Si parlava delle trasformazioni avvenute nel giornale in questi ultimi anni, e un giornalista di professione aveva espresso il suo convincimento che altre e più importanti modificazioni sarebbero imposte dalle circostanze a quest'organo della pubblica opinione.
– Si è tentato il giornale parlato col telefono; non ha attecchito. Il giornale non è soltanto un mezzo di discussione e d'informazione – egli diceva – ma è anche, e soprattutto, un digestivo o un soporifero, secondo l'ora della sua pubblicazione; e il tentativo telefonico non corrisponde a questi due uffici. Si riduce a un disturbo per gli abbonati. Avverrà nel giornalismo la specializzazione che è avvenuta nelle professioni e nei mestieri? Ci saranno giornali per dir così, Articoli di fondo Giornali Fatti diversi? Giornali Ci scrivono? Giornali Sappiamo con certezza? Chi lo sa!
– Il giornale dell'avvenire – disse il dottor Maggioli quella sera – è già venuto al mondo, un po' prematuramente, come accade spesso, e perciò non è riuscito. Ma il suo germe, sepolto sotto le zolle, si desterà, metterà le foglioline, diverrà alberetto; poi ingrosserà di fusto, allargherà i rami, sarà albero, e si riprodurrà in foresta; lasciategli un po' di tempo, e vedrete.
– Io ho assistito alla sua nascita e alla sua morte… apparente; dico così perché sono sicuro che risorgerà. L'idea è pratica, come tutte le cose che fanno gli americani; ingegnosa, come tutte le cose suggerite dall'amore quando è messo alle strette.
– E quel Dgiosciua Pròn, di cui voglio parlarvi (si scrive Joshua Prawn e si potrebbe tradurre: Giosuè Granchiolini), era stato proprio messo alle strette da una specie di ultimatum della miss del suo cuore:
«Diventate milionario, Dgiosciua! Soltanto allora ci sposeremo».
– Da noi una proposta di questo genere scoraggerebbe qualunque innamorato. In America, dove un venditore di fiammiferi di legno è diventato «Re delle ferrovie» con una fortuna ch'egli stesso non sapeva esattamente calcolare, quella risposta presentava qualche seria difficoltà, ma non tale da scoraggiare un cuore così fortemente infiammato come quello del mio amico.
– Ci eravamo incontrati precisamente il giorno in cui la sua miss gli aveva detto: «Diventate milionario!» Egli mi veniva incontro accigliato, concentrato, stropicciandosi le mani; e mi avrebbe urtato, se io non gli avessi gridato:
«Ohe! Prown! Gli affari procedono bene, a quel che pare!»
«Benissimo – rispose. – Vado in cerca di uno, due, tre milioni! Bisogna trovarli».
«Che dovete farne?»
«Niente; debbo prender moglie».
«Mi paiono troppi per tale scopo. Potreste impiegarli meglio».
«Ah, caro amico! Qui non siamo in Italia, dove la gente prende moglie senza avere il becco di un quattrino».
«Vorreste darmi a intendere che in America prendano moglie i milionari soltanto?»
«I veri matrimoni sono un lusso; ci vogliono i milioni. Gli altri sono società commerciali, società di mutuo soccorso, anche accomandite mascherate, se così vi piace; matrimoni, no davvero!»
Conoscevo il mio amico per uomo di spirito, e sapevo che la sua specialità giornalistica era il canard sbalorditoio.
«Fate una prova in anima vili?» gli dissi ridendo.
«Non capisco».
«Volete saggiare su me qualche vostro bel canard in preparazione?»
«Parlo seriamente».
«In questo caso, non capisco io. Uno, due, tre milioni? Capitano di rado tra' piedi».
«Stanno nelle tasche della gente. Non è difficile cavarneli».
«Quando avrete trovato il processo, datemene la ricetta, ve ne prego».
«Voi non avete fede; i milioni non sono per voi!»
