Rispetto ai fenomeni climatici e meteorologici non abbiamo più l’atteggiamento dei nostri antenati. Riguardo al meteo esistono modelli di calcolo che nel corso del tempo sono stati perfezionati, e che hanno superato gli empirismi. Il meteo non è il clima, e lo spiega bene Lawrence M. Krauss in La fisica del cambiamento climatico, saggio che vuole introdurre a una platea più ampia possibile i principi generali delle scienze legate allo studio del clima. Ovvero di quei fenomeni la cui scala è più ampia rispetto alle piogge locali in un lasso di tempo breve, ma che coinvolgono intere regioni, continenti, quando non interamente il nostro pianeta, e in periodi di tempo più lunghi.

Gli esseri umani sembrano anelare alla staticità. Le quattro immutabili stagioni, con i loro fenomeni meteorologici, sono radicate nell’inconscio collettivo. In estate “deve” fare caldo, in inverno “deve fare freddo”.  Ma questa visione è pur sempre legata alla località dei fenomeni, non alla loro visione in un insieme più ampio. Partendo dal delta del fiume Mekong, un ecosistema del quale Krauss descrive la sua precarietà, inizia un viaggio che descrive in sintesi fenomeni di diversa natura: le maree; il “ciclo del carbonio”; cosa sia la nostra atmosfera e come essa permetta la vita; quali siano state le osservazioni e i fenomeni che hanno permesso la nascita di una fisica del cambiamento climatico; quali modelli sono scaturiti da questi studi e che risultati sono stati ottenuti dal lavoro di applicazione di questi modelli ai dati raccolti nel tempo. Tutti elementi che hanno permesso non solo di osservare quanto accaduto in passato, di elaborare modelli su cosa potrà accadere in futuro.

Se parlo al condizionale, non è perché i fenomeni climatici siano aleatori, ma perché da quanto detto è scaturita di certo una correlazione tra comportamenti umani e variazioni climatiche nel tempo. Le parole usate sono importanti. Krauss usa spesso il termine correlazione, precisando egli stesso che “correlazione non implica causa”, ma è anche dell’avviso che avere dei modelli fisici la cui applicazione porta a delle correlazioni, per esempio tra la crescita di CO2 e l’innalzamento del livello del mare, è qualcosa che quantomeno deve destare attenzione.

Non siamo davanti a un saggio allarmista, di quelli che vogliono terrorizzarci con proclami del tipo “la fine del mondo è vicina”, ma si tratta di un’opera che vuole fornirci gli strumenti per capire, ragionare e calcolare noi stessi delle conclusioni.

In tal senso precisa di non essere egli stesso un climatologo. Krauss è un cosmologo, divulgatore noto per La Fisica di Star Trek, ma in quanto fisico è stato in grado di ragionare con mentalità scientifica aperta, applicando gli strumenti e dati disponibili, citati nell’ampia bibliografia ed elenco delle fonti del volume.

In tutta franchezza, ho dei dubbi sulla fruibilità di alcuni passaggi per chi non abbia una forte inclinazione per la speculazione scientifica, ma chi avesse in antipatia formule e calcoli può sempre passare alle conclusioni, alle estrapolazioni, affidandosi anche a ragionamenti basati su quanto osserviamo ogni giorno. Non serve conoscere i principi della termodinamica per osservare che se spegniamo il fuoco sotto una pentola piena di acqua in ebollizione, questa e il suo contenuto non tornano immediatamente alla temperatura che avevano prima che accendessimo il fuoco. In tal senso un capitolo del saggio ci spiega come alcuni fenomeni siano stati innescati in modo irreversibile e bisognerà comprendere come gestirli. Per altri però c’è ancora il tempo di evitarli.

Va detto che dopo due anni di una pandemia forse innescata da fenomeni che sono almeno correlati, se non causati, a scellerati comportamenti umani, suona un po’ strano leggere questo saggio nel mezzo del bombardamento mediatico su una guerra di cui tutti temiamo l’escalation.

Krauss si pone la domanda di come cambierà la vita dopo una pandemia durante la quale constata che sono emerse con forza l’interconnessione dell’umanità e l’importanza di agire con urgenza di fronte all’evidenza. Non siamo ancora fuori dalla pandemia, e siamo nel mezzo di un’altra emergenza che sembra mettere in secondo piano e sottotraccia tutte le altre.

Krauss, senza enfasi, con gli strumenti della scienza, ci ricorda che il problema del cambiamento climatico esiste e non va messo sotto il tappeto. Non fornisce soluzioni pronte all'uso, bensì strumenti per valutare e decidere. Però è necessario che la sua voce, come quella di altri, vada letta, compresa e ascoltata, soprattutto da chi ha il maggiore potere decisionale su quanto investirà le future generazioni.