Da decenni ti conosciamo come appassionato di narrativa fantastica, in particolare fantasy e fantascienza, ma finora avevi pubblicato poco sull’argomento, e non narrativa ma saggistica. Cosa ti ha spinto improvvisamente a impegnarti nella stesura di un amplissimo e davvero complesso mosaico qual è questo romanzo?

La prima radice fu la nascita di mio figlio, nel 1993.

Scrissi un racconto di 15 pagine – che tu conosci bene – basato su un’idea semplice ma molto innovativa. L’ho riscritto diverse volte negli anni, quando i tempi del mio lavoro me lo concedevano, probabilmente perché avvertivo che da lì poteva nascere qualcosa di più grande, che cresceva dentro di me senza ancora definirsi.

Fino a quando l’idea è “esplosa”, e ha richiesto con prepotenza la mia attenzione. Ho capito che era necessario rispondere e iniziare a costruire un mondo che contenesse quella storia che, ancora dopo tanti anni, trovo fantastica. Un po’ come incastonare un gioiello.

Sì, può sembrare che “me la sto tirando” e in parte è vero.

Ma è l’entusiasmo che parla: oramai quel racconto, quell’idea, non è più solo mia, ha acquisito un’esistenza autonoma e vive. Così è accaduto anche per i personaggi: era come se scalpitassero, si agitassero in quella che era diventata una gabbia troppo piccola.

Potremmo definire “fantascienza hard” questa tua opera, dato il ruolo che in essa hanno ultimissime conquiste della fisica? Altrimenti…? Il tuo romanzo ha un taglio quasi “realistico”: ritieni che domani (magari anche un “domani” abbastanza vicino) quelle conquiste potrebbero divenire realtà?

Ecco, qui ci muoviamo su un terreno pericoloso. Sono molto appassionato di scienza, mi occupo di divulgazione ma certo non ho le competenze necessarie per definirmi un “futurologo”, né sono in grado di sostenere tutte le tesi scientifiche del romanzo di fronte a un competente. Devo ammettere però che diverse intuizioni avute durante la stesura si stanno già avverando.

Si tratta senz’altro di Hard-SF ma non vuol essere un manuale di scienza futura, sarebbe pretenzioso. Ho cercato, onestamente, di mantenermi il più possibile attendibile in alcuni aspetti, mentre mi sono spinto parecchio avanti in altri, senza preoccuparmi troppo. D’altronde, sempre di speculazione si tratta.

Comunque, ho inserito nel libro una piccola ma completa WikiNet, la Wikipedia dell’epoca, un ipertesto contenente i riferimenti scientifici delle tecnologie utilizzate, che si sviluppano insieme alla storia. Una cosa molto nerd.

L’Europa del 2077 è un futuro plausibile, un mondo con problemi diversi dai nostri, ma è un mondo in cui non mi dispiacerebbe affatto vivere. Si parla di complessità, di coscienza, di etica della ricerca, di intelligenza sociale. Ma il centro rimane l’uomo (l’umanità), il suo rapporto con se stesso/a e con l’universo.

Ci sono scrittori, anche non di fantascienza da te preferiti? Qualcuno al quale ti sei ispirato per il tuo romanzo?

Col rischio di apparire davvero presuntuoso, le mie fonti d’ispirazione vanno da Roger Zelazny ad Arthur C. Clarke per la fantascienza “pura”, con un tocco di Clifford D. Simak e di Isaac Asimov. E Cordwainer Smith per i momenti più lirici.

Alcune letture negli ultimi anni mi hanno, volente o nolente, contaminato in stile e contenuti: L’Orda del Vento di Alain Damasio per la scrittura corale, il ciclo di Anathem di Neal Stephenson per l’immaginario inaspettato, il Venditore di armi di Hugh Laurie per il noir ironico… e sicuramente altri di cui non ho ancora consapevolezza. Il tuo Quinto Principio, fra gli altri, mi ha stimolato a cercare una scrittura che rompesse gli schemi.

Apprezzo molto Camilleri per l’intelligenza degli intrecci. J.R.R.Tolkien resta il mio riferimento principale per la sua capacità di sub-creazione di un mondo che considero l’immagine “profonda” del nostro. Ma Italo Calvino rimane il modello irraggiungibile, il meta-scrittore per eccellenza.

C’è un personaggio del tuo romanzo nel quale ti identifichi? Perché?

Il mio è un romanzo corale, i protagonisti sono più d’uno e li amo più o meno tutti. Sono pochi i personaggi di sfondo, effettivamente. E tutti rappresentano, chi più chi meno, parti del mio carattere. Anche quelli “cattivi”.