– Egli ebbe troppa fede, povero Dgiosciua! E quando se li trovò in mano – li trovò, non era americano per nulla! – se li lasciò scappare.
– Qualche mese dopo, New York era tappezzata da immensi cartelloni multicolori, invasa da avvisi proiettati con la lanterna magica, da uomini sandwich che percorrevano le vie in processione con l'annunzio della prossima pubblicazione del «Fickle Journal», giornale mobile, e che ne spiegava il meccanismo.
– Ogni abbonato poteva formarsi il giornale da sé, secondo il suo gusto e il suo capriccio. Il giornale non era stampato in foglio, ma in strisce. Abbonati e compratori spiccioli avevano diritto a venti colonne di testo e a trenta di annunzi e di corrispondenze private per tre soldi, costo ordinario di un numero di giornale americano; col doppio di colonne, per cinque soldi.
– La trovata geniale consisteva in questo: che la materia delle cinquanta colonne variava secondo il desiderio giornaliero dei compratori spiccioli; settimanale o mensile degli abbonati, che dovevano manifestare il loro desiderio col preavviso di un giorno. Ogni striscia, stampata a due facce, conteneva una sola materia: articoli di fondo; notizie politiche; notizie commerciali; fatti diversi; cronaca mondana; varietà letterarie, scientifiche, religiose; avvisi commerciali; corrispondenze private, ecc. ecc. E ogni giorno venivano pubblicate cinque strisce diverse di ogni materia. Così, chi non amava gli articoli di fondo poteva lasciarli da parte, e supplirli con fatti diversi, per esempio, o con la cronaca mondana, o con le varietà, e via dicendo.
– Andai a cercarlo nell'ufficio di redazione, palazzo a dodici piani con cinque ascensori – secondo che si voleva andare dai redattori, in tipografia, dall'amministratore, dallo spedizioniere, dal collettore degli avvisi e delle corrispondenze private – con ufficio telegrafico e telefonico. Lusso da sbalordire. Al primo piano, dov'era la redazione, anche un bar pei redattori, con annessa trattoria, e camere da letto pei cronisti che si davano il cambio, dovendo restare sempre a disposizione del pubblico notte e giorno.
– Io mi ero sperduto per quei corridoi luminosi, per quelle vaste sale dove nessuno mi domandava chi cercassi e che cosa volessi. I redattori, occupati a scrivere, non alzavano gli occhi, non si voltavano per guardare chi andava e veniva.
– Per fortuna, ecco Dgiosciua, seguito da un codazzo di gente.
«Ah, caro dottore! Arrivate in mal punto. Ho una seduta con gli azionisti. Se avete un'ora da perdere, attendetemi nella mia stanza».
– E chinatosi fino al mio orecchio, mi sussurrò:
«Vedete? Non è difficile trovare i milioni!»
