È sempre il 30 ottobre a Lucca Comics & Games e sembra che i “mostri sacri” del fumetto si siano dati appuntamento in sala stampa quasi simultaneamente. È il tardo pomeriggio, fuori una pioggerellina fastidiosa quanto fredda potrebbe immalinconirci, ma l'incontro con Don Rosa rende tutto più gradevole, quasi magico.
Uno dei più grandi autori Disney a pochi passi da noi, solo il tavolo delle conferenze a dividerci.
È cordiale, molto professionale e questa è la sua caratteristica principale. Un autore che ci parla di lavoro e che è sì ben felice di essere ospite in questa manifestazione, ma che sa bene che sempre di lavoro si tratta. Conosce già vagamente la cittadina di Lucca, ma non avrà il tempo di poterne godere le architetture. Lui è qui per coloro che lo apprezzano, i fan, per firmare autografi e stringere contatti. Un'ammissione di professionalità a tutto tondo.
E proprio parlando da professionista un poco di amarezza nel parlarci di come la Disney, questa “company” – e qui rimando anche al mio articolo su Chris Claremont – tratti i personaggi suoi e di Carl Barks in termini di sfruttamento. Non si può paragonare il suo lavoro a prodotti commerciali come i cartoni animati tipo Duck Tales. Una nota triste, molti bambini americani conoscono prima i cartoni animati e poi, forse, i fumetti, i fumetti originali.
Il padre putativo di Zio Paperone, l'erede effettivo del lavoro di Carl Barks è amaro nel suo parlare, ma la company è questo e ormai qualsiasi artista lo sa fin troppo bene. Ed è per questo che se il lavoro in Europa ancora lo appassiona e trae energia positiva e voglia di fare grazie ai fan non ha intenzione di tornare a lavorare per un colosso come Disney che della magia ha fatto commercio sgretolando la vena artistica. Una vena che lo ha portato a invetare storie sin da ragazzo con la collezione di fumetti della sorella, con quello che riusciva a fare con gli amici, con le prime fanzine. Uno spirito che in Europa, appunto, ha saputo ritrovare e mantenere, ma che non lo porterà più a lavorare con il colosso americano che ha sfruttato i suoi lavori con mille tipi di merchandising senza che gli venisse retribuito alcunché.
Ed è proprio questa logica tipicamente da company americana che non gli piace. Tutto il sistema in sé che soprattutto porta avanti fumetti supereroistici che, comunque, lui non segue. Una scena artistica improntata solo ai super eroi che – a suo dire – è molto differente dalla vastità e varietà di progetti che vengono invece seguiti nel Vecchio Continente.
E il suo impegno è tutto per noi, per i suoi fan, per le persone da cui trae energia e alle quali ha voluto restituire uno Zio Paperone più “umano” ricco di sfaccettature e sentimenti profondi. Non possiamo che ringraziarlo per il suo impegno e la sua costanza. Per il grande affetto che prova per tutti noi lettori.
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