Marte è da sempre uno dei luoghi meta, sia fisica che speculativa, della scienza e della fantascienza, e spesso le due si sono (con)fuse. Curioso fu il caso di Jonathan Swift che nell’inizio del Settecento faceva dire agli scienziati di Laputa (all’interno delle Avventure di Gulliver) che Marte era dotato di due satelliti (affermazione fatta, poi, una ventina di anni dopo anche da Voltaire nel suo Micromega). I due piccoli satelliti, Phobos e Deimos, effettivamente esistono ma la loro scoperta è avvenuta quasi dopo 150 anni, nel 1877.

Sempre nello stesso anno la scoperta ad opera dell’astronomo Giovanni Schiapparelli di canali su Marte (poi confutata pochi anni dopo quando si scoprì fossero solo effetti ottici), grazie anche a banali errori di traduzioni che fecero intendere la artificialità di tali strutture, si cominciò a supporre che il “nostro vicino rosso” fosse abitato.

Cominciarono a nascere tutta una serie di opere speculative sulla supposta civiltà marziana e sulla fine del secolo con La guerra dei mondi Herbert George Welles immagina un invasione della nostra terra da parte di macchine praticamente invincibili pilotate dai marziani (che saranno poi sconfitti da un banale raffreddore). Numerose saranno le ipotetiche società Marziane, non basterebbe un’enciclopedia per citarle ma vediamone alcune. Nel ciclo di Barsoom del papà di Tarzan Edgar Rice Burroghs, John Carter ufficiale sudista raggiunge con mezzi misteriosi Marte dove ritrova una società variegata formata da varie razze che lottano o si schiavizzano tra di loro.

Il nostro Emilio Salgari in Le meraviglie del 2000 (1907) immaginerà dei contatti stabili col pianeta rosso tramite una torre radio alta 400 metri posizionata nel centro di New York.

Aleksandr Aleksandrovič Bogdanov immagina invece nel suo ciclo Stella Rossa (da poco ripubblicato in una edizione e nuova traduzione da Alcatraz) un’Utopia Socialista Marziana che sarebbe poi l’ispirazione per Proletkult del collettivo Wu Ming (2018).

Opera al di là del genere per la sue connotazioni sociologiche sarà Cronache Marziane (1950) di Ray Bradbury, mentre un notevole esempio di terraformazione lo avremo in Maledetti Marziani di Isaac Asimov. L’arrivo delle prime sonde su Marte (Mariner IV, 1964) con la conferma della non presenza sulla superficie di forme di vita anche elementari fece volgere le produzioni letterarie verso opere che raccontavano la colonizzazione del pianeta.

Nella trilogia di Marte (Red Mars, Green Mars, Blue Mars) scritta da Kim Stanley Robinson negli anni 90 si concentra sul processo di terraformazione (processo che rende un pianeta simile alla terra già altre trattato tra cui in Maledetti Marziani di Asimov nel 1952): dal suo stato iniziale ("Marte rosso") viene reso abitabile coltivandovi sopra della piante ("Marte verde") finché non diventa un pianeta simile alla Terra ("Marte blu"). Il Nathan Nerver Magazine 2020 è interamente dedicato al pianeta e comprende anche approfondimenti curati in collaborazione con l’ASI (Agenzia Spaziale Italiana).

Dal 2003 e continuerà a farlo almeno fino al 2022 la sonda Europea Mars Express osserva Marte scrutandolo con i mezzi a sua disposizione. Di uno in particolare il Belpaese deve essere fiero per le notevoli soddisfazioni, il MARSIS (Mars Advanced Radar for Subsurface and Ionosphere Sounding). Questo radar sottosuperficiale, le cui antenne lineari spiegate misurano 40 metri di lunghezza, permette alla parte di impulsi non riflessa direttamente dalla superficie di penetrare per diversi km nel suolo marziano e di essere a sua volta riflessa dagli elementi che lo compongono.

Nel 2018 la rivista Science pubblica la scoperta, presentata da un gruppo di scienziati e tecnici tutto italiano, di un grande lago di acqua liquida e salata situato a un chilometro e mezzo di profondità.

A due anni da tale scoperta un team di ricercatori provenienti dall’Università Roma Tre del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IREA, Napoli), dell'Università Jacobs (Brema, Germania), della University of Southern Queensland (Centre for Astrophysics: Toowoomba, Australia) e dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), ha confermato che sotto il polo sud marziano vi sono altri laghi d’acqua salata intrappolati sotto il ghiaccio della calotta polare meridionale di Marte.

Il MARSIS aveva ritrovato nel 2018 alla profondità di un chilometro e mezzo una area di forte riflettività sotto spessi strati di ghiaccio e polvere del Polo Sud marziano. L’analisi dei dati dovuta a Roberto Orosei (INAF), con Elena Pettinelli (Università Roma Tre) ed Enrico Flamini (ASI) l’elevata intensità del segnale riflesso originata da un area di 20 km di diametro, poteva spiegarsi solo tramite la presenza di acqua allo stato liquido la cui alta concentrazione di Sali ne ha impedito il congelamento.

Da allora, oltre all’originario gruppo, altri team internazionali sono confluiti nello studio dei fattori che hanno permesso, in questa zona del pianeta nota come ultima scopuli, la presenza di laghi sotterranei.