– Un usciere mi condusse nella stanza del direttore. Un'ora dopo, Dgiosciua era seduto, anzi sdraiato sul suo seggiolone di cuoio, stanco ma sodisfatto:
«Tutto va a meraviglia! Ormai l'affare è lanciato, e procederà coi suoi piedi. Niente di più semplice e nello stesso tempo di più complicato. Ora non rimane altro da fare che sbarazzarsi degli stocksi rimasti invenduti; le trattative sono avviate. Gli Articoli di fondo vanno a fondo. Benissimo i Fatti diversi; si vendono a milioni. Le Notizie politiche così, così, meno in tempo di elezioni; allora si possono inventare balordaggini di ogni sorta; il pubblico ingolla tutto. E le Corrispondenze private! Meraviglie. Ho dovuto aumentare il numero dei redattori, per inventarle quando mancano, e drammatizzarle; sono il pettegolezzo alla mano di tutti. Non potete immaginare come la gente s'interessi dei fatti del prossimo. C'è un redattore speciale per gli scandali velati, mia invenzione. E le finte traduzioni dei migliori autori europei! Molti scrittori del nuovo mondo sono oggi qui conosciuti mercè il mio giornale, più per quel che non si sono mai sognati di scrivere, che per quel che hanno veramente scritto. Orrori di novelle e di romanzi, ma con tanto di chiarissime firme. Non è onesto? Oh, il giornale è ben altro che l'onestà! È un affare, un grande affare; un problema di amministrazione anche! Ed io ho fatto miracoli. Ho pensato a tutto io; bado a tutto io! Dormo appena tre ore al giorno, e già mi sembrano troppe. Ma tutte le tasche si sono slabbrate perché io vi affondi le mani e ne cavi biglietti di banca e dollari. Ho già un milione di mio. Dovranno essere tre, tre per lo meno… E poi prenderò moglie, se n'avrò il tempo. Gli affari sono invadenti, dispotici, supremamente violenti; quando vi hanno acciuffato, non vi lasciano più! Figuratevi, caro mio! In sei mesi, diciotto milioni e mezzo di colonne di Fatti diversi! Trenta milioni di colonne di Corrispondenze private! E tutto diviso in pacchetti da tre, da cinque, da dieci colonne, con la relativa fascia, perché il servizio di vendita proceda rapido, spiccio! E non voglio dirvi altro! Ora tutto procede come nel macchinismo di un cronometro; ma per avviarlo, ce n'è voluto! E le novità da introdurre! E le modificazioni da tentare! Vi par poco che oggi i lettori e gli abbonati del mio giornale possano compilarselo da sé, a gusto loro? La loro vanità è soddisfatta; non hanno da lagnarsi di nessuno, se se lo combinano male… E quando voi adulate la vanità della gente!… Ecco perché i milioni affluiscono!»
Si arrestò, guardò l'orologio, e soggiunse:
«Vi ho accordato un quarto d'ora del mio tempo; non sono ancora così ricco da poterne accordare altri alla buona e solida amicizia. State sano… Voi comprate il mio giornale, è vero?»
«E miss Helen?» domandai sul punto di prender congedo.
«È felice. Le ho fatto fare da imperatrice dei francesi, la settimana scorsa… Non ve ne siete accorto? Ho pubblicato il suo ritratto, con sotto la leggenda: "Eugenia Maria de Montjio de Guzman, imperatrice dei francesi." Successo strepitoso! La imperatrice Eugenia dovrebbe ringraziarmi. Helen è cento volte più bella di lei e soprattutto più giovane… Ottocentomila colonne andate a ruba… A rivederci a le mie nozze!»
«Se avrete tempo di prender moglie!» risposi sorridendo. Due anni dopo, l'impresa del «Fickle Journal» dichiarava fallimento. Perché? Come mai?
Era nato troppo presto. Non si vincono facilmente le abitudini inveterate. Il pregio di poter farsi il giornale da sé aveva un grande inconveniente: mancava dell'imprevisto, e non dava ai lettori il pretesto di sfogare il loro malumore contro il direttore e i redattori. Le piccole cause producono grandi effetti. I milioni, creati in fretta, erano spariti più in fretta. E, durante questo tempo, il mio caro amico Joshua Prawn non aveva avuto un momento di largo per sposarsi anche alla lesta, come usa in America.
Quando lo rividi, pareva invecchiato di dieci anni. Aveva consumato tanta energia e tanti capitali, ma non aveva perduto il coraggio.
«L'avvenire del giornale è là – mi disse. – Il «Fickle Journal» è il giornale futuro. Esso intanto mi ha insegnato una cosa: non bisogna tirar troppo la chioma della fortuna. I capelli di questa pazza si strappano più facilmente che non si spezzi una corda tesa. Ecco un proverbio da mettere in circolazione. Se Helen avesse voluto attendere ancora un altro paio d'anni! Ha sposato un pastore presbiteriano. Tanto meglio! Le donne sono un grande impaccio nella vita».
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