Il corpo era nudo, riverso a faccia in giù e di un grigio cadaverico. Schizzi di sangue macchiavano la neve tutt’intorno. La temperatura era di quindici gradi sotto lo zero, dato che poche ore prima era passata una tempesta. Nella tenue luce dell’alba la neve si stendeva immacolata, interrotta solo da una scia sottile che portava a un vicino edificio di ghiaccio. Una taverna. O ciò che in questa città era considerata una taverna. C’era qualcosa di fastidiosamente familiare in quel braccio scomposto, nella linea che andava dalla spalla ai fianchi. Ma era praticamente impossibile che io sapessi chi fosse. Non conoscevo nessuna persona in questo gelido avamposto in capo a un pianeta freddo e isolato che era quanto di più lontano ci fosse dal concetto Radchaai di civiltà. Se mi trovavo lì, su quel pianeta e in quella città, era solo perché avevo una faccenda urgente da sbrigare. I corpi sparsi per strada non erano affar mio. A volte non so perché faccio quello che faccio. Anche dopo tutto questo tempo, per me è ancora una novità non sapere, non avere sempre degli ordini da eseguire. Quindi non posso spiegarvi come mai mi fermai e sollevai con un piede quel braccio nudo in modo da poter vedere il viso a cui apparteneva. Era mezzo assiderata, ferita e insanguinata. E la conoscevo. Si chiamava Seivarden Vendaai e molto tempo prima era stata una delle mie ufficiali, una giovane tenente che in seguito era stata promossa e assegnata al comando di un’altra nave. Credevo fosse morta da mille anni, invece eccola lì: non c’erano dubbi. Mi chinai per sentirle il polso e il respiro. Era viva.
Il sottogenere della space opera ha una ricca e lunga storia all’interno della letteratura fantascientifica, ma ha iniziato a raggiungere un certo grado di riconoscimento e rispettabilità solo negli ultimi decenni. Secondo David G. Hartwell e Kathryn Cramer (The Space Opera Renaissance), l’epopea spaziale ha cominciato a ritagliarsi uno spazio importante nella science fiction contemporanea a partire dagli anni Ottanta, permettendo agli scrittori di realizzare un progetto ambizioso sia in termini commerciali sia letterari. Questo duplice obiettivo sembra essere incarnato perfettamente dalla trilogia Imperial Radch di Ann Leckie e, in modo particolare, dal primo volume della saga, Ancillary Justice. Le notevoli capacità narrative dell’autrice, attestate dal consenso di appassionati, colleghi scrittori e critici, sono certificate da una impressionante mole di premi e nomination (Hugo, Nebula, Arthur C. Clarke, BSFA, Locus, Kitschies, Seiun, Philip K. Dick, James Tiptree Jr., Compton Crook Awards).
Il romanzo è un’impresa ambiziosa anche dal punto di vista narrativo. Ancillary Justice è una space opera in cui ben poca azione si svolge nello spazio: le peripezie e i travagli della sua protagonista, Breq, sono per lo più legati al pianeta o all’habitat esotico in cui si trova. Maggior risalto è dato agli aspetti sociali e psicologici, rispetto a quelli connessi all’avventura cosmologica o alle operazioni militari. In questo futuro lontano, l’umanità si è disseminata in ogni angolo della galassia, plasmando una grande varietà di culture e generi umani. Da qualche millennio il regime interstellare spietatamente espansionistico dei Radchaai ha conquistato alla sua egemonia sistemi planetari refrattari attraverso un processo di annessione molto simile al modello dell’antico impero romano: conquista, assorbi, civilizza, arricchisci. L’incontro con altre potenti specie aliene, in special modo i Presger, arroganti, potenti e spietati almeno quanto i Radchaai, fa precipitare l’impero in una profonda crisi politica e con esso crolla anche il mondo di Breq, l’ancella (un corpo umano connesso a un’intelligenza artificiale) della nave spaziale Justice of Toren.
La vicenda inizia sull’arretrato mondo di Nilt, dove Breq è giunta alla ricerca di un oggetto che le permetterà di vendicarsi contro il Lord del Radch. La narrazione, in prima persona, alterna capitoli sull’odierna situazione a retroscena degli eventi e delle ragioni che hanno portato l’ancella a voler pareggiare i conti con il crudele dominio imperiale. Come in La guerra di Zakalwe di Iain M. Banks (terzo romanzo del suo celebre ciclo della Cultura), alcuni degli aspetti più sconcertanti dell’attuale svolgimento vengono alla fine spiegati dalla precedente cornice narrativa, che ha anche lo scopo di delineare la natura, la formazione, la cultura e le pratiche dell’impero politico e militare Radchaai. Dopo che i diversi sentieri temporali giungono ad incontrarsi, il libro cambia marcia e Breq si trova ad affrontare tutta la complessità di un mondo che forse non conosceva fino in fondo.
