"La verità è che Venezia non è mai stata un luogo normale. Oltre alla stravaganza di crescere sull'acqua, questa città non è stata imbastita solo con legno, mattoni, marmo e vetro; ci si son messi di mezzo pure la nebbia, il vento di scirocco, una cadenza di flusso e riflusso di marea che sembra il respiro del tempo, l'adescamento delle fasi lunari... Ecco perché è così difficile, per chi volesse tentare l'impresa, incastrare Venezia nel casellario della razionalità". E' un estratto dal romanzo L'osella misteriosa del Doge Grimani, di Renato Pestriniero. L'opera è risultata vincitrice del I Premio Letterario Gianni Spagnol, ed è pubblicata dalle Edizioni Helvetia (Spinea, VE, 2001; pagg. 247, Euro 10,33). La trama è presto accennata. Siamo nella nostra epoca; padre Leon Miraflores officia nella chiesa di Santa Maria della Misericordia, detta "L'Abazia", costruita nel 939. Leon è uno studioso e scopre, indagando su vecchi documenti, descrizioni di eventi soprannaturali collegati alla presenza del tredicesimo esemplare di una misteriosa "osella", una moneta-medaglia di terracotta che i Dogi stampavano partire dall'anno 1521. Dai documenti si dedurrebbe che questo tredicesimo esemplare, dotato di particolari poteri, sia sepolto proprio nei sotterranei della sua chiesa.
Parte da qui un'avventura altalenante nel tempo, tra la Venezia attuale e quella del '500, "La Dominante", che vede impegnati padre Leon e soprattutto Alvise Donà, un giovane colto e sveglio che vivacchia lavorando nei centri sociali e che si presta a effettuare materialmente questi spostamenti d'epoca, d'intesa con padre Leon, dapprima a puro scopo conoscitivo: essere cioè personalmente testimone di "accadimenti arrivati a noi intrisi di ignoto, per poterli analizzare e forse spiegare alla luce delle conoscenza attuali".
Ben presto, tuttavia, il giovane Alvise e l'ecclesiastico si rendono conto di quanto la realtà di Venezia, e la stessa realtà umana, siano diverse dalle apparenze. La Dominante oggi mostra sono un riflesso opaco del suo splendore, delle sue magie, dei suoi incantamenti, a coloro che sappiano coglierli. Leon e Alvise si sono intromessi in un meccanismo che li farà testimoni di un antico contrasto tra forze rivali di cui poco o nulla trapela agli umani. Nella Venezia del passato, Alvise dovrà confrontarsi non soltanto con violenze, efferatezze, pestilenze, sordidezze, sporcizia, prostitute belle o brutte, personaggi generosi, ma anche con statue o cariatidi che improvvisamente diventano donne ammalianti, angeli in pietra su campanili che si accendono di luce dorata e volano giù a uccidere con spade di fiamma, ragazze affogate nella tempesta che rivivono nelle calli per accusare. Pare che l'umanità, in definitiva, sia solo una sorta di perverso "trastullo degli dei", e che Venezia sia un ideale crocevia di eventi straordinari, "una nave di pietra che da secoli viaggia in un mare incantato".
Renato Pestriniero pubblica narrativa fantastica e fantascientifica dagli anni '50. Senza enfasi, lo si può definire uno dei pochissimi "padri fondatori" della nostra fantascienza, per aver egli individuato fin dagli anni Sessanta una strada: quella che spontaneamente adattava l'immaginario tecnologico degli Asimov e dei van Vogt alle nostre coordinate culturali. Nel tempo, Pestriniero ha inoltre sviluppato e messo sulla carta i risvolti del suo particolare rapporto con la città lagunare in cui è nato e vive. Il risultato di questa creatività è una vasta bibliografia di storie fantastiche ambientate a Venezia e che disvelano atmosfere intime - suggerite più che dette - , scenari preziosi, misteri e tesori che i sensi della routine non sanno presentire. Quella che canta Pestriniero nelle sue pagine (e specie ne L'osella del Doge Grimani) è insomma una "anima" segreta di Venezia che oggi muore dolorosamente nell'indifferenza, giorno dopo giorno. Il che, nel romanzo di cui parliamo - finora la sua opera migliore - si coniuga con estro avventuroso, fantasia, turbinosa inventiva. L'Autore inoltre lavora intensamente sul linguaggio, mescolando in modo assolutamente naturale l'italiano con recuperi dialettali. Ma colpisce anche la capacità di rendere visivamente una città con i suoi anfratti, la sua "diversità"; insomma l'arte di narrarci Venezia come se fosse un pianeta lontano ricco di "sense of wonder". E se mancasse altro basterebbe solo questo: in un contesto globale che sta rimuovendo o degradando ogni "meraviglia", non è poco.
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