Ma il mio alter ego è senz’altro Carlo Dante, con le sue passioni, le sue idiosincrasie e le sue insicurezze. Ma è anche un tipo che non si arrende. Mai.

Un aspetto buffo nella scelta del nome, come mi ha fatto notare Lietta Manganelli, figlia del noto scrittore Giorgio e con la quale ho collaborato per diversi anni, è l’assonanza con Edmond Dantès, il Conte di Montecristo nel romanzo di Alexandre Dumas. L’aspetto buffo è che non ci avevo affatto pensato, almeno consapevolmente. Si torna sempre lì, alla consapevolezza.

Definire la fantascienza è un problema rimasto irrisolto: ci sono dozzine di definizioni, e ciascuna ha una sua ragione. Cosa è la fantascienza per te? Perché la ritieni importante?

Ti diverti a mettermi in difficoltà, ammettilo.

Vediamo… se dovessi spiegarlo a un ragazzino, direi che la fantascienza tratta di storie fantastiche dove l’aspetto scientifico è preponderante. Dove lo stupore, la meraviglia, il sense of wonder sono lo scheletro portante della narrazione.

Ma la scienza è la massima espressione della curiosità e della volontà di evolvere dell’umanità. Ed è sempre più al centro delle nostre vite, che lo si voglia o no. Qualcuno la rifiuta, qualcun altro la guarda con sospetto e, purtroppo, pochi ne capiscono il reale valore. Soprattutto fra chi ha potere decisionale.

Preferisci questo tipo di fantascienza, o apprezzi anche quella meno legata al presente?

Questa è la fantascienza che mi sento di scrivere, per adesso. Ma come lettore apprezzo molto la Space Opera e la fantascienza “aliena”, quella in grado di proiettarti in visioni e modi di vivere lontanissimi dal nostro. Un bell’allenamento per mantenere la mente libera dagli schemi rigidi, per imparare a valutare sempre “l’altro” punto di vista.

Ci sono stati – e ci sono ancora – tentativi di introdurre nelle scuole la narrativa di fantascienza, finora andati a buon fine molto raramente. Qui in Italia persistono pregiudizi su questo genere narrativo, mentre sappiamo che negli Usa grandi autori di science fiction hanno scritto romanzi dedicati esclusivamente ai giovani (“juveniles”). Secondo te la fantascienza contiene elementi educativi e culturali tali da poter a pieno diritto entrare tra i banchi di scuola?

Queste forme di provincialismo intellettuale mi fanno davvero infuriare.

La buona fantascienza apre la mente e parla di problematiche che sono già presenti nella nostra società o lo saranno presto, in qualche modo ci prepara. E può appassionare alle tematiche della scienza, che spesso – e ingiustamente – viene vissuta come qualcosa di freddo e lontano.

Il professor Bruno Coppi del MIT (uno dei personaggi principali del mio romanzo è ispirato a lui), con il quale ho collaborato un paio d’anni per la comunicazione scientifica, mi raccontava che fra i ricercatori e professori del Massachusetts Institute of Technology molti sono lettori e anche scrittori di fantascienza. Ed è abbastanza normale nell’ambiente anglosassone.

I temi e lo stile narrativo di molta buona fantascienza possono avvicinare alla lettura i ragazzi, facendoli riflettere su problematiche “forti” e allo stesso tempo divertendoli.

Personalmente, sono convinto che l’indifferenza e i pregiudizi verso la fantascienza e verso la scienza spesso vanno a braccetto.

Nel mio piccolo, pur insegnando musica e non tecnologia o matematica alle medie, cerco comunque di stimolare le mie allieve e i miei allievi a risvegliare questa curiosità, spesso sopita o addirittura censurata dagli atteggiamenti di tanti adulti, che loro naturalmente assorbono come spugne.

Hai qualche idea o progetto per eventuali altri romanzi, o racconti di fantascienza?

Ho iniziato a lavorare a un racconto, un giallo fantascientifico ambientato nel mondo in cui si svolge The Montecristo Project.

Ma la storia principale non si esaurisce affatto nel primo romanzo, ho in mente almeno una trilogia. Poi ci sarebbe un vecchio progetto molto ambizioso, di cui non voglio ancora parlare… posso solo anticipare che a me piace molto mettere in relazione le cose più diverse. E naturalmente voglio man mano arricchire di ulteriori contenuti quanto già scritto, visto che la tecnologia oggi lo permette e in futuro lo permetterà sempre più.

