Quelli di voi che hanno iniziato leggendo i fumetti Marvel/Corno avrebbero mai immaginato che un giorno Spider-Man, gli Avengers, gli X-Men e tutti gli altri personaggi dell'universo Marvel sarebbero stati così celebri? Io no di sicuro. L'odierno successo planetario dei cinecomics a base di supereroi è senza dubbio merito della nascita dei Marvel Studios. Ad onor del vero c'è voluto un po' per convincere la Casa delle Idee a gestire in proprio i personaggi che non avevano ceduto a terzi (Fox e Sony) come gli X-Men e Spider-Man, ma quando si sono decisi l'hanno fatto alla grande e in maniera anche particolare.
Diciamolo, avreste mai pensato di proporre come primo cinecomics Iron Man? Beh, loro su Testa di Ferro hanno costruito tutta la prima fase del Marvel Cinematic Universe. Infatti, quella di Iron Man è a tutti gli effetti la trilogia fondante, e già in essa troviamo una particolarità dei successivi film: inserire ogni supereroe in un certo sottogenere di narrativa fantastica e di intrattenimento. Per Iron Man il genere è quello del techno-thriller. Complice un Robert Downey Jr assolutamente perfetto quale Tony Stark, nel primo film si decide di bruciare le tappe di anni e anni di fumetti, dimostrando (qualora ce ne fosse ancora bisogno) che il cinema ha tempi ed esigenze diverse dalla carta stampata, e così nel giro di un solo film passiamo dalla pesante armatura “stile stufa a carbone” alla versione anni novanta ma, soprattutto, nel finale arriva il colpo diretto. Tony Stark dichiara: “Io sono Iron Man” e su questa frase viene costruita l'iniziativa Vendicatori e ogni altro film. I tre film del vendicatore d'argento, nel complesso, si meritano una sufficienza piena, il secondo introduce Natasha Romanoff/Vedova Nera, pur rimanendo un po' sottotono rispetto al primo (eppure il regista è sempre Happy Hogan/Jon Favreau), mentre il terzo (ad opera di Shane Black e pur rimanendo l'Iron Man che ha incassato più di tutti) ci catapulta nelle ultime vicende Marvel con la saga di Extremis, togliendo a Tony Stark l'esigenza di avere un reattore al centro del torace (ma chiarendo del tutto che Tony è Iron Man con o senza armatura) e, soprattutto, regalandoci un Mandarino davvero deludente, un attore alcolizzato ridotto ad un fantoccio nelle mani di Killian.
È dall'uscita del film che i fan si sono divisi, ma forse la ragione più plausibile di una simile scelta, nell'ottica produttiva Marvel, va ricercata nell'evitare la creazione di un imbarazzante cattivo/etnico in stile Fu Manchu che incarni il Pericolo Giallo in previsione dell'apertura al mercato cinematografico cinese, ovvero uno dei più ambiti per i produttori di Hollywood.
Dalla scena postcredit del secondo Iron Man si apre lo scenario del New Mexico, Land Of Enchantements, dove atterrerà il secondo supereroe membro fondatori degli Avengers: Thor che esplora il sottogenere fantasy.
La sua trilogia è la più strana di tutte, e forse anche la meno apprezzata. Ad un primo film che comunque appassiona perché presenta il personaggio ed il suo mondo metà Asgard e Metà Midgard (la Terra con lo S.H.I.E.L.D. e Hawkeye Clint Barton) diretto da Kenneth Branagh, nonché dotato di un certo fascino specialmente nelle scene Asgardiane, segue un secondo episodio (The Dark World) assegnato ad Alan Taylor (regista proveniente da Game Of Thrones e responsabile anche del non eccelso Terminator Genisys) che non ha appeal né per i fan di vecchia data ed età né per i giovani neofiti. Chris Hemsworth è fantastico nella parte, l'errore di casting, tuttavia, è Natalie Portman. La Portman non è un attrice da franchising, come già ampiamente dimostrato in Star Wars, non solo perché viaggia al minimo sindacale diversamente da tante altre pellicole dove da tutta se stessa con ottimi risultati, ma alla fine si dichiara anche pentita di aver partecipato a simili operazioni di cinema commerciale instaurando un rapporto con la produzione quantomeno ambiguo. Questo porta il pubblico a non capire mai cosa diavolo faccia Jean Foster nel suo presunto rapporto con Thor fino a lasciare cadere la storyline con nonchalance per tuffarsi in un terzo episodio assolutamente spiazzante. Thor senza martello Mjolnir, senza un occhio e senza poteri, con un taglio di capelli alla Capitan America viene lanciato nell'universo galattico Marvel multicolore e picaresco, forse anche troppo a giudizio di qualcuno.
Rispetto alle prove precedenti, però, il terzo episodio (Ragnarok) non solo accelera cinematograficamente saghe interminabili dei comics ma alla fine risulta più piacevole (anche se effettivamente qualche battuta in meno ci stava) e avvincente, aprendo con la sua scena finale l'ingresso alla battaglia del secolo: Avengers Infinity War.
Se Iron Man e Thor convergono per creare il team degli Avengers, il gruppo non potrebbe nascere senza Capitan America, l'eroe a stelle e strisce, il più discusso di tutti i personaggi Marvel proprio per la sua smaccata patriottica appartenenza, personaggio principale della trilogia portante tra tutte quelle girate fino ad ora dedicate a singoli personaggi.
Il primo film può essere considerato un necessario omaggio che ha riscosso un buon successo e ha dovuto gettare le basi del personaggio raccontandone le origini e allo stesso tempo sacrificando sull'altare della storia l'avversario più iconico delle storie di Capitan America: il Teschio Rosso.
Sono stati fatti aggiustamenti adeguati anche qui rispetto ai fumetti, facendo di Bucky Barnes un compagno d'armi e non una spalla adolescente, istituendo una specie di “broomance” tra lui e Steve Rogers tale da costituire un filo portante della narrazione anche per gli altri film. Dal triste finale di Steve che si inabissa tra i ghiacci partono le vicende della serie televisiva di Agent Carter, legando strettamente le vicende di Capitan America alla Spy Story d'azione.
Il secondo film: Winter Soldier, viene affidato ad una coppia registica: i fratelli Russo invece che proseguire con Joe Johnston (autore del primo film) e la scelta è vincente.
Non solo i due sono a loro agio con il ritmo dell'azione, ma gestiscono il personaggio con mano felice facendo di Winter Soldier un Avengers 1.5, legandolo perfino con l'universo televisivo di Agents of S.H.I.E.L.D. Compare Falcon, al quale viene per fortuna risparmiato il costume bianco e rosso mantenendo sempre lo stile di rendere “reali” le uniformi dei supereroi. Il finale ci presenta la catastrofe di un pezzo di Marvel Universe perché l'infiltrazione nazista di Hydra distrugge lo S.H.I.E.L.D. e pone le basi per la Civil War, episodio terzo della trilogia.
Come hanno detto all'epoca i fratelli Russo (a cui viene assegnato anche questo film): “La Civil War del cinema si ispira a quella dei fumetti, ma è qualcosa di diverso”. È anche questo un Avengers 