Un altro aspetto importante è la questione del genere. Una delle caratteristiche principali della cultura Radchaai è il rifiuto totale di usare i pronomi con un’impronta di genere (maschile o femminile), e non è soltanto una questione grammaticale, ma anche sociale e ideologica. In Ancillary Justice, la scrittrice usa un solo pronome (femminile) per riferirsi a tutti i suoi personaggi, tranne quando Breq si sforza di essere culturalmente sensibile verso alcune specie aliene. Questa impostazione della storia, scelta da Leckie, si riflette naturalmente sulla scrittura.
L'esperienza di lettura, in questo senso, è analoga a quella del romanzo del 1984 di Samuel R. Delany Stelle come granelli di sabbia (Stars In My Pocket Like Grains Of Sand), un romanzo in cui “lei” è il pronome personale standard mentre “lui” significa che il soggetto desidera fisicamente la persona di cui sta parlando. Una scelta tecnica di questo tipo, porta a domandarsi il motivo di questo escamotage. Nel caso di Delany, ciò può essere dovuto al fatto che i protagonisti sono uomini con specifici orientamenti sessuali, ma anche dall’intenzione dell’autore di liberare il lettore da una maniera di pensare univoca e standardizzata, mettendo in discussione quello che vede come un difetto grammaticale. Quando Leckie usa un pronome personale femminile per riferirsi a un individuo il cui genere non è stato specificato o è stato indicato come maschile, lo fa per scuotere chi legge dall’inconsapevole torpore ideologico in cui è caduto riguardo al modo in cui i generi dovrebbero integrarsi e provocando un vero e proprio terremoto nella produzione letteraria della moderna società patriarcale e maschilista.
Nel 2014, la casa di produzione Fabrik Entertainment e Fox Television Studios (The Killing, Burn Notice e The Americans) hanno opzionato per l’adattamento televisivo Ancillary Justice. L’autrice ne aveva dato notizia sul suo blog, aggiungendo profeticamente che opzione non significava che la serie tv avrebbe effettivamente visto la luce. Le principali preoccupazioni della scrittrice, rassicurata in questo senso dai produttori, erano quelle di esprimere in modo efficace “il genere” del romanzo sul piccolo schermo e di evitare il più possibile il “whitewashing”, ovvero di “imbiancare” troppo la storia rendendola quasi irriconoscibile. Gli anni sono trascorsi e durante il New York Comic Con 2017, quando le è stata posta di nuovo la questione sulla possibilità di adattare il libro ad altri media, Leckie ha affermato che la precedente opzione televisiva era scaduta, ma un’altra si profilava all’orizzonte e l’idea di vedere la sua opera in tv la emozionava enormemente.
Il libro
Su un lontanissimo pianeta coperto di ghiaccio, Breq sta per recuperare l’oggetto di cui è in cerca da tempo – un prezioso manufatto costruito dall’inconoscibile e temutissima specie aliena Presger –, quando si imbatte in un corpo semiassiderato nella neve: è Seivarden Vendaai, una persona che Breq credeva morta da mille anni. Perché Breq non è ciò che sembra: diciannove anni, tre mesi e una settimana prima di quel giorno era la Justice of Toren, una gigantesca astronave da trasporto truppe. Come tutte le navi dell’impero Radchaai, la Justice è un’intelligenza artificiale che controlla ancelle umane, ma ora che è stata distrutta della sua coscienza pensante è rimasto solo un frammento: Breq.
L’autrice
Ann Leckie è nata a Toledo, Ohio, nel 1966, è da sempre appassionata di fantascienza. Ancillary Justice, primo romanzo della trilogia Imperial Radch, ha segnato il suo esordio nel 2013 vincendo tra gli altri i premi Hugo, Nebula, BSFA, Arthur C. Clarke e Locus. Anche i successivi volumi, Ancillary Sword (2014) e Ancillary Mercy (2015), hanno vinto il Locus e sono stati finalisti al Nebula. Nel 2019 Ann Leckie ha pubblicato il suo primo romanzo fantasy, The Rave Tower.
Ann Leckie, Ancillary Justice, Traduzione di Francesca Mastruzzo, Urania Jumbo n. 10, Mondadori, pagg. 336, Euro 9,90 (versione cartacea), Euro 7,99 (versione digitale su Amazon.it e negli altri store online)
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