- John Buchan, o del Profeta dal Mantello Verde Scozzese
- Abraham Merritt, o Delle Tenebre Tangibili
- Arthur Machen, o Dei Sacramenti del Male
- Ivan Efremov, o Della Nebulosa di Andromeda
- John Campbell, o Del Manto di Aesir
- J.R.R Tolkien, o Del Signore degli Anelli
- C.S. Lewis, o Del Riscatto
- Stanislaw Lem, o Del Futuro Impossibile
- Robert E. Howard, o Della Fenice sulla Lama
- Talbot Mundy, o Dei Nove Segreti dei Nove Sconosciuti
Tra le perle della collana I tre sedili deserti della casa editrice Il Palindromo, una collana diretta da Giuseppe Aguanno che si propone (con ottimi risultati) di riportare in luce testi dimenticati o persi, inediti o grandi classici, tutti appartenenti al genere fantastico, c'è Elogio del fantastico di Jacques Bergier.
Di Jacques Bergier, nome francesizzato di Jakov Michajlovič Berger, scrittore e scienziato di famiglia sovietica nato a Odessa, Ucraina, e autore noto a tutti come coautore, insieme allo scrittore francese Louis Pauwels, del mitico Il mattino dei maghi, ho già parlato recentemente su queste pagine a proposito di un altro testo di Bergier, Io non sono leggenda, l'autobiografia andata perduta e riscoperta da Andrea Scarabelli che ne ha curato l'apparato critico, e non solo, pubblicandola per la prima volta in Italia.
Anche Elogio del fantastico di Jacques Bergier, sottotitolato "Tolkien, Howard, Machen e altri demiurghi dell'Immaginario", è a cura di Andrea Scarabelli, direttore editoriale della rivista Antarès e della collana L'Archeometro presso Edizioni Bietti.
Prima edizione italiana, Elogio del fantastico è stato pubblicato nell'ottobre 2018 e il testo è stato tradotto da Scarabelli stesso sulla prima edizione originale in francese di Admirations, che fu data alle stampe nel 1970 dall'editore Christian Bourgois. Il curatore ha comunque tenuto conto anche della seconda edizione francese uscita nel 2000 per L'Oeil du Sphinx.
L'edizione italiana si avvale di esaustive note al testo del curatore e di alcune appendici, tra cui un articolo a firma di Bergier, dal titolo Lovecraft, questo genio venuto da fuori! che apparve sulla mitica rivista Planète (n. 1 dell'ottobre-novembre 1961), e poi sull'altrettanto mitica Pianeta, la versione italiana, nel n. 2 del maggio-giugno 1964, a chiudere il cerchio degli autori esaminati da Bergier. Oltre a un saggio conclusivo di Andrea Scarabelli, Jacques Bergier, o del realismo fantastico, note biografiche e bibliografia italiana delle opere pubblicate in Italia. A introdurre Elogio del fantastico è il giornalista, saggista e scrittore italiano Gianfranco de Turris, studioso e critico di letteratura del fantastico.
Dice De Turris, a un certo punto della sua introduzione:
In questo suo Elogio del fantastico Jacques Bergier passa dal Realismo Fantastico de Il mattino dei maghi al Realismo Magico: che significa, che senso ha? Direi questo: il primo è qualcosa di oggettivo, il secondo soggettivo, il primo è una metodologia interpretativa, una tesi da applicare e verificare, il secondo una sensazione personale.
Con queste parole De Turris coglie e spiega mirabilmente il senso ultimo del libro di Bergier, il cui intento è far conoscere dieci autori fantastici da lui scoperti di cui il pubblico dei suoi tempi, gli anni Settanta, sa meno di nulla. Dieci scrittori magici, spiegherà Bergier, perché sono costruttori di mondi:
Con questo termine intendo scrittori la cui penna è un potente scettro […] Nell'ambito della scrittura, la nozione di magia è soggettiva […] Uno scrittore magico è colto da un certo demone e cessa di esserlo per ragioni non più limpide di quelle della psicologia o del genio o della conversione […] L'universo di un autore magico genera una gestalt soddisfacente.
Attraverso uno stile frizzante e comprensibile, semplice senza risultare banale, con un'analisi rivoluzionaria e approfondita, personale, mai noiosa, con una scelta poliedrica che rispecchia i suoi molteplici interessi e una visione al di là delle parti, con quegli stessi errori in cui a volte incorre scrivendo sulla base dei suoi personali ricordi, Bergier ci conduce alla scoperta di dieci giganti che hanno dato grandi opere alla letteratura fantastica: quattro inglesi o di lingua inglese, quattro statunitensi, un russo, un polacco. Ci conduce in un modo tale che, per ogni autore descritto, altri mondi fantastici, altre penne arricchiscono questa avventura, descrivendo un ventaglio di universi e di scoperte che, uniti all'approfondimento delle note del curatore, fanno del presente saggio un vero e proprio manuale di lettura, spunto inesauribile non solo per chi si approccia a questa letteratura per la prima volta, ma anche per chi già la conosce e voglia approfondirla.