Da bambino, raccontava mia madre, la facevo diventare matta collegando i più disparati punti della mia stanza, dal pomo della finestra a quelli dell’armadio e della porta, dalla cesta dei giochi alla scrivania, con interi gomitoli di lana.

Questo mio aspetto un po' maniacale traspare anche dall’organizzazione del romanzo, dalla presenza della Wiki interna, dalla costruzione dell’ambiente online a cui sto lavorando e continuerò a lavorare per i mesi o anni a venire, dalla creazione di un apposito software per aiutarmi a gestire il tutto.

Da ragazzino il bidello (allora si definiva così) della scuola media mi aveva soprannominato “UFO”, ma questa è un’altra storia.

Oltre alla tastiera del computer tu maneggi anche quella del pianoforte, e lo fai da Maestro: pianista e compositore. Che pensi del binomio musica/fantascienza?

Musica, immagine e scrittura si completano. D’altronde, la mia prima vena compositiva nacque proprio da una lettura, quella del Signore degli Anelli di Tolkien, a 17 anni.

Allora il bisogno di comporre nacque da un equivoco: credevo che la Terra di Mezzo fosse un mondo più bello di quello reale e la musica mi servì, dapprima, a rientrarvi. Poi il tempo mi fece capire che la Terra di Mezzo è effettivamente il nostro mondo, rappresentato con gli occhi “aperti” di Tolkien. Siamo noi che riduciamo e che banalizziamo la realtà, in parte per superficialità, in parte per difenderci. La vastità, l’assurda profondità dell’Universo ci lasciano stupefatti e ci fanno paura.

Su binomio musica fantascienza ho già lavorato: collaborando con Giuliano Giachino, massimo esperto italiano di tale contaminazione, ho composto sia Ritorno al Domani (https://evk.tolkieniana.net/), una canzone ispirata al romanzo omonimo di L.R. Hubbard, basata su quella che ho immaginato essere le “strane note, soprannaturali, quasi ossessionanti e terribili” che il protagonista sente suonare, in una bettola dello spazioporto, dal comandante dell’astronave sulla quale si risveglierà il giorno dopo; sia L’ultimo volo di Maris di Amberly, ispirata a un omonimo racconto di Giuliano a sua volta riferito al romanzo Il pianeta dei venti di George R.R. Martin e Lisa Tuttle (con quest’ultima vincemmo il Premio Italia del 1998, sezione spettacolo).

Ecco, mi piacerebbe continuare il lavoro di incastonatura di cui parlavo all’inizio, dando ulteriore spessore alla narrazione con idee musicali, in una forma magari in parte interattiva… ci sto lavorando.

La prima colonia - The Montecristo Project / 1

Il libro

Alla fine degli anni 70 del XXI secolo, in un mondo dagli equilibri socioeconomici mutati, il progetto europeo per costruire la prima coscienza artificiale scatena l’interesse delle potenze mondiali e una serie di operazioni spionistiche, di tentativi di sabotaggio, di attentati e complotti all’interno di altri complotti rischia di scatenare una guerra planetaria.

I protagonisti si muovono in un futuro complesso – descritto in una Wikipedia interna, che non disturba la lettura lineare e le cui pagine si sviluppano in contemporanea alla storia – fra nemici insospettabili e amici inaspettati, e dove la natura, in un clima che risente ancora della follia umana, trova nuovi equilibri con la tecnologia più avanzata, in modalità che trascendono l’umana comprensione.

Fra colpi di scena e scienza di confine il lettore verrà condotto a un finale che aprirà un nuovo universo di possibilità, rovesciando i paradigmi stessi dell’esistenza.

Il romanzo è un libro "Aumentato": link e codici QR permettono al lettore di accedere a una wikipedia online dove è possibile approfondire i temi trattati.

L'autore

Nato nell’anno del drago, Edoardo Volpi Kellermann (al secolo Edoardo Volpi, figlio di Cecilia Kellermann) è un tizio pieno di progetti che ogni tanto riesce a portare a compimento. Musicista, compositore, docente, specialista in Information Technology, dal 2010 lavora al Montecristo Project, a sua volta derivante da un suo racconto del 1993.

Edoardo Volpi Kellermann, La prima colonia - The Montecristo Project / 1 , ciclo: Montecristo Project, Delos Digital, Odissea Fantascienza 113, isbn: 9788825419580, ebook formato kindle (su Amazon.it) o epub (sugli altri store) con social drm (watermark) dove disponibile , Euro 6,99 iva inclusa

Ebook disponibile

Acquistalo subito su uno dei seguenti negozi online: