Spatterlight è l'agenzia di proprietà del figlio di Jack Vance, John, e di Koen Vyverman, che sta curando l'edizione in USA e in altri paesi di tutte le opere dello scrittore americano. In Italia Spatterlight sta lavorando con Delos Digital per recuperare e editare le traduzioni disponibili o commissionarne di nuove, laddove la prima si occupa delle versioni cartacee e la seconda, sotto la supervisione di Silvio Sosio, degli ebook. Sono sei i titoli usciti fino ad ora: Stazione Araminta (Araminta Station), Ecce e la Vecchia Terra (Ecce And Old Earth) e Throy (Throy), appartenenti al ciclo Le cronache di Cadwal, nella traduzione di Gianluigi Zuddas, e Lyonesse: Il giardino di Suldrun (Lyonesse: Suldrun's Garden), Lyonesse: La perla verde (The Green Pearl) e Lyonesse: Madouc (Lyonesse: Madouc), appartenenti al ciclo di Lyonesse con la traduzione di Annarita Guarnieri. Per la prima volta in Italia, poi, la Delos Digital ha anche pubblicato l’autobiografia di Vance, dal titolo Ciao, sono Jack Vance! (e questa storia sono io) (This Is Me, Jack Vance! (Or, More Properly, This Is I)), tradotto per l’occasione da Marco Riva.
Per quai pochi lettori che non lo conoscessero, diciamo che Jack Vance (1916-2013) è stato uno dei più grandi autori di fantascienza e fantasy. Nella sua carriera ha scritto decine di romanzi di fantascienza, fantasy e gialli, per un totale di oltre sessanta libri; tra i titoli più famosi ricordiamo i cicli di Lyonesse, dei Principi demoni, di Alastor.
Per cnoscere meglio Vance, abbiamo intervistato Silvio Sosio, direttore della Delos Digital, anche per farci raccontare come è nato questo progetto editoriale e quali sono i prossimi titoli che verranno pubblicati dello scrittore americano.
Volevo chiederti, prima di tutto, come è nata la collaborazione con la Spatterlight, l'agenzia di proprietà del figlio di Vance, John, e di Koen Vyverman, che sta curando l'edizione negli Stati Uniti e in altri paesi di tutte le opere di questo grande autore.
Be’, è stato molto semplice. Avevo saputo che un traduttore che aveva lavorato con noi, Marco Riva, stava traducendo in italiano per Spatterlight la biografia di Vance. Ho chiesto dei riferimenti per contattarli e vedere se potevamo fare qualcosa insieme, spiegando cosa faceva Delos Digital, e ho incontrato grande interesse. Koen e John sono persone estremamente amichevoli e il loro interesse è soprattutto culturale, promuovere e rendere disponibile l’opera di Vance. Anche per me è la stessa cosa.
Quale posto occupa, a tuo avviso, Jack Vance nella storia della fantascienza e quale è stato, invece, il tuo incontro come lettore con questo autore?
Io ho cominciato a leggere Vance negli anni Ottanta, in pochi anni ho letto tutto quello che era stato pubblicato in Italia, andando a cercare anche edizioni già rare all’epoca. Un amore che però nel tempo non si è ridimensionato, e che mi ha portato anche a rileggerlo altre volte. È difficile valutare Jack Vance, non è uno di quegli autori come Philip Dick o Ursula Le Guin che ti restano impressi per la grandiosità delle opere o dei temi. Vance non è un grande che guardi dal basso in alto, è più un amico che ritrovi, un nonno che ti delizia ascoltare. I suoi personaggi non sono mai grandi eroi ma persone normali con difetti e pregi normali. È uno scrittore molto speciale, che ha affascinato e ispirato generazioni di scrittori – Ursula Le Guin, per esempio, era una sua ammiratrice assoluta.
Vance è uno dei più visionari scrittori di science fiction, ma quali sono, a tuo avviso, le peculiarità di questo scrittore? In altre parole, cosa deve aspettarsi un appassionato che voglia cominciare a leggere Jack Vance?
