Potrebbe andare peggio, potrebbe piovere.
Potrebbe andare peggio, potrebbe piovere.

Sappiamo bene che il Marvel Comics Universe non sarebbe mai esistito senza i fumetti Marvel e, proseguendo questo confronto possiamo anche dire che se se la Infinity Saga (che comprende i film delle Fasi 1, 2 e 3 dell’Marvel Cinematic Universe) è l’equivalente degli anni settanta/ottanta, quando Stan Lee, Jack Kirby, John Romita senior, John Buscema e Jim Starlin (tanto per citare solo alcuni pilastri Marvel) gettarono le basi per l’universo dei supereroi con superproblemi inventando anche la continuity narrativa, croce e delizia di autori e lettori, il nuovo periodo denominato Fase 4 può corrispondere alla seconda metà degli anni ottanta e i novanta, quello in cui la Marvel si mise alla ricerca di nuovi personaggi, nuove storie, nuovi universi allargando a dismisura il suo parco testate cercando di diversificare storie e saghe per essere il più attrattiva possibile. Fino ad ora abbiamo avuto modo di vedere nuove produzioni che sembrano andare in questo senso come Shang Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli dove, riattualizzando un personaggio nato in realtà per essere “il Bruce Lee Marvel” che creava non pochi problemi di gestione per i suoi scarsi poteri si è manifestato chiaro il tentativo di allargare la platea dei cinecomics MCU alla Cina e all’oriente. La storia è apertamente wuxiapian (il genere cinematografico che mescola leggende e azione ormai sdoganato da tempo anche qui da noi) e i personaggi sono godibili tanto che si prevede già un secondo episodio, inoltre sono stati gettati diversi semi quali la presenza dell’antagonista di Hulk, Abominio, che appare come sparring partner di Wong, l’assistente del Doctor Strange, in una accoppiata che meriterebbe di essere approfondita nonché la spiegazione del destino del “Mandarino” che tanto scontentò i fan in Iron Man 3.

La produzione del film è stata inoltre attentissima nello smussare alcuni eccessi occidentali fino a cambiare del tutto il personaggio del padre di Shang Chi che nei fumetti era Fu Manchu, classico perfido cinese infido e votato alla conquista del mondo ispirato al personaggio letterario creato da Sax Rohmer, del tutto improponibile oggi. L’attenzione alla inclusività è anche al centro di Eternals, pellicola affidata alla regia del premio oscar Chloé Zaho, di sicuro uno dei cinecomics meno Marvel e più DC (e per DC si intende lo Snyder Style) che sia stata mai girata fino ad ora. I protagonisti rappresentano un perfetto mix di razze e varietà di scelte di vita, portando sullo schermo per la prima volta un supereroe Marvel omosessuale con tanto di partner e prole, cosa che ha suscitato reazioni negative proprio nella Cina corteggiata con Shang Chi.

La storia apre al pantheon dei Celestiali, cercando di trasporre sullo schermo il fantastico e multicolore universo sovrannaturale Marvel creato sulla carta da Jack Kirby e che ha sempre ampiamente goduto di quei tratti tipici che il “King” (come veniva chiamato Kirby) infondeva nelle sue creature: magnificenza, grandiosità, eccessi visivi intrisi di spirito shakespeariano e da tragedia classica. Diciamo che la missione appare riuscita a metà, non solo per l’inevitabile impossibilità di riproporre look e colori Kirbyani, ma anche perché i personaggi risultano non molto approfonditi e costretti a confrontarsi con degli antagonisti (I Devianti) ridotti ad essere quasi solo un mero espediente narrativo. Anche in questo film, però, vengono gettati semi che parlano della cosmogonia creata da Jim Starlin (quello di Capitan Marvel e Thanos), strizzando poi l’occhio ad un nuovo problematico eroe come il Cavaliere Nero interpretato da Kit Harrington/Jon Snow e addirittura ci viene permesso di ascoltare la voce del nuovo Blade cosa che, insieme ad una citazione sui vampiri in una scena iniziale del film, apre anche alla presenza di questi non morti nell’universo Marvel.

Ma la fase 4 non è solo cinematografica, ne fanno parte a pieno titolo le serie in streaming su Disney+ delle quali abbiamo visto Wandavision, Falcon & The Winter Soldier, Loki (tutte live action), What If (cartoon ma a tutti gli effetti facente parte del MCU) ed ora l’ultima, di ambientazione natalizia e newyorkese: Hawkeye.

Con quest’ultima siamo più dalle parti degli eroi urbani, quelli che nei comics hanno fatto parte della collana Marvel Knights, e dei quali avrebbero potuto essere una versione da serial quelli di Netflix (Daredevil, Jessica Jones, Luke Cage, Iron Fist, Punisher e Defenders) se non avessero avuto vicende produttive intricate e non soddisfacenti (eccezion fatta per Daredevil). Qui il prodotto si rivolge innanzitutto agli young adults grazie alla presenza di Hailee Steinfeld pronta a diventare la nuova Hawkeye ma anche ai diversamente abili, con l’introduzione di un personaggio non udente e dotato di protesi ad un piede (Echo, proveniente dal mondo fumettistico di Daredevil) inoltre se il cinema va verso le vastità cosmiche qui ci addentriamo nel sottobosco del crimine organizzato (come ad esempio il Maggia, versione Marvel della Mafia) e si vociferano allusioni (o addirittura comparse) di ras del crimine come Kingpin mentre è già ben presente un interessante mascalzone come Lo Spadaccino, che tanti problemi creò (nei fumetti) ad Iron Man e soci.

Fattore comune a tutte queste produzioni che abbiamo nominato sono proprio gli indizi riguardanti storie future e riferimenti di continuity. Tutte le serie (anche la What If in cartoon) tengono sempre ben presente lo “schiocco” di Thanos e i cinque anni successivi, cercando di affrontarne le conseguenze da varie angolature, inoltre l’apertura degli orizzonti futuri, ovviamente, è tutt’altro che rassicurante perché più diventano ampie la frontiere più diventano potenti gli avversari. Ma non basta, perché sia la live action di Loki che la cartoon What If hanno già di fatto introdotto il concetto di Multiverso, che avrà il suo battesimo nel prossimo Spiderman No Way Home per poi esplodere con Doctor Strange and the Multiverse of Madness, e suggerito la presenza di almeno due cattivi “enormi” che non nomineremo per scaramanzia.

Fin qui quello che riguarda lo sviluppo creativo e delle linee narrative ma, non dimentichiamolo, tutto quanto riguarda cinema e serial è legato anche agli attori ed ai loro contratti, cosa che, a meno di recasting drastici e dei quali nessuno sarebbe contento, fanno si che nel MCU se qualcuno muore (e non rinnova il contratto) resta morto. Quindi, almeno per ora, niente più Iron Man e Natasha Romanoff, invece per Thor si prevede almeno una ulteriore comparsa nel terzo capitolo dei Guardiani della Galassia e per Chirs Evans/Capitan America c’è tanto rumore (forse) per nulla.

Questo differenzia molto il MCU dai comics dove, tra morti vere e presunte possono convivere gli Avengers originali, le nuove versioni e tanti altri supereroi.

Ricordiamo anche che i fumetti Marvel dopo l’esplosione creativa unita alla politica del “vendi, vendi, vendi” che portò a cross over tra testate, numeri unici con copertine da collezione e tanti altri espedienti per alleggerire le tasche dei lettori, sul finire degli anni novanta giunse la crisi e il momento di revisione non solo del mercato ma anche della figura stessa del supereroe con la creazione di storie tutt’ora insuperate.

Accadrà anche per l’MCU?

Staremo a vedere.