Marie Helene Haushofer, in un’intervista, confessò che il materiale per il romanzo La parete era sempre stato nella sua mente. Lo portò in giro con sé per diversi anni, senza prendere appunti o parlarne con nessuno. Si decise a scrivere solo dopo essersi trasferita, nel novembre del 1960, nella casa di Taborweg 19, nel centro di Steyr. Il manoscritto subì diversi rimaneggiamenti operati dalla scrittrice e dal suo mentore Hans Weigel, che ne curò la punteggiatura e la divisione in paragrafi, nonché il titolo. Dapprima si pensò a Die gläserne Wand (La parete di vetro), successivamente, però, venne semplificato in Die Wand (La parete). La prima stesura, a differenza di quella definitiva, era scritta in terza persona, ma l’autrice optò per la narrazione soggettiva più consona alla redazione di un diario o di una cronaca. La scrittrice, per rendere la storia più verosimile, si servì, inoltre, dell’aiuto del fratello Rudolf, esperto di silvicoltura, che rispose alle sue numerose domande sulla vita di piante e animali.
Pubblicato per la prima volta nel 1963 non riscosse il successo sperato, ottenendo comunque di essere ristampato qualche anno dopo (1968). Poi il silenzio. Soltanto molti anni più tardi, nel 1983, tredici anni dopo la scomparsa dell’autrice, il romanzo fu riscoperto diventando un libro di culto tra ambientalisti e femministe militanti.
Nella lettera di presentazione all’editore redatta da Hans Weigel, il famoso scrittore e critico teatrale austriaco paragonò l’opera della sua beniamina ai romanzi Robinson Crusoe di Daniel Defoe, Peste di Albert Camus e Risveglio della terra di Knut Hamsun. L’immaginazione di recensori e lettori si è soffermata prevalentemente sul primo dei testi indicati a causa delle innegabili assonanze. Entrambi i sopravvissuti, infatti, si trovano isolati in un luogo dai confini ben definiti, lottando giorno dopo giorno per la propria sopravvivenza. «Ma mentre Robinson sa cosa gli è successo, sa di essere un naufrago, sa di trovarsi su un’isola deserta, e dunque la sua disavventura può spiegarsi razionalmente, ciò che è accaduto alla protagonista senza nome della Haushofer non può nemmeno essere nominato concretamente. Lei stessa, dapprima, pensa alla guerra, cerca di ridimensionare l’inaudito, l’inspiegabile, finché arriva a una possibile spiegazione: “Forse la parete non era che l’ultimo tentativo di un essere torturato che doveva evadere, evadere o impazzire”» (estratto dalla Postfazione).
Il romanzo più importante di Marlen Haushofer giunge in Italia alla fine degli anni Ottanta, pubblicato dalle Edizioni e/o che, a distanza di diversi anni, lo ripropongono ai lettori con una nuova veste editoriale, assieme alle maggiori opere della scrittrice austriaca (Un cielo senza fine, Abbiamo ucciso Stella, La mansarda).
Nel 2012 La parete è diventato anche un film. Scritto e diretto da Julian Pölsler e interpretato da Martina Gedeck (Treno di notte per Lisbona, Anni felici), non è ancora stato doppiato in italiano.
Il libro
Una donna, una Robinson Crusoe dei nostri giorni, durante una gita in montagna rimane separata dal resto del mondo da una parete sorta misteriosamente e deve organizzarsi per sopravvivere, maturando un nuovo rapporto con la natura, gli animali, se stessa e il proprio passato. Pubblicato per la prima volta nel 1963, La parete si è imposto negli ultimi decenni come libro-culto tra i lettori di tutto il mondo, parallelamente alla crescita di una nuova coscienza ambientalista e femminile.
L’autrice
Marlen Haushofer (1920-1970), austriaca, è autrice di vari romanzi e racconti tra i quali Un cielo senza fine, La mansarda, Abbiamo ucciso Stella, pubblicati dalle nostre edizioni. Pur avendo ricevuto nel 1963 il Premio Schnitzler, è vissuta sostanzialmente ai margini degli ambienti letterari, scrivendo “sul tavolo della cucina”, la mattina presto, quando ancora marito e figli dormivano.
Marlen Haushofer, La parete, Traduzione di Ingrid Harbeck, Collana Le Cicogne, Edizioni e/o, pagg. 256, Euro 12,90 (versione cartacea), Euro 8,99 (versione ebook).
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