Jack Vance viene spesso descritto come “il paesaggista della fantascienza”. In realtà più che descrivere paesaggi è bravo a descrivere popoli, quasi sempre umani o umanoidi ma con caratteristiche così vivaci da lasciare a bocca aperta. Immaginate di essere un europeo dell’Ottocento che legge storie di viaggio che raccontano degli Zulù, dei Mongoli, dei Maori, con ricchezza di dettagli, colori, usi insoliti e strani costumi. L’effetto è quello, anche se ciò che racconta Vance non nasce dall’esperienza ma dalla sua fantasia.
Vance è soprattutto uno scrittore di avventura, che sia ambientata nell’ammasso stellare di Alastor o nelle perdute isole Elder a sud dell’Irlanda non fa poi grandissima differenza. Quello che conta sono gli esseri umani che mette in scena, i loro drammi, la loro pervicacia nell’affrontarli, i loro valori morali.
A leggere l’autobiografia di Vance si scopre che ha fatto più volte il giro del mondo e che è stato un vero e proprio vagabondo, portandolo a conoscere tante persone e tante culture diverse dalla sua. Quanto quest’aspetto della sua vita ha influito sulle sue opere, secondo te?
Totalmente. Intanto in modo pratico: Vance ha cominciato a scrivere narrativa quando era in marina, e aveva quindi molto tempo libero. Ma anche dopo ha continuato a viaggiare, ma a modo suo: non come un turista che prende un aereo, scende in un hotel, guarda qualche attrazione e riparte. Vance prendeva la macchina, se la portava anche oltreoceano, con tutta la famiglia, e girava. Prendeva in affitto una casa e vi restava qualche mese, conosceva le persone, si faceva amici, poi andava da qualche altra parte. In questo modo davvero veniva a contatto diretto con persone qualsiasi, conosceva davvero la varietà dell’umanità. Che poi poteva espandere e proiettare su tutta la Galassia.
Vado a memoria, ma non ci sono state, nella storia dell’editoria di fantascienza, tante occasioni in cui un editore si è accollato l’onere e l’onore di pubblicare molte opere di un singolo scrittore. Mondadori ha sicuramente pubblicato quasi tutto Asimov, così come Fanucci si è occupata di Dick e ancora la Feltrinelli ha editato tanto di Ballard. Quali sono state le difficoltà che avete incontrato nel momento in cui avete deciso di pubblicare le opere di Vance?
Be’, c’è una grossa differenza tra i casi che hai citato e il nostro: Dick e Asimov sono stati monopolizzati dai rispettivi editori perché erano autori popolari e redditizi. Vance, purtroppo, non lo è altrettanto, o non lo è più. Sono tanti i lettori che lo amano in Italia, ma resta un autore di nicchia, e chi lo ama comunque ha già quasi tutto in edizioni precedenti. Per noi che pubblichiamo solo l’edizione ebook coprire i costi delle traduzioni non è semplice. Molti libri dovremo farli tradurre ex novo perché sembra difficile per motivi tecnici legali riuscire a recuperare le traduzioni esistenti. Vedremo cosa riusciamo a fare.
Oltre all’autobiografia, fino ad oggi la Delos Digital ha pubblicato in ebook la trilogia di Cadwal – formata dai romanzi Stazione Araminta, Ecce e la Vecchia Terra e Throy – nella traduzione di Gianluigi Zuddas, e i tre romanzi del ciclo di Lyonesse, ossia Lyonesse: Il giardino di Suldr, La perla verde e Madouc, tradotti da Annarita Guarnieri. Ci puoi dire quale è stata l’accoglienza degli appassionati italiani per questi primi sei titoli?
C’è molto entusiasmo, soprattutto nella community dei fan di Vance. Le vendite sono buone ma ci aspettavamo anche qualcosa di più; speriamo che col tempo crescano, man mano che cerchiamo di far rinascere l’interesse per questo straordinario autore.
Ci puoi dare qualche anticipazione sui titoli che verranno pubblicati nel 2020?
Nel 2020 incominceremo con la trilogia di Alastor e sicuramente uscirà anche un’antologia di racconti con materiale inedito. Ma il programma è ancora da definire nei dettagli e non posso fare anticipazioni ulteriori. Sicuramente saranno libri bellissimi, che non si potrà fare a meno di amare.
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