C’è, nella fantascienza italiana, una interessante fioritura di antologie a tema, tutte di ottimo livello. Fra queste mi preme citare le precedenti Atterraggio in Italia e Fantatrieste, a opera dello stesso collettivo, il CIF (Collettivo Italiano Fantascienza). A me sembra particolarmente degno di nota, in una popolazione di scrittori generalmente solitari, il metodo di lavoro di questi autori che hanno fatto proprio il concetto della collaborazione come fattore di forza e di crescita. Cito dalla prefazione dei curatori: …questa antologia è il frutto della metodologia collaborativa del CIF. Deciso il tema e studiate le varie implicazioni, ci siamo divisi i compiti (…) Nelle reciproche riletture sono emersi temi comuni, linee narrative che scorrevano in parallelo o argomenti che si intersecavano, in un gioco di rimandi che finisce non in una visione concordata ma in una sintesi dialettica
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L’antologia si inserisce nel filone del cyberpunk più pessimistico e non potrebbe essere altrimenti: l’anno del titolo è ormai diventato proverbiale come le colonne di ercole, un confine da cui non si torna indietro perché da lì la catastrofe ecologica diventerebbe irreversibile. Eppure c’è molto altro, fra cui un’aspirazione a possibili vie di fuga, quasi una nostalgia solarpunk, che fa capolino in alcuni dei racconti. Mi viene da dire che, da quando esiste il solarpunk, il cyberpunk non è più lo stesso. È come un demonio che ha visto il cielo.
I temi dei racconti, per quanto inseriti in un lavoro d’équipe, coprono un ventaglio piuttosto ampio dando atto della creatività del gruppo.
In breve, Il Minotauro di Lorenzo Davia offre l’azione mozzafiato di un commando impegnato a scoprire quel che è successo in un centro di ricerca segreto. Bel ritmo e bei colpi di scena. Metallo, di Roberto Bommarito e Alessandro Napolitano, affronta un tema che è ricorrente nella raccolta: la Terra invasa da macchine senzienti, nell’indifferenza dei governanti, mentre i guerriglieri si organizzano per far fronte alla minaccia. Kiral, di Emiliano Maramonte, ci porta alle prese con un tema classico della distopia: una super intelligenza artificiale che acquista poteri inimmaginabili. Nanocosm di Dario Giardi esplora le possibilità dei nanorobot che, introdotti nel corpo umano, potranno curarlo dall’interno. Ma si vedrà a quale prezzo e con quali rischi. Uno spiraglio di possibili soluzioni si trova in Quando sognavamo l’orizzonte al di là della nebbia di Damiano Lotto. In un modo troppo affollato c’è chi ha abbandonato la terraferma per andare a vivere in una flottiglia sul mare. Storia del cappello dà un’ulteriore conferma alla capacità di Simonetta Olivo di trasformare in poesia quello che tocca, ma si tratta di una poesia amara, che con mano di velluto affonda nel cuore per lasciarvi un segno. Vi si tratta di uno strano becchino che offre straordinarie olografie dei morti basate su tecnologie d’avanguardia, ma nel suo privato coltiva passioni antiche. Il nuovo Eden di Fabio Aloisio affronta un tema di drammatica attualità, lo smaltimento dei rifiuti, e lo fa in un modo davvero originale. In Quello che ci era stato promesso Roberto Furlani tratteggia un futuro in cui i tentativi di costruire un mondo migliore hanno finito per deviare e distorcersi nel labirinto di una società distopica basata su un arbitrario conteggio dei valori. L’intervista di Enrico Lotti presenta un mondo dove la scrittura, sotto ogni forma, è scomparsa. C’è chi riscopre la bellezza dell’alfabeto e della carta, ma non è più la stessa cosa. Il diario del salvataggio di Linda De Santi è un racconto pieno di azione in un mondo infestato da feroci creature di metallo (con riferimento diretto al già citato Metallo) dove la protagonista è una mercenaria che ha molto fegato, ma ha anche più cuore e cervello dei suoi mandanti. Quel che resta di noi di Piero Schiavo Campo chiude la raccolta e contribuisce a darle un senso unificante. La storia, cominciata nel 2050, si spinge molto più avanti, fino a tali livelli di trasformazione del corpo e interazione con le macchine da far riflettere se la vita umana, oltre certi limiti, possa avere ancora un senso.
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