Nella recensione a fumetti del film L’Uomo d’acciaio, Leo Ortolani presenta in una vignetta la riunione dei “soffertoni della DC” con questo scambio di battute:

“Per festeggiare reciteremo i vespri!”

“Non sarà troppo gioioso?”

“Magari possiamo anche digiunare”.

La didascalia della vignetta seguente recita: “E la Marvel? Sta facendo i Guardiani della Galassia: la storia di un gruppo di avventurieri spaziali, tra cui un albero e un procione.” E sotto il disegno di quattro allegroni Marvel che fanno un trenino al suono di “A-E-I-O-U-IPSILON!”.

Questa per me è la sintesi perfetta delle ragioni che hanno portato il DC Extended Universe a sgonfiarsi come un soufflé cotto male.

Troppa serietà.

Tutto comincia con la trilogia de Il Cavaliere oscuro ad opera di Christopher Nolan, Tengo a precisare che per me non esiste a tutt'oggi una trilogia su un supereroe che riesca a toccare le vette di questa, ma voler far discendere dal tono cupo, dark, serissimo di questi film un intero universo supereroistico è stata la scelta meno oculata che la DC potesse fare.

Man of Steel
Man of Steel

La trilogia di Nolan andava considerata come un Elseword (collana a fumetti dedicata a storie scritte e disegnate per i supereroi da autori liberi di darne la loro interpretazione, anche distante anni luce dal canone classico) e non doveva scurire i colori brillanti di Superman ammantandolo di una problematica messianica, che solo da qualche anno è comparsa sui comics. Tra l'altro, mentre Batman aveva nel suo passato solo film cinematografici e una unica serie televisiva risalente al 1966 (quella “camp” con Adam West), Superman era stato presente per molto tempo (e con alterne vicende) sui canali televisivi, prima con Lois & Clark (1993-1997) e poi con Smalville (2001 – 2011), creando nelle generazioni più giovani una idea molto diversa dal tormentato Clark interpretato da Henry Cavill, e a nulla vale leggere le interviste di chiarimento rilasciate da Zack Snyder e David Goyer, regista e sceneggiatore che parlano di una evoluzione successiva del personaggio. Abbiamo in scena Superman che abbatte grattacieli, va in berserker e uccide e, inutile girarci attorno. Non ha niente a che vedere con quello che conoscevamo e abbiamo letto o visto.

Batman v Superman: Dawn of Justice, il secondo film del DC Extended Universe, potrebbe funzionare se non rimanesse in bilico tra il voler mettere sullo schermo l'epico scontro tra Super e Bat visto in Il Cavaliere Oscuro di Frank Miller e l'ennesima reinterpretazione cervellotica, invece complica tutto e risolve con un fracasso caotico dal quale emerge una sola nota positiva: Wonder Woman.

Nemmeno un film come Suicide Squad convince appieno, per come erano partiti Trailer e Teaser avrebbe potuto essere una specie di Guardiani della Galassia dark e invece anche lì, fracasso, tristezza, pessimismo… e fastidio.

Ma torniamo a lei: Wonder Woman. Il suo film in assolo, utile per introdurre il personaggio con una operazione simile a quella fatta dalla Marvel per Capitan America, funziona e diverte, è una boccata d'aria fresca, eroica, scanzonata, divertente.

È anche il primo film #metoo dei cinecomics, opera di una regista e di una attrice che disegnano un personaggio femminile forte ed empatico.

Non per niente, in Justice League, film successivo dell’universo DC, è a lei che viene assegnato il compito di vero leader della squadra. Batman appare fintamente imbolsito e Superman è ancora più strano di prima visto che è appena risorto. Ci vediamo rifilare un Flash simpatico ma straniante, Cyborg che sembra destinato a fare da tappezzeria e un discreto Aquaman dai toni guasconi e l'imponenza fisica di Jason Momoa con il risultato che il film della squadra di supereroi più vecchia dei comics, una vera icona, quella alla quale si sono ispirati anche gli Avengers, si trasforma in un “vorrei ma non posso”.

Lo standalone di Aquaman raggiunge ottimi risultati, forte della presenza di Jason Momoa che, come sempre, fa Momoa (provocando legittime impennate estrogeniche nelle spettatrici) e presentando una visione collaterale dell'universo DC, cercando allo stesso tempo di trovare il registro della spensierata avventura. Tutto sommato ci riesce e dimostra come sia utile, per gli spettatori, un ulteriore passo di lato rispetto alla cupezza di Batman e Superman.

Se andiamo a guardare i programmi futuri del DCEU, possiamo notare di una certa “elasticità” nelle uscite e nei personaggi coinvolti, per ora l'unica certezza è Wonder Woman 1984 e se invece vogliamo parlare di novità la presenza di James Gunn (papà del Guardiani della Galassia) al timone del secondo Suicide Squad fa ben sperare.

Quello che invece fa la differenza tra DC e Marvel è la produzione di film che presentano interpretazioni di eroi o cattivi avulse da quello che potrebbe essere l'universo condiviso (come il Joker interpretato da Joaquin Phoenix), una scelta che fa pensare ad una momentanea (se non definitiva) sospensione del progetto DC Extended Universe.

A mio giudizio, l'errore principale del DCEU, oltre alle radici cupe e serissime, è quello di non aver voluto tenere presente un altro universo che vive e ha successo, un universo nel quale troviamo da un lato Flash, Arrow, Supergirl, Legends of Tomorrow e dall'altro i Titans e la Doom Patrol: quello televisivo.

Il tono di queste serie, pur essendo tutte improntate ad un certo cauto revisionismo dei personaggi DC, non ha nulla da invidiare al Marvel Cinematic Universe. Ma a quanto pare nei piani alti della Warner/DC la pensano diversamente.

Anche se qualche segnale di ravvedimento c'è, come ad esempio il permesso di far comparire Superman nella serie della cugina, e la presenza di Batman in qualche episodio di Titan.

Il cuore di un universo supereroistico è la serialità, il mix tra avventura, dramma, divertimento, la presenza di avvenimenti catastrofici ed epocali che apparentemente sconvolgono tutto senza poi sconvolgere nulla. Morti che non sono tali, nemici che diventano amici e viceversa.

E tutto questo nelle serie televisive c'è, eccome, anche a fronte di budget inferiori rispetto al cinema.

Strano che a nessuno sia venuto in mente che piazzare nel film della Justice League il Flash televisivo e/o Arrow avrebbe portato al cinema molti più spettatori di quanto abbia fatto il recasting di uno e l'aver ignorato del tutto l'altro.

I tempi non sembrano ancora maturi per una perfetta osmosi tra serie TV e film e questo non riguarda solo l'universo DC, considerando quanto sta succedendo tra Marvel e Netflix.

Ma questa, come si dice, è un'altra storia.