Nuovi ed naspettati risultati, dovuti a recenti dati radar, sono da poco stati esposti su Nature Astronomy, prestigiosa rivista scientifica da un variegato gruppo di scienziati.

Dice Elena Pettinelli, che ha guidato il team insieme a Sebastian Lauro:

Non solo abbiamo confermato la posizione, l'estensione e l’intensità del riflettore individuato nel nostro studio del 2018  ma abbiamo anche trovato tre nuove aree altamente riflettenti.

Spiega Sebastian Lauro dell’Università di Roma Tre:

Abbiamo preso in prestito una metodologia comunemente utilizzata con i radar sottosuperficiali  terrestri per rilevare la presenza di laghi subglaciali in Antartide, Canada e Groenlandia, e abbiamo applicato tale metodologia all’analisi di dati MARSIS vecchi e nuovi. L'interpretazione che spiega meglio tutti i dati disponibili è che le riflessioni ad alta intensità sono causate da estese pozze di acqua liquida.

Sottolinea Elena Pettinelli:

Il lago principale è circondato da altri laghetti, ma a causa delle caratteristiche tecniche del radar e della sua distanza dalla superficie marziana, non possiamo dire se questi sono interconnessi.

Aggiunge la coautrice Graziella Caprarelli, Ricercatrice Associata presso il Centro di Astrofisica della University of Southern Queensland, che non aveva partecipato al lavoro pubblicato nel 2018:

Qualsiasi processo di formazione e persistenza di acqua sotto il ghiaccio delle calotte polari marziane richiede che il liquido sia ipersalino. Esperimenti di laboratorio che studiano la stabilità di soluzioni acquose ipersaline  (brine) confermano in modo convincente che queste possono persistere per periodi di tempo geologicamente rilevanti anche a temperature come quelle che troviamo nelle regioni polari marziane, che sono notevolmente al di sotto della temperatura di congelamento dell’acqua.

Il commento di Enrico Flamini,già Responsabile Scientifico dell’ASI attuale Presidente dell’ IRSPS (International Research School of Planetary Sciences) presso l'Università di Chieti-Pescara è stato:

Dire che questi nuovi risultati mi rendono felice non basta. L'unica vera domanda ancora aperta dopo il nostro primo lavoro era: è questa l'unica prova di acqua liquida sotto il ghiaccio? All'epoca non avevamo dati per dire di più, ora questa nuova ricerca dimostra che la scoperta del 2018 è stata solo la prima prova di un sistema molto più ampio di corpi idrici liquidi nel sottosuolo marziano. È esattamente quello che avrei sperato: un grande risultato, davvero!

Roberto Orosei, Principal Investigator dell’esperimento MARSIS, e uno dei coautori dell’articolo, commenta:

Mentre l’esistenza di un singolo lago subglaciale poteva essere attribuita a condizioni eccezionali come la presenza di un vulcano sotto la coltre di ghiaccio, la scoperta di un intero sistema di laghi implica che il loro processo di formazione sia relativamente semplice e comune, e che questi laghi probabilmente siano esistiti per gran parte della storia di Marte. Per questo potrebbero conservare ancora oggi le tracce di eventuali forme di vita che abbiano potuto evolversi quando Marte aveva un’atmosfera densa, un clima più mite e la presenza di acqua liquida in superficie, similmente alla Terra dei primordi.

Per Angelo Olivieri, attuale responsabile del Marsis per L’ASI, questa ulteriore scoperta premia gli sforzi compiuti da ASI negli scorsi anni in questo settore strategico della ricerca su Marte, e dimostra come l’Italia abbia le carte in regola per consolidare la propria leadership nella realizzazione e nell’analisi di dati da questo tipo di radar.

Lo studio pubblicato su Nature Astronomy ci rivela che le estese e spesse coltri di ghiaccio marziane non sono formazioni uniformi ma veri e propri strati geologici complessi all’interno di cui investigare. In conclusione, poiché è dimostrato che le brine possono sostenere microorganismi in condizioni estreme gli autori invitano a proseguire l’investigazione delle regioni polari marziane al fine di scoprire nuove formazioni lacustri subglaciali, determinandone la composizione e il potenziale astrobiologico.

Uno dei possibili esseri che potrebbe abitare o almeno resistere in condizioni del genere è ultimamente passato diventato molto noto: il tardigrado (o orsetto d’acqua). Questi piccoli (misurano tra 0,1 e 1,5 mm) invertebrati marini possono essere vivere per lunghi periodi di tempo senza ossigeno e per decenni senza acqua, sopportano pressioni elevatissime e temperature da – 200 a 150 °C, resistono al vuoto spaziale e a livelli di radiazioni centinaia di volte superiori a quelli sopportabili da esseri evoluti come gli umani.

Una colonia di questi animali doveva essere ospitata da un laboratorio permanente presente nel lander trasportato dalla sonda Beresheet che doveva far parte di un laboratorio permanente sulla Luna. Purtroppo la sonda si è schiantata con la distruzione di tutti gli apparati, ma non è improbabile che i Tardigradi siano sopravvissuti.

Al momento noi non possiamo sapere nei bui laghi sotterranei polari di Marte abitino degli esseri con queste o altre capacità e solo un esplorazione in loco potrà rivelarcelo, sperando che questo diventi presto possibile.