Salman Rushdie è nato a Bombay nel 1947 e si è trasferito a Londra quando aveva appena quattordici anni. Per anni, dopo la pubblicazione de I versi satanici, opera mirabile di fantasia e filosofia e religione, l'autore è stato un fuggitivo nel vero senso della parola: e se oggi ha ancora la testa attaccata al corpo, può ben dirsi fortunato perché in suo favore si sono mobilitati alcuni fra i più eminenti intellettuali per prendere le sue difese. Per la cronaca, Bono Vox, si è adoperato non poco per aiutare Rushdie; il testo della bellissima canzone, The ground beneath her feet, parte integrante della colonna sonora del recente film The Million Dollar Hotel per la regia di Wim Wenders, è stata scritta da Rushdie. S. Rushdie è, indiscutibilmente, il più grande scrittore mondiale di questi tempi incerti dove la morte è nascosta ad ogni angolo e l'uomo è stato ridotto ad oggetto puramente commerciale.
Salman Rushdie, autore di grandissimi romanzi ricchi di fantasia e genuina spregiudicatezza investigativa intorno al panorama uomo, è forse il più grande scrittore contemporaneo vivente, un moderno Shakespeare che ha regalato alla nostra cultura romanzi grandissimi come I figli della mezzanotte, La vergogna, I versi satanici, Harun e il mar delle storie, L'ultimo sospiro del Moro, Est Ovest, La terra sotto i suoi piedi, Il sorriso del giaguaro, Patrie immaginarie, ecc.
L'ultima fatica di Rushdie è Furia (Fury): gli dei fanno impazzire chi vogliono distruggere, le Furie aleggiavano sopra Malik Solanka, sopra New York e l'America, lanciando i loro ululati. Nelle strade sottostanti il traffico rispondeva con un rabbioso urlo di assenso: "La vita è furia, aveva pensato. La furia - sessuale, edipica, politica, magica, brutale - ci porta alle più nobili altezze e ci spinge alle più ignobili bassezze. Dalla furia nasce la creazione, l'ispirazione, l'originalità, la passione, ma anche la violenza, il dolore, la semplice e intrepida distruzione, il dare e ricevere colpi dai quali non ci riprendiamo più. Questo è ciò che siamo, ciò che cerchiamo di dissimulare attraverso la civiltà: la terrificante belva umana che abbiamo dentro, l'esaltato, trascendente, autodistruttivo signore del creato."
Malik Solanka, il protagonista cinquantenne ex professore di filosofia, vive a Manhattan, dopo aver abbandonato la moglie e il figlio a Londra. E' un uomo ricco, grazie all'enorme successo commerciale di una bambola da lui creata, la bambola Little Brain che per anni è stata al centro di una popolare trasmissione TV in cui dialogava con grandi figure e pensatori del passato. Little Brain, per molto tempo, si è quasi sostituita a Solanka: la bambola è diventata il vero cervello di Solanka capace di produrre filosofia... e Solanka, alla fine, non ha potuto più sopportare una situazione tanto assurda. Ad un certo punto si è reso conto che la vita gli doveva qualcosa, un qualcosa di non quantificabile che era nascosto in qualche dove del mondo.
Malik Solanka, storico delle idee in pensione, irascibile fabbricante di bambole, un giorno cambia radicalmente vita: si decide ad abbandonare la famiglia senza una parola di spiegazione e poi fugge a New York. Malik Solanka sente una furia agitarsi dentro di sé e teme di diventare un pericolo per quelli che ama o che almeno crede di amare sinceramente; sbarca quindi a Manhattan nel momento in cui l'America è al vertice della sua ricchezza e del suo potere, nell'ora più alta della sua ibrida, onnivora potenza, con il solo intento di annullarsi: "Mangiami, America, e donami la pace". Ma l'intorno che lo circonda par quasi che divori il povero storico delle idee: i tassisti sputano invettive a ogni semaforo, un serial killer uccide le donne con un pezzo di cemento, battibecchi e litigi, meschinità e risentimenti percorrono la metropoli da un capo all'altro. Solanka cede e i suoi sentimenti, le sue emozioni e i suoi desideri diventano travolgenti, sfrenati, folli: nel suo destino c'è una giovane donna con un berretto da baseball, una strana attivista di nome Mila Milo, una idealista, forse l'ultima, che vuole salvare l'umanità. Poi un'altra donna, la bellissima Venere bruna, Neela: e Solanka proprio di questa Venere s'innamora, e lei gli fa conoscere un'altra furia, lontano, in un diverso angolo del mondo. Ma la vita di Solanka si complica ulteriormente: Jack, ex corrispondente di guerra che nutre il mito di Hemingway non gli dà requie, e per giunta un serial killer ha preso a uccidere giovani donne. La vita di Solanka non è più la sua vita: non gli appartiene più in nessun senso: la vita di questo professore non è, è addirittura peggiore di quella che Little Brain aveva assorbito nel suo corpo-cervello di bambola.
"I giornali del mattino erano pieni di articoli sul genoma umano. Lo definivano la migliore, fino a quel momento, dello "splendido libro della vita", un'espressione variamente usata per descrivere la Bibbia e il Romanzo; anche se questo nuovo splendore non era affatto un libro, ma un personaggio elettronico affisso a Internet, un codice scritto con quattro aminoacidi, e il professor Solanka non si intendeva di codici, non era mai riuscito a imparare neanche il più elementare latinorum, e meno ancora le segnalazioni con le bandierine o il Morse ormai defunto, a parte ciò che sapevano tutti." Da questo brano, si comprende perfettamente che Rushdie rifiuta l'uomo come puro oggetto.
Rushdie ci dice che l'uomo è vittima delle furie che si agitano nella sua anima e l'anima è costretta a seguire il volere di queste furie per scoprire l'identità che appartiene all'uomo. I personaggi di Rushdie si interrogano come Amleto. Non credo sia un errore definire Salman Rushdie uno Shakespeare moderno. La fantasia di Rushdie è arte e virtuosismo allo stesso tempo, fantasia e dissacrazione dei common places: essere o non essere? I personaggi di S. Rushdie non possono fare a meno di essere amletici nelle loro scelte, nei loro comportamenti, e il mondo che gli ruota attorno è amletico pure esso.
Furia è un capolavoro, forse il più bel romanzo scritto da Salman Rushdie: mirabilmente tradotto da Vincenzo Mantovani, è una lettura che non mancherà di entusiasmare per la fortunata ricchezza fantastica commista a temi brucianti quali la lotta per la sopravvivenza in un mondo scevro di valori, l'uomo inteso come oggetto da una società solo virtualmente civile, la religione che diventa filosofia e viceversa e poi si fa passare per necessaria politica, la ricerca di una identità reale in un mondo di simulacri (bambole), le furie che agitano l'animo umano... E' troppo poco? Sì, è troppo poco, perché Salman Rushdie affronta molti altri temi scottanti con ironia e tragicità amletica.
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