Se c’è un argomento che, in questo momento, impazza su tutti i mass media, sui social e nel più prosaico chiacchiericcio da bar ebbene è sicuramente l’intelligenza artificiale, AI per chi ama le sigle. Si va da “ci toglierà il lavoro” a “distruggerà l’umanità”, fino a “ci aiuterà nel prossimo futuro”. Tutto dipende se siete degli inguaribili ottimisti oppure dei nativi pessimisti. Su queste paure o aspettative, il regista Gareth Edwards, dietro la macchina da presa per pellicole come Rogue One: A Star Wars Story e Godzilla, ci ha “ricamato”, scrivendo e dirigendo la pellicola The Creator, interpretata da John David Washington, Gemma Chan, Ken Watanabe, Sturgill Simpson, Madeleine Yuna Voyles e Allison Janney.
Nel film, Joshua (Washington), un ex agente delle forze speciali in lutto per la scomparsa della moglie (Chan), viene reclutato per dare la caccia e uccidere il Creatore, l'inafferrabile architetto dell'avanzata AI che ha sviluppato una misteriosa arma con il potere di porre fine alla guerra… e all'umanità stessa. Joshua e la sua squadra di agenti d'élite oltrepassano le linee nemiche nel cuore oscuro del territorio occupato dall'AI solo per scoprire che l'arma apocalittica che è stato incaricato di distruggere è un'AI con le sembianze di una bambina (Voyles).
A proposito proprio dell’attualità del tema trattato dal film, Edwards ha dichiarato: “Il tempismo di questo film è surreale. Anche se abbiamo sviluppato questo film per anni, la sua uscita avviene in un momento affascinante in cui il mondo sta lottando con molte delle questioni e degli interrogativi che volevamo affrontare con il film: cosa significhi essere umani, se l’AI possa essere senziente, la questione del bene e del male tra l’AI e tra le persone. Penso davvero che esplorare questi interrogativi sia ciò che la fantascienza sa fare meglio. In origine, – ha continuato il regista – ho pensato all’AI in questo film come a una metafora di altre persone diverse da noi, che spesso vediamo come il nemico. Poi, quando mi sono messo a scriverlo, hanno iniziato a venire a galla tutti questi dilemmi filosofici. Per esempio, se ci fosse un’AI che sembrasse 100% vera nell’interazione, cosa succederebbe se non vi piacesse quello che fa? Riuscireste a spegnerla? Sarebbe sbagliato spegnerla? Cosa succederebbe se non volesse essere spenta? All’epoca sembrava un po’ inverosimile, come se fosse una cosa di cui ci saremmo dovuti occupare solo di lì a 30 anni. Ma stranamente, mentre giravamo, – ha continuato Edwards – uscivano tutte queste notizie su informatori delle Big Tech che ci avvertivano di quanto si fosse evoluta l’IA, di come venisse sviluppata per scopi commerciali, e di come potesse sostituire il lavoro umano. E sembra che ora siamo al punto di svolta: il vaso di Pandora è stato aperto. E questo film, per puro caso, è completamente incentrato su questo tema. È reale? Ha importanza? Dovremmo accettarla? Dovremmo distruggerla? Questi concetti sono al centro del film. Quindi, da questo punto di vista, ha un tempismo perfetto”.
The Creator prende il via all’indomani di un evento catastrofico: la decimazione di Los Angeles da parte dell’intelligenza artificiale. I governi occidentali rispondono mettendo al bando l’IA, mentre le nazioni orientali continuano a sviluppare queste tecnologie, al punto che i robot sono diventati simili agli esseri umani, e accolti come pari. Questo scatena una guerra tra Occidente e Oriente, America contro Asia, che fa da sfondo alla storia. All’inizio della storia, Joshua (John David Washington), un soldato americano che opera sotto copertura in Asia, viene separato dalla moglie Maya (Gemma Chan) durante un attacco.