Chi sono, questi autori magici? E perché Bergier sceglie proprio loro? Sul chi sono lo vedremo brevemente poco più avanti. Sul perché, le motivazioni che Bergier dà sono tre: in Francia sono pressoché sconosciuti; i loro universi non sono sprovvisti di rapporti, seppure talvolta bizzarri, con il nostro; la quasi totalità della loro opera possiede qualità magica.
John Buchan, o del Profeta dal Mantello Verde Scozzese
(1875 – 1940) è stato anche politico. Scrittore di avventure in cui i servizi segreti sono protagonisti, ha raccontato la storia invisibile in un'epoca che va dal 1913 al 1933. Ma anche la natura del vero potere, il coraggio che permette di attraversare la morte e risorgere, le personalità carismatiche con l'ossessione di dominare il mondo, i problemi della dittatura e la concezione di una storia come lotta spesso invisibile tra i centri di potere, l'ostilità della natura contro l'uomo, la volontà umana come vincente sul destino, il tempo e la morte. Bergier indica come apogeo della produzione di Buchan le due raccolte di racconti Il circolo dei reietti (The Runagates Club) e La luna resiste (The Moon Endureth).
Abraham Merritt, o Delle Tenebre Tangibili
Noto anche come semplicemente A. Merritt (1884 – 1943), statunitense di Beverly, New Jersey, è stato anche giornalista.
Non ha prodotto molto, ma Bergier lo indica come il primo ideatore della fantascienza e del fantastico moderni. Dopo alcune importanti spedizioni archeologiche in Messico, torna negli Stati Uniti e comincia a scrivere: sarà lume ispiratore per scrittori del calibro di H.P. Lovecraft e Jack Williamson. Sulla mitica rivista Argosy, della quale si parla in questa edizione italiana in una delle appendici, pubblica quello che Bergier segna come capolavoro: Il pozzo della luna (The Moon Pool). In realtà una nota del curatore segnala che la rivista ospitante fu un'altra che poi si fuse con Argosy dando luogo ad Argosy All-Story Weekly. Merritt fu anche ricercatore in antropologia, chimica, etnologia e folklore. Il suo universo è scientifico e, allo stesso tempo, metafisico: pensava che l'universo della scienza contenga elementi fantastici. I suoi eroi, anche quando soccombono, sono vincenti perché, in linea di massima, arrivano al loro obiettivo.
Arthur Machen, o Dei Sacramenti del Male
Pseudonimo di Arthur Llewelyn Jones, Machen (1863 – 1947) era gallese. Fu anche giornalista del bizzarro.
Così scrive a un amico nel 1889: "Intorno a noi vi sono i sacramenti del male, non solo quelli del bene; e ci muoviamo in un mondo sconosciuto, dove vi sono caverne ed ombre e abitatori delle tenebre. È possibile che talvolta l'uomo regredisca sulla via dell'evoluzione, e sono convinto che non sia ancora morta una tradizione spaventosa". Con queste sue parole si riassumono e prendono avvio le tematiche orrifiche, fantastiche e soprannaturali del suo universo, in cui un mondo di forze trascendenti oscure controllano l'anima razionale e, pur non essendo misurabili dalla Scienza, producono effetti che si ripercuotono nel nostro piano di realtà. Non fu benvoluto dalla società dei suoi tempi, che lo definì immorale e la sua opera restò misconosciuta. Oggi tutti hanno sentito almeno citare il suo conturbante Il grande Dio Pan (The Great God Pan).
Ivan Efremov, o Della Nebulosa di Andromeda
Russo nato nei pressi di San Pietroburgo, Ivan Antonovič Efremov (1908 – 1972) è stato, oltre che scrittore di fantascienza anche paleontologo, dando luogo a una nuova disciplina, la tafonomia, che si occupa della formazione e della conservazione dei fossili. Autore complesso in cui si susseguono alcune fasi diverse, il suo universo immaginativo è ancorato al reale e le prime avventure raccontate hanno qualcosa di Jules Verne o Conan Doyle, senonché sono ambientate in Siberia e in Asia centrale. In alcuni casi addirittura si sono rivelate predittive. Nel suo mondo utopico conta la felicità del genere umano, raggiunta attraverso i prodigi della Scienza che è molto più avanzata di quella attuale, e per la quale l'Autore introduce un glossario nuovo per poterne descrivere gli effetti. L'umanità non è sola e gira per lo spazio interstellare. L'attenzione verso il sociale nelle sue storie gli varrà in patria critiche negative perché mezzi e fini della società che descrive hanno travalicato la possibilità di poter parlare di comunismo. Eppure il suo non è ingenuo ottimismo, perché le trame sono intessute di avvenimenti che recano in sé un costante avvertimento. Yuri Gagarin disse a Bergier di aver deciso di diventare astronauta leggendo il suo La nebulosa di Andromeda, pubblicato nel 1957.
