunk (se Gibson è quello letterario).
Iniziamo ad andare lontani, tuffiamoci subito in qualche cosa di sbalorditivo: leggere Mozart in Mirrorshades significa scoprire che avevamo sotto il naso un tesoro solo dopo che hanno acceso la luce per farcelo vedere. La trovata non è per niente nuova in sé: si tratta di una storia di Universi alternativi... si apre un buco nel continuum spazio temporale, si arriva nell'evento desiderato si fanno passare tutte le attrezzature necessarie attraverso un enorme falla e poi si stringe la falla quanto basta per far passare le ricchezze che si stanno derubando in quel passato alternativo. E con ciò non c'è nulla di nuovo... E' stupefacente, invece, come Sterling e Shiner raccontano la storia, è incredibile quanto colgano del decennio passato in questa storia (anni '80 in cui si è fatto un gran parlare di Mozart in ogni campo), è notevole quanta vitalità doni a questa storia il trattarla con gli strumenti e gli sberleffi tipici del cyberpunk.
Tipica figura cyberpunk è la Lady-acqua-in-faccia di Pat
Cadigan in A Tutto Rock,
una ragazza che produce rock'n'roll attraverso le sue interfacce
artificiali. Altra storia tipicamente cyberpunk potrebbe essere
Occhi di serpente di Tom
Maddox: i piloti da caccia vengono chippati per poter
pilotare al meglio ai loro mezzi... ma quando vengono congedati
gli innesti non vengono tolti e questi finiscono per influire
sulla personalità e quindi sulla vita di questi uomini,
rendendola invivibile. Si preoccupa di mettere a tacere questi
mostri un essere artificiale che, assoldati tutti questi chippati
- e in cambio della pregevole prestazione (domare queste innesti)
- usa gli innesti nelle loro menti per saziare la propria sete
di contatto con la "splendida" mente umana. Qui è
gettata una frecciatina sulla possibilità del rapporto
uomo macchina, della simbiosi e della possibile evoluzione dell'umanità
verso una possibile forma meccanica.
Molto più opprimente Stone è
vivo di Paul De Filippo.
Si parte da una metropoli da terzo mondo, guerra civile in pieno
occidente industrializzato (ed ex-ricco). In questa città,
nella più totale miseria, per sopravvivere si può
decidere di offrirsi come cavia per esperimenti chimici, sperando
di sopravvivere per riuscire a riscuotere la paga. Un buco nero
di miseria al centro del quale, ben corazzata, c'è un'isola
di ricchezza, depositaria di quegli sprechi tipici dell'occidente
odierno moltiplicati per mille. Pare un inasprirsi della situazione
odierna: la povertà che diviene trasversale e finisce per
incidere su tutto il mondo.
Ogni città di ogni stato industrializzato si becca la sua
enorme fetta di poveri ed in ogni città sopravvive solo
una strettissima élite di ricchi ben difesi nelle loro
città dentro la città. E' questa la logica conseguenza
della tendenza attuale dell'ammassare ricchezza nella ricchezza
e povertà nella povertà secondo De Filippo e i cyberpunk
in generale.
Dopo la puntatina politica di De Filippo si può ravvisare quella etica di Shiner in Fin quando voci umane non ci sveglieranno. L'ambientazione è l'isola privata di una corporation, un posto dove mandano in vacanza gli impiegati quando rischiano di ammattirsi a forza di lavorare... questo però è anche il luogo di un esperimento un po' stravagante, la storia è fessa in sé, ma val la pena di citarla questa trovata del laboratorio che produce sirene (sì, le stesse con cui aveva a che fare anche Ulisse...) come corollario di un progetto per costruire il solito futuro migliore... un futuro in cui non ci saranno problemi per trapianti, in cui si riuscirà a realizzare un buon piano eugenetico, in cui ci sarà da mangiare per tutti e un tenore di vita elevato per le popolazioni di tutto il mondo. "Al prezzo di che" si chiede Shiner...
