Men in Black 3
Men in Black 3

Il primo Men In Black è datato 1997, ovvero 22 anni fa. Mentre il franchising cinematografico andava avanti, il mercato dell'intrattenimento è ampiamente mutato e con l'avvento delle piattaforme web e la conseguente esplosione delle serie, la diversificazione delle proposte ha portato i “consumatori” a sviluppare una maggiore esigenza di originalità nei confronti sia delle nuove proposte che delle operazioni di recupero di vecchi franchising. L'esempio principale è Ghostubusters con il flop del nuovo episodio/reboot. MIB, che deriva da una serie a fumetti della quale sono state annacquate diverse tematiche (nel fumetto gli agenti non “sparaflashano” i testimoni ma li eliminano e l'organizzazione MIB in realtà vuole plasmare il nuovo ordine terrestre e non solo mantenere la pace), ci riprova cambiando protagonisti e angolazione della storia con Men in Black: International. Spostandosi dagli USA al Regno Unito e affidandosi ad una nuova coppia di agenti. Pensando proprio al primo episodio, quello diretto nel 1997 da Barry Sonnenfeld, viene in mente una sequenza giocata sugli equivoci di cui sono protagonisti Will Smith (agente Jay) e la dottoressa Weaver interpretata da Linda Fiorentino. La dottoressa cerca di avvisare Jay della presenza di un alieno nascosto dietro di lei, ma lui interpreta i suoi cenni come un tentativo di seduzione. “Devo farti vedere una cosa” dice lei indicando verso il basso la zona dove è nascosto l'alieno e Jay le risponde: “Ehi ehi, tranquilla ragazza, non è il caso di andare così veloce”. Un attimo dopo si scatena l'azione. Questo è l'esempio emblematico dello spirito che ha reso vincente MIB sin dall'inizio: non prendere mai sul serio anche la più grave delle minacce riguardo la vita degli agenti o, perché no, dell'intero pianeta Terra. Ed è proprio questo livello di humor il grande assente nell'ultimo episodio nella sale.

Men in Black: International alza la posta sugli effetti speciali e sposta l'azione in tutto il mondo, ma il primo episodio era un classico film estivo da intrattenimento, leggero e godibile, spettacolare e divertente. La coppia di strani poliziotti composta dallo scoppiettante Will Smith e dal seriosissimo Tommy Lee Jones regala bei momenti e diverte mescolando il buddy buddy poliziesco con la fantascienza weird, giocando soprattutto sulla sorpresa dello svelamento delle presenze aliene sulla Terra e delle loro minacce. Cosa che, purtroppo, nell'ultimo episodio appare scontato e prevedibile.

Tessa Thompson (la Valchiria dell'Universo Marvel, ma anche una delle protagoniste della serie Westworld) è Molly, una ex ragazzina geniale cresciuta a pane e Stephen Hawking (di cui considera i libri come ottima lettura per conciliare il sonno) con l'ossessione di trovare il modo per unirsi alla organizzazione del MIB dopo che, in infanzia, ha assistito ad un incontro del terzo tipo e conseguente intervento degli agenti nerovestiti che hanno “sparaflashato” i suoi genitori. Crescendo la ragazza si dedica all'hackeraggio e si mantiene in ottima forma diventando un appetibile agente anche per CIA ed FBI, finché non riesce ad entrare nella sezione locale del MIB, dove incontra Emma Thompson, l'agente capo O, cui chiede di essere presa per un periodo di prova. O, anche se riluttante, la recluta con il nome di agente M e la spedisce a Londra a fare coppia con l'agente H (Chris Hemsworth) per una semplice missione di scorta che non dovrebbe rappresentare un problema, peccato che il tutto sfoci in una minaccia globale. La dinamica H-M è classica, lui è l'agente esperto convinto di essere fin troppo bravo per un partner e lei fa ogni cosa solo per farsi notare e mettere in evidenza quanto sia brava. Sono la classica coppia male assortita di poliziotti, con background differenti e soprattutto visioni del mondo radicalmente divergenti. Sappiamo bene che dopo aver attraversato tutta una serie di conflitti e sfide reciproche si incontreranno a metà strada consapevoli di aver positivamente impressionato l'altro. Ma a differenza della coppia originale, dove Smith e Jones capivano di essere complementari non cedendo mai il passo all'altro pur rispettandosi, qui nonostante la chimica tra i due funzioni bene a livello personale (forti anche della loro collaborazione nel MCU) non lo è altrettanto per come sono stati scritti i personaggi. La tensione tra i due è blanda sin dall'inizio, e non guizza nemmeno con i (telefonati) colpi di scena cui vanno incontro.

L'agente M riesce infine ad impressionare O, ma sempre mantenendo un basso profilo e H, che dovrebbe rappresentare il veterano demotivato alla fine della carriera, è fin troppo guascone e pieno di se. Gli sceneggiatori Matt Holloway e Art Macum, sembrano fin troppo preoccupati di rendere i personaggi piacevoli in ogni istante piuttosto che donare loro una personalità spiccata e non stereotipata. Tutto ciò rende International un film carino ma niente di più, anche la presenza degli alieni provenienti dagli episodi precedenti del franchising (più, ovviamente, il cattivo originale dell'episodio) non sposta il giudizio, nonostante gli effetti speciali siano di ottima fattura.

Gli intermezzi comici sono appannaggio del piccolo alieno verde Pawny, la cui presenza o assenza, però, non avrebbe cambiato una virgola della storia. Guardando il film sorge il sospetto che il montaggio abbia tagliato scene utili (che forse non sono mai state girate), scegliendo la ormai ben rodata strada di affastellare azione ed effetti per far arrivare alla fine della giostra uno spettatore senza fiato. Peccato, però, che quando il fiato ritorna, porta con se una sensazione di vuoto e sbigottimento. Anche la storyline che coinvolge H e la sezione londinese con il suo capo T (Liam Neeson) in una caccia alla talpa, nonché le tensioni tra la neofita agente M e l'agente C, restano confinate nel linguaggio cinematografico più basico con qualche colpo di scena che però induce più di un dubbio nello spettatore per la coerenza nella trama. Intendiamoci, il franchising di MIB non è certo teatro di complesse figure dalle multisfaccetatture psicologiche o di plot “architettati come un congegno ad orologeria”, e la coppia Hemsworth/Thompson funziona discretamente tanto da giustificare un paio d'ore di divertita visione, ma anche la loro presenza appare defilata rispetto agli effetti speciali profusi in alieni, battaglie e ambientazioni tanto da fare di questo episodio la versione più simile a Star Wars mai vista al punto che viene da chiedersi se ci sono tanti e così vari alieni sulla Terra quanti umani/terrestri originali siano rimasti?

Comunque, se avete voglia di un paio di ore piene di strani alieni in mezzo ai quali si muovono due tipi simpatici con una buona chimica interpersonale Men In Black: International è di sicuro il film da vedere quest'estate: un classico esempio di film che non corre alcun rischio e porta a casa un (prevedibile) risultato.