Mercoledì 30 ottobre, sono appena le dieci e trenta del mattino e già la manifestazione si anima con grandi novità e ospiti prestigiosi.
Nella sala Oro della Camera di Commercio possiamo subito incontrare un “mostro sacro” che non ha certo bisogno di presentazioni. Chris Claremont ci saluta con un sorriso cordiale e subito si dispone a rispondere alle domande che cominciano a fioccare numerose.
Si parla di accettazione della diversità che è il tema conduttore dei comics di quest'anno e lui ci parla della vita a New York ricca di continui stimoli per uno scrittore. Basta uscire di casa per poter gustare tanti tipi differenti di cucina, da quella meridionale o settentrionale d'Italia, a quella algerina o alle cinquantamila (sic) versioni di cucina indiana. Claremont ci tiene a sottolineare che gradisce la pizza e che va gustata come farebbe John Stewart ovvero col metodo “a portafoglio” e non certo come invece fa il sindaco di NY con coltello e forchetta. Dopo la divertente digressione sul cibo Claremont continua parlando di come la diversità sia l'elemento chiave per chi fa dello scrivere un mestiere. Si “ruba” incontrando persone, ascoltandone le storie, vivendo in un amalgama il più possibile eterogeneo.
La conversazione passa poi sui New Mutants su cui lo scrittore lavorò circa trentasei anni fa. Claremont sorride e afferma che “a quei tempi” sfornavano una storia al mese, poi ci sono voluti trentotto anni prima che la Marvel decidesse di pubblicare una nuova uscita. I tempi sono cambiati, ma lui è contento di poter riprendere quel lavoro.
Per quanto riguarda invece l'annoso problema della continuità dei suoi personaggi c'è un'alzata di spalle. Sì, gradirebbe una collaborazione diversa coi colleghi, ma alla fin fine è la “Company” che comanda, che essa sia Marvel, DC o Disney. Chi detta legge, in questo caso, è la Marvel e lui anche se prova dei sentimenti come scrittore non può esternarli e da bravo “impiegato” accetta le politiche editoriali.
L'attenzione si sposta sui film degli X-Men, cosa ne pensa? Ed è qui che mi rendo conto di avere davanti un attore consumato, un artista che dal palcoscenico non è mai sceso. Ci risponde che ha trovato “cool” – “fighissimo” poter incontrare attori del calibro di Sir Ian McKellen ed è stato orgolioso di sapere che un simile attore potesse ricordare il suo nome. Claremont è rimasto anche stupito che a Lucca verrà fra pochi giorni Patrick Stewart. Lui lo ha incontrato una settimana fa a Londra e anche quello è stato un momento emozionante. A Claremont brillano gli occhi quando parla di Stewart, McKellen e Hugh Jackman – ci racconta di aver persino esultato al cinema durante una delle prove attoriali di quest'ultimo – e non posso non notare l'ammirazione di chi ha recitato. Chi sale sul palco difficilmente vuole lasciarlo, lo so, alcuni non lo fanno mai.
Purtroppo di alcuni film non può dir bene, o meglio, sono ottimi film come Dark Phoenix, ma non sono centrati sulla storia. Welcome to Hollywood, esclama, ed è la verità.
Alla domanda su come gestisce la continuità delle sue storie risponde in modo molto naturale. La continuità è la vita con le sue scelte, le sue sfaccettature. Non c'è una programmazione costante a tavolino perché per progetti anche lunghi si affida proprio al corso naturale della storia, il ritmo della vicenda ha un respiro naturale e i personaggi compiono scelte esattamente come lo farebbe qualsiasi essere vivente. Ogni scelta è una sorpresa, una svolta.
La voce di Claremont è chiara e le sue espressioni sempre molto azzeccate. Parla con fluidità, non è affatto timido, e “tiene banco” in modo istrionico.
Sì, a mio avviso un attore che ha deciso di vivere altre mille e mille vite grazie alla scrittura per non scendere mai da quel palcoscenico tanto amato.
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