Presumendo che Maya sia morta, Joshua torna negli Stati Uniti e la sua vita va in pezzi. Cinque anni dopo, l’esercito gli chiede di tornare nella zona di guerra perché teme che un genio dell’AI abbia creato un’arma capace di far vincere la guerra all’Oriente, e che quest’arma stia per essere impiegata. Vogliono che Joshua trovi l’arma e la distrugga. Joshua accetta con riluttanza di partecipare alla missione, dopo che il colonnello Jean Howell (Allison Janney) gli rivela che Maya potrebbe essere ancora viva e risiedere nella zona di guerra. Poco dopo il suo arrivo in Asia, Joshua scopre che l’arma è una bambina di sei anni di nome Alphie (Madeleine Yuna Voyles). Da quel momento, Joshua inizia a mettere in discussione tutto ciò che pensava sull’AI e su cosa sia reale e cosa no.
Dopo il successo di Rogue One: A Star Wars Story, a Edwards sono stati offerti diversi progetti, ma dopo aver avuto l’ispirazione per The Creator, ha co-scritto la sceneggiatura originale con Chris Weitz (About a Boy – Un ragazzo) e ha deciso che sarebbe stato il suo prossimo film.
“Terminato Rogue One, avevo bisogno di una pausa. Sono partito per un lungo viaggio in macchina con la mia ragazza, per raggiungere i suoi genitori in Iowa. Mentre attraversavamo il Midwest, guardavo scorrere i campi sterminati ascoltando le colonne sonore dei film. Poi all’improvviso, in mezzo all’erba alta, è spuntata questa strana fabbrica. Ricordo che aveva un logo giapponese. Ho iniziato a chiedermi cosa costruissero lì dentro. Beh, era un’azienda giapponese e io sono un appassionato di fantascienza, quindi la mia mente è subito volata ai robot. Doveva trattarsi di robot, giusto? Immaginate di essere un robot costruito in quella fabbrica e di non aver mai conosciuto altro; poi un giorno qualcosa è andato storto e vi siete ritrovati per la prima volta fuori, in questo campo, a vedere il mondo, il cielo: cosa pensereste? Sembrava l’inizio di un film. L’ho trovato affascinante e quando siamo arrivati dai genitori della mia ragazza avevo già in mente l’intero film. È molto raro che succeda. L’ho preso come un buon segno e ho pensato che forse sarebbe stato il mio prossimo film”.
Sul concetto di “buono” e “cattivo”, il regista ha le idee chiare, che si riflettono anche in The Creator. “Viviamo in un mondo – ha spiegato il regista – in cui abbiamo paura dell’altro, delle persone diverse da noi. Ormai siamo sempre più polarizzati. A volte siamo convinti che coloro che non condividono i nostri valori siano i cattivi, e noi i buoni. Ma loro ovviamente pensano di essere i buoni, e i cattivi siamo noi. È così che funzionano gli esseri umani. Volevo provare a esplorare il tipo di situazione in cui, dopo aver avuto un enorme pregiudizio nei confronti di un certo gruppo, alla fine vieni catapultato proprio in quel gruppo e devi conviverci, o comunque trovare il modo di uscirne vivo. Come ti cambia questo? Quali sono gli eventi a cui assisti che agiscono sul tuo pregiudizio nei confronti di quelle persone? Mi piace molto l’idea di un personaggio che viene catapultato in una situazione e che, nel viaggio per tornare a casa, inizia ad assumere la prospettiva altrui”.
Per la costruzione del mondo di The Creator, Edwards cita come ispirazioni Cuore di tenebra di Joseph Conrad e Apocalypse Now di Francis Ford Coppola, ma anche Baraka, Blade Runner e Akira. La relazione centrale tra Joshua e Alphie ha attinto a fonti meno prevedibili, tra cui Rain Man, Vendetta, E.T. l’extraterrestre e Paper Moon – Luna di carta.
“Abbiamo un protagonista – ha detto il regista – che compie un viaggio in una zona di guerra futuristica e inizia a mettere in discussione ciò che pensava fosse vero. Come società, stiamo affrontando anche noi questo percorso rispetto all’IA, che ci piaccia o no. È reale? È davvero una persona quella con cui stiamo parlando? Sebbene il film sollevi molte domande sulla tecnologia e sull’IA, nel suo nucleo centrale The Creator è anche una favola. Una figura paterna riluttante deve aiutare una bambina ad attraversare un bosco metaforico per ritrovare la propria moglie. Quello che vuole è l’amore della moglie. Ma ciò di cui ha veramente bisogno è amare questa bambina”.
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