Apprendiamo da un post su Facebook della Casa editrice Armenia della scomparsa, ieri, del suo fondatore, Giovanni Armenia.

Armenia aveva fondato la casa editrice nel 1972, per pubblicare la rivista Arcana, poi diventata Gli Arcani, dedicata al mondo dell'occulto e del mistero. Alla metà degli anni Settanta assume un giovane Vittorio Curtoni, proveniente dall'esperienza come curatore di Galassia per La Tribuna, per dirigere la rivista Robot, che vede la luce nell'aprile del 1976. Negli anni seguenti sempre sotto la cura di Curtoni e di Giuseppe Lippi arriveranno altre riviste (Aliens) e collane (I libri di Robot, Omicron). Negli anni novanta la casa editrice, oltre a continuare le sue pubblicazioni di esoterismo, new age, astrologia, comincia a costruire un notevole catalogo di letteratura fantasy pubblicando tra l'altro le serie di Dragonlance, Forgotten Realms, Malazan e autori come Margaret Weis, Tracy Hickman, R. A. Salvatore, Jean Rabe, Terry Brooks, Ed Greenwood e Richard A. Knaak. Tra i tanti stranieri anche un italiano, Dario de Judicibus.

Nel 2015 vende la casa editrice, ormai prossima alla chiusura, a gruppo Castello e da Rusconi Libri, ma proseguono tuttora le pubblicazioni sotto il marchio Armenia.

Se le notizie sulla casa editrice sono facilmente reperibili, quasi nulla purtroppo abbiamo trovato sulla persona di Giovanni Armenia. Se qualcuno ha informazioni da fornirci per migliorare la completezza di questo articoli sarà benvenuto.

Pubblichiamo un ricordo di Dario de Judicibus:

Giovanni era un editore per vocazione e per passione. Per lui fare l'editore non voleva dire essere un imprenditore ma una sorta di missionario. Per questo non aveva paura a pubblicare scrittori emergenti e opere che altri erano restii a pubblicare per timore che non "sfondassero". Di fatto era un "artigiano" dell'editoria e, come tutti gli artigiani, metteva amore in quello che faceva. Come purtroppo molti artigiani, alla fine ha dovuto cedere il passo a chi segue logiche più "commerciali" e più "consumistiche" ma, fino all'ultimo, è rimasto sulla nave come fa ogni buon comandante. Perché Giovanni, soprattutto, era un gentiluomo.