C’è una nuova serie di fantascienza su Amazon, il titolo italiano è Inverso, quello originale The Peripheral, è tratta da un romanzo di William Gibson, prodotta da Lisa Joy e Jonathan Nolan e diretta da Vincenzo Natali (quello di The Cube). Non è un caso che questi tre professionisti dello spettacolo si siano messi insieme per questo serial, visto che per ognuno di loro William Gibson rappresenta un autore di riferimento.
Va detto che Gibson (definito normalmente il padre del Cyberpunk insieme a Bruce Sterling) non ha mai avuto grande fortuna con la trasposizione delle sue opere sullo schermo, sia con Johnny Mnemonic, affossato da effetti scarsi e produzione non all’altezza, che con New Rose Hotel, diretto da Abel Ferrara e con Christopher Walken, Asia Argento e Willelm Dafoe, che pur avvalendosi del mestiere di tutti rimane abbastanza in bilico.
Gibson ha avuto modo di dichiarare riguardo il suo lavoro di non aver mai ritenuto la fantascienza un genere che prevede o profetizza il futuro, ma che in realtà va letta (anche dopo diversi anni dalla pubblicazione) per capire quali erano i tempi in cui è stata scritta e quali temi e problemi erano presenti all’epoca, per questo l’autore dal 2033 al 2010 si è dedicato alla cosiddetta “trilogia di Bigend”, comprendente tre romanzi non ambientati nel futuro ma nel mondo contemporaneo, una scelta che ha detto di aver fatto per riconnettersi al proprio tempo e poter percepire meglio i semi delle evoluzioni future. The Peripheral, pubblicato nel 2014 e tradotto in Italia nel 2017, viene fuori dopo questa pausa riflessiva e torna a presentare una storia futura suddivisa in due epoche: il 2032 e il 2099.
Protagonista della vicenda, ambientata nella parte rurale degli USA, è la giovane Flynne, che viene coinvolta dal fratello Burton come addetta alla sicurezza di un videogioco salvo poi scoprire che il gioco è molto diverso da tutti gli altri.
La serie parte dalle stesse premesse e ci presenta Flynne (Chloë Grace Moretz/La Quinta Onda, Suspiria) nel ruolo della sorella di Burton (Jack Reynor/Transformers 4) ex militare tornato nei Monti Blue Ridge che cerca di guadagnare qualcosa facendo il betatester e il giocatore di professione per videogiochi in VR. Quando al fratello viene offerta una buona ricompensa per il test di una nuova periferica lui passa l’incarico a Flynne, che si trova a vivere una avventura nella Londra del 2099, avventura che inizierà da subito ad avere delle conseguenze per la vita dei due fratelli e della madre gravemente ammalata nonché per tutti gli abitanti della loro cittadina.
Johnathan Nolan, che è anche un grande appassionato di videogiochi, conosceva bene il romanzo che, come ha avuto modi di dichiarare, lo aveva già colpito quando lui stava preparando Interstellar (uscito nel 2014 come il libro), perché portava un approccio nuovo e originale ai viaggi nel tempo e alle conseguenze di una tale esperienza. Lisa Joy, invece, si è detta affascinata dalla ambientazione americana, differente dai primi romanzi di Gibson che descrivevano megalopoli fredde come Tokio proprio perché questo tipo di ambientazione è risultata per lei più calda e coinvolgente.
Da parte sua Vincenzo Natali, il regista, e Scott B. Smith, lo sceneggiatore hanno voluto lavorare in stretto contatto con l’autore per poter trattare il materiale in maniera adeguata per lo schermo, ma senza tradire il romanzo. Ovviamente è stato impossibile mettere sullo schermo tutto quello che Gibson descrive, e allo stesso tempo hanno dovuto cambiare il suo specifico mood narrativo. Se esiste uno scrittore che ha sempre evitato spiegoni e descrizioni inutili quello è William Gibson, che immerge a forza il lettore nel proprio mondo. Dopotutto, in alcune sue interviste egli stesso ha avuto modo di dire come la lavorazione di un romanzo, per lui, parta sempre dai personaggi e non dalla vicenda. Gibson si dedica al percorso e all’evoluzione dei singoli personaggi, senza schemi precedenti, aggiungendo situazioni, ambientazioni e comprimari ogni volta che ne ha necessità, e tira le fila della storia solo alla fine, per poi dedicarsi all’editing.
L’intricatezza delle trame di Gibson, le terminologie spesso farcite di neologismi, e la pletora di personaggi spesso richiedono un maggiore sforzo al lettore, che però viene ripagato alla fine della storia.
Come dicevamo, la vicenda si snoda su due piani temporali: il 2032 quello degli Stati Uniti rurali e il 2099 di una Londra rarefatta e modernissima, molto simile ad un resort extralusso per plutocrati e nobili.
La periferica che da il titolo al libro è quella che indossa Flynne per saltare da un tempo all’altro, e non passa molto prima che lei, e anche noi spettatori, incominciamo a chiederci come mai nel 2099 Londra sia così poco popolata, e perché questi uomini del futuro che fanno sfoggio di enorim conoscenze diventino reticenti quando si tratta di rivelare particolari specifici del passato.
L’idea che tanto ha colpito Nolan sui viaggi nel tempo è che nel momento in cui un uomo del futuro torna indietro nel tempo genera uno “stub”, ovvero una ramificazione del tempo stesso che termina in un cul de sac temporale.
E la realtà che lui chiama stub. Ma a questo punto la domanda seguente è: una realtà alternativa a quale tempo?
Qui arriva una delle grandi tematiche dei coniugi Nolan: cosa è reale e cosa non lo è. È più reale un androide che prova emozioni o un operaio che vive come un androide? E la vera vita è quella di un parco giochi per miliardari, quella all’interno di una realtà cibernetica o quella nelle città del futuro?
E, secondo concetto, quanto la tecnologia e il progresso, quegli stessi che forse stanno già gettando le basi per un lento e progressivo armageddon, possono/devono infiltrarsi nella vita quotidiana?
È da Person of Interest che Joy e Nolan portano avanti questi interrogativi, e mentre Person of Interest si fermava ad un passo dall’innesco dell’apocalisse, Westworld ha descritto una delle possibili modalità di fine del mondo umano nel momento in cui, abbandonando l’ambientazione del parco giochi, ha mostrato il mondo esterno sotto il controllo prima di una AI e poi di Dolores, la pasionaria della rivoluzione degli androidi. Come Westworld, nemmeno Inverso è una serie (concediamoci un paragone enologico) “di pronta beva” proprio per le implicazioni della trama.
E se la prima serie ha sbandato ed è stata chiusa dalla HBO (anche se Nolan ha dichiarato di avere ancora un margine di contrattazione) questa nuova serie può già contare su un secondo romanzo di Gibson dal titolo The Agency, e produttori, sceneggiatore e regista sono stati concordi nel dire che la trovata di questa nuova maniera di viaggiare nel tempo apre innumerevoli possibilità.
Gli episodi visti fino ad ora sono decisamente stimolanti e vale la pena dar loro una possibilità. Così come, ed esprimo un parere del tutto personale, non dispiacerebbe poter avere anche pochi episodi conclusivi di Westworld (pur con tutti i distinguo fatti) su HBO o, perché no, su Amazon, in attesa che esca Fallout, la trasposizione in serie di uno dei migliori videogiochi postatomici, il prossimo lavoro del duo Joy Nolan, che proseguono a presentarci cupe visioni del futuro. Insomma, qui di solarpunk nemmeno l’ombra.
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