John Campbell, o Del Manto di Aesir
John Wood Campbell Jr (1910 – 1971), l'autore statunitense che tutti conoscono per la sua direzione alla rivista Astounding Science Fiction e protagonista di quella che viene definita "epoca d'oro" della fantascienza, viene raccontato da Bergier, più che per la sua attività di direttore, per le sue pubblicazioni:
Nel 1930, sul numero di gennaio della rivista Amazing Stories, Campbell pubblica il suo primo racconto, La sconfitta dell'atomo, che contiene almeno una profezia per riga.
L'Autore, scrive Bergier – pur raccontando storie immaginifiche e predittive in cui già compaiono i primi computer, intelligenza artificiale e macchine senzienti, comunicazioni più veloci della luce, viaggi intergalattici e nuove idee di fisica – al suo esordio non sa scrivere. Poi, tutt'a un tratto, impara l'arte della scrittura
. Sfrutta le sue competenze di matematica, fisica e chimica, promuove tutte le grandi aree scientifiche, arrivando a inventare insieme con i suoi autori la bomba atomica, pubblicandone nel 1944 una descrizione dettagliata. Toccò a Murray Leinster, all'epoca consigliere segreto della Marina americana, spiegare che non poteva trattarsi di fuga di notizie (i servizi segreti si erano allertati e la cosa era finita anche alla presidenza), ma che, molto più semplicemente, Campbell e i suoi, non avendo l'incombenza di doverla realizzare materialmente, erano stati più veloci…
. Astounding non venne chiusa e i protagonisti dell'invenzione non furono confinati solo perché si comprese che la chiusura avrebbe lanciato segnali inequivocabili ai servizi segreti tedeschi e giapponesi.
La bomba atomica non fu l'unica invenzione di Astounding: sulle sue pagine vennero inventati il radar, la spoletta di prossimità, la penicillina e altro ancora. Lo storico critico Sam Moskowitz ha riassunto in 5 punti la rivoluzione dei mondi di Campbell: non sono presenti ingenuità, descrizione degli effetti psicologici in seguito a cambiamenti tecnologici e sociali, sviluppo della filosofia culturale, introduzione nella fantascienza di poteri sconosciuti, critica sociale e analisi della religione.
J.R.R Tolkien, o Del Signore degli Anelli
Bisognerà forse attendere che al professor J.R.R. Tolkien di Oxford venga assegnato un Nobel prima che in Francia qualcuno si accorga delle straordinarie qualità della sua opera e del suo genio
, così fa il suo esordio Bergier, nel capitolo dedicato al creatore de Il signore degli anelli.
Lo sguardo di Bergier si appunta dapprima sulle differenze tra la mitologia dell'Autore e l'amico C.S. Lewis, poi passa a rilevare che l'universo di Tolkien (1892 – 1973), non è una satira né un'allegoria, e nemmeno una proiezione del mondo materiale, quanto piuttosto una creazione
. Sul perché del successo che ha avuto presso la gioventù, in particolare statunitense e canadese, fa una disamina personale costituita da più punti. Chi riuscirà a eguagliare la complessità del suo mondo?
A creare un'opera del suo calibro dovrà essere un uomo dotato di grandi capacità, di un disinteresse totale e di quella semplicità fanciullesca che si manifesta in Tolkien.
C.S. Lewis, o Del Riscatto
Il teologo irlandese Clive Staples Lewis (1898 – 1963), scrittore e saggista, aveva conosciuto J.R.R. Tolkien all'Università di Oxford. Fu in seguito alla sua conoscenza e a quella di un altro accademico che si convertì al cristianesimo aderendo alla chiesa anglicana. Di lui Bergier dice che ha inventato un nuovo genere letterario: la "fantateologia". Dai più è conosciuto per Le cronache di Narnia, ma è anche l'autore di una suggestiva e potente trilogia (Lontano dal pianeta silenzioso, Perelandra, Quell'orribile forza), sulla quale si appunta l'attenzione di Bergier, che scandaglia la passione di Lewis per l'occulto e ci rivela che la trilogia non è affatto una fiaba, ma
ci mostra i meccanismi interni delle potenze segrete che lo regolano, e insieme le forze antagoniste cui fare appello e che possono venirci in soccorso, a patto che ci si metta a combattere.
