Una storia vera dentro una storia di fiction: For all mankind – la serie TV creata da Ronald D. Moore, Ben Nedivi e Matt Wolpert giunta alla seconda stagione e che racconta una versione differente della corsa allo spazio, con i sovietici giunti per prima sulla Luna – ha tra i suoi protagonisti l’attrice Sonya Walger, che interpreta il personaggio dell’astronauta Molly Cobb, basato su Jerrie Cobb, una delle donne che faceva parte del cosiddetto Progetto Mercury 13, per selezionare donne da inviare nello spazio.
La vicenda è diventata famosa grazie a un documentario dal titolo She Should Have Gone to the Moon (2008) diretto da Ulrike Kubatta, e a un libro scritto da Martha Ackmann, dal titolo The Mercury 13: the True Story of Thirteen Women and the Dream of Space Flight del 2004 (in Italia è uscito nel 2011 per i tipi della Springer Verlag con il titolo Mercury 13. La vera storia di tredici donne e del sogno di volare nello spazio). Nel 2018 è uscito un altro documentario sulla vicenda dal titolo Mercury 13, diretto da David Sington e Heather Walsh.
Il titolo del libro della Ackmann parla di 13 donne nello spazio e di un sogno, ma in realtà le cose andarono diversamente.
Ma procediamo con ordine. Alla fine degli anni Cinquanta, la NASA cominciò a reclutare piloti militari per farli diventare astronauti. Tra i medici che prepararono i test per la selezione c’era anche il dottor William Randolph Lovelace, che era specializzato nello studio degli effetti dell’altitudine sulla salute dell’uomo. A Lovelace venne affidato dalla NASA un progetto speciale, finanziato anche dalla Marina militare degli Stati Uniti, quello di selezionare delle donne fra le pilote civili e sottoporle ai test preliminari per diventare astronaute. Il dottor Lovelace selezionò 20 donne che per curriculum erano del profilo giusto (si richiedeva di essere piloti con provata esperienza e numerose ore di volo alle spalle). Di queste, poi, solo 13 passarono i test medici e fisici. A questo punto la NASA interruppe il progetto, senza dare spiegazioni, anche se trapelò una spiegazione non proprio politically correct, ossia che far diventare delle donne delle eroine dello spazio in una società maschilista, come lo era quella americana tra gli anni Cinquanta e Sessanta, avrebbe creato un certo imbarazzo. Anche la NASA era un ambiente in cui la quasi totalità degli incarichi a un certo livello era in mano agli uomini.
Una delle 13 potenziali astronaute, Jerrie Cobb, scrisse all’allora presidente Kennedy e cercò di far cambiare idea alla NASA andando a Washington, dove pare ebbe anche un colloquio con il vicepresidente Lyndon Johnson, nel corso del quale uscì fuori che se una donna avesse solcato lo spazio altre minoranze avrebbero potuto avanzare una simile richiesta. Da qui la chiusura del progetto.
Con il tempo si è affermata l’immagine di una NASA che avrebbe, sostanzialmente, avvallato una vera e propria discriminazione nei confronti delle 13 ragazze del progetto Mercury 13 e di tutte le donne americane, ma le cose non andarono esattamente così.
La verità è che quella di Lovelace fu un’iniziativa del tutto personale, perpetrata insieme a Donald Flickinger, generale dell’aeronautica militare, che aveva come Lovelace collaborato con la NASA. I due avevano finanziato il progetto con propri soldi, fino a quando, arrivati a un certo punto, non restava che l’addestramento vero e proprio. Jerrie Cobb risultò la candidata più adatta a diventare un’astronauta e allora Lovelace sottopose i suoi risultati alla Marina militare americana, dopo aver descritto con grande enfasi il progetto a un congresso mondiale a Stoccolma nel 1960. La Marina militare, convinta che il tutto fosse stato fatto con il supporto della NASA, contattò i vertici dell’ente spaziale, i quali caddero letteralmente dalle nuvole. Riconobbero che Lovelace aveva collaborato con loro, ma non esisteva nessun incarico a lui o ad altri per giungere a selezionare potenziali astronaute. La Marina così ritirò la promessa di fondi e il progetto Mercury 13 venne definitivamente chiuso.
Alle donne del progetto Mercury 13, nel corso degli anni, vennero attribuiti premi e vari riconoscimenti, ma non si trattò mai di una sorta di “complotto” della NASA per non far partecipare delle donne ai vari programmi spaziali di quegli anni. La verità è che gli astronauti selezionati dalla NASA erano tutti piloti militari e laureati in ingegneria. Le prime donne pilote diplomate alla scuola militare arrivarono solo alla fine degli anni Settanta e donne laureate in ingegneria aeronautica erano rarissime, pertanto l’esclusione era praticamente automatica, cosa che appurò anche un’apposita commissione del Congresso americano.
Nella serie TV, Molly Cobb è una candidata astronauta per la NASA dopo che il presidente Nixon cerca di mandare una donna sulla luna. Ha terminato tra le migliori della sua classe ed è diventata una delle prime quattro donne americane a superare l'addestramento per astronauti.
Un omaggio esplicito che gli autori di For All Mankind hanno voluto tributare a Jerrie Cobb e a alle donne del Progetto Mercury 13 che dimostrarono di poter competere con gli uomini e diventare astronaute a tutti gli effetti.
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