Le tematiche che si toccano sono varie e tante, talvolta la qualità
non è esuberante e si può cadere nell'insulso, come
accade in Freezone di Shirley dove viene ripresa l'ambientazione
da rockettari nostalgici di Harley Davidson da cavalcare incontro
al sole che tramonta senza riuscire ad aggiungere un granché...
altre volte invece ci troviamo di fronte ad opere magistrali che
lasciano un segno notevole nel panorama fantascientifico circostante.
E' un fatto naturale, le potenzialità del genere ci sono,
è capace di far vibrare corde su un ampio spettro adagiandosi
perfettamente su quel sentiero di tematiche tracciato dalla SF
passata, poi sovente può non essere il singolo autore all'altezza.
Oppure può capitare di trovarsi di fronte un vero talento
naturale come Patrick James Kelly
che con Solstizio sforna
un'opera mirabile. Saltano subito all'occhio tre tematiche trattate
con attenzione da Kelly: droga, informazione e cultura
underground.
L'underground è il naturale terreno fertile del cyberpunk,
sono quelle zone temporaneamente autonome osannate da Hakim
Bey in cui il genere ha iniziato a maturare e crescere (si pensi
alle origini socio culturali del nucleo d'acciaio che l'ha iniziato).
E' in queste zone che viene colto lo spirito individualisticamente
controsistemista del cyberpunk.
Da qui poi il cyberpunk rimbalza ovunque cavalcando alcuni fattori
congiunturali di estrema importanza, il minimo storico del gap
tra realtà fantascientifica e realtà odierna e le
tendenze nettamente individualistiche che guizzano per il pianeta.
Nel racconto di Kelly si evidenziano tutti questi fattori. La
storia è quella di un chimico divenuto famoso e ricco grazie
alla scoperta di un intero nuovo gruppo di droghe e ciò
si inserisce in un contesto in cui fare droga è arte.
Ci sono i riferimenti fitti e profondi all'ambiente (chiamatelo
underground se volete...) in cui avviene questo, spesso
con richiami di carattere psichedelico (le riunioni nelle
campagne inglesi, il pellegrinaggio a Stone Age . C'è la
grande importanza del sistema informativo e soprattutto si trova
chiara esplicazione della funzione sociale delle nuove droghe:
costruire un paradiso artificiale che costituisca un nuovo
mondo in cui rifugiarsi, da soli. Si torna a quella situazione
che ha caratterizzato il decennio passato e quello attuale, quella
necessità di una nuova forma di fuga che esalti la propria
individualità, e questo compito sembrano portarlo ben a
compimento droghe di varia natura che ricreino questo mondo in
cui fuggire dentro di noi, lontano dagli altri.
Un contesto underground in cui la droga (che può intendersi
come il catalizzatore di una "sensibilità" artificiale)
fa da filtro per l'informazione.
In questa relazione così sinteticamente espressa si celano
forti forze e notevoli tensioni, tali da sentirsi vibrare in sottofondo
in ogni opera degli anni '90 al di là dei possibili limiti
di ingerenza del cyberpunk.
Certo Kelly è un autore molto aperto che non auspica certamente
a rimanere chiuso in un genere... ma c'è di più,
parlare di Kelly è solo la scusa che fornisce Sterling
per darci un'idea di quanto vasta e ampia possa essere l'influenza
di un cyberpunk non radicale nella società dell'informazione
che stiamo creando. Forse è uno degli strumenti più
lucidi che abbiamo a disposizione per tentare una disamina di
questo mondo proprio mentre la tempesta infuria.
Rimane da chiedersi se possa esistere un cyberpunk non radicale,
se un cyberpunk spogliato di quella carica, che aveva quindici
anni fa, per mettersi al servizio di tutti, sia ancora quella
forma letteraria e quell'espressione culturale che ha portato
a vedere pixel lucenti nel cielo sopra il porto...
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