L'universo dell'irlandese è positivo: apre vie di fuga e una controffensiva.
Stanislaw Lem, o Del Futuro Impossibile
Del polacco Stanislaw Lem (1921 – 2006), Bergier ne individua subito il pessimismo come l'altra faccia di chi umorista è, implicitamente sottolineando che l'arte di saper far ridere, o sorridere, trae origine da una coscienza acuta e acuita che ben conosce cosa si nasconde dietro il moto del riso. Nell'universo di Lem ci si scontra con l'incomprensibile:
L'universo è troppo complicato perché noi si possa comprenderlo. La nostra immaginazione ha dei confini che i personaggi di Lem non riescono a superare: è la peggior tragedia (…) Lem la descrive con assoluto rigore scientifico, un'ammirevole cura dei dettagli e un profondo sentimento di pietà.
Basti pensare al romanzo Solaris. Bergier crede, come per esempio lo aveva creduto Edgar Allan Poe, che il cervello umano è una macchina capace di decifrare l'universo, a patto di avere dati a sufficienza. Anche per Poe ogni codice ignoto può essere decrittato e svelato. Bergier conclude che, per quanto ne sa, Lem è stato il primo autore di fantascienza ad aver rigettato questo postulato
.
Robert E. Howard, o Della Fenice sulla Lama
Non era mai nato un poeta a Cross Plains, nel Texas.
Ci penserà Robert Ervin Howard (1906 – 1936) a sfoderare la penna e a scrivere storie meravigliose, esordendo appena quindicenne, finendo con l'essere considerato dai posteri uno dei padri della moderna heroic fantasy, tra i maggiori esponenti della letteratura dell'orrore e un grande interprete del romanzo di avventura. Bergier ne ammira la prosa che – dice – ha lo stesso ritmo e slancio della sua poesia
.
Oltre a immaginifici universi, Howard scrisse anche romanzi e racconti ambientati nel nostro tempo, ampiamente influenzati dall'opera di H.P. Lovecraft
. Nasce l'invenzione di un libro maledetto, descritto in Il libro nero dei culti innominabili. Ma è anche autore di racconti avventurosi, storici e western, oltre a storie mutuate dalle tradizioni celtiche e nordiche. August Derleth, il fondatore della casa editrice Arkham House che rivelò al pubblico Lovecraft, scriverà che più che uno scrittore Howard si considerava un narratore di storie popolari
.
Talbot Mundy, o Dei Nove Segreti dei Nove Sconosciuti
William Lancaster Gribbon (1879 – 1940), che si firmava Talbot Mundy e a volte Walter Galt, britannico ma naturalizzato statunitense, è forse – e non per mutuare dai suoi Nove segreti, o forse sì – ancora oggi uno sconosciuto ai più, non solo ai tempi in cui Bergier stava scrivendo questo testo. Viaggiatore in Africa, India e altri Paesi dell'Estremo Oriente, Bergier lo indica in missione per conto dell'Intelligence, non specificando se del Regno Unito o degli Stati Uniti. In ogni caso, nel 1911 si stabilisce negli Usa e comincia a scrivere. Le sue prime opere, fra cui I Nove Sconosciuti, costituiscono un suggestivo e complesso unico ciclo dedicato alla sopravvivenza nella nostra epoca dei segreti di antiche civiltà, più sviluppate della nostra
. Ha poi scritto un ciclo di altri quattro volumi, Tros di Samotracia, ambientato mezzo secolo prima della venuta di Cristo; oltre a numerose storie avventurose in un'India ancora invasa dagli inglesi. Sfruttando i suoi soggiorni esotici e la sua esperienza di agente segreto, dà luogo a storie in cui si ha l'impressione di aver compiuto un lungo viaggio in Africa e Asia
dove scienze tenute segrete diventano le protagoniste. L'idea fondamentale del libro
– Bergier sta descrivendo I nove sconosciuti – è che gli antichi segreti non abbiano niente di mistico ma siano dati scientifici e tecnici consegnati agli orientali da altre civiltà
. L'Autore non esclude che un giorno i libri di Talbot Mundy possano essere riletti e studiati in cerca di indizi
.
Bergier conclude con una postfazione in cui verga una nota piccata e ironica nei confronti… ma lo leggerete quando avrete il libro in mano. Per ora sappiate che è alla fine di questa fatica e, con soddisfazione, si sente come Baudelaire quando si trovò a rivelare Poe, o come Farrère quando scoprì Kipling
.
Curato con rara professionalità di contenuti e di esposizione tecnica ed estetica (le belle immagini di corredo sono di Simone Geraci e Alessandro Colombo, la suggestiva copertina è di Giuseppe Vassallo) Elogio del fantastico si rivela senz'altro come un testo necessario e fonte di innumerevoli spunti e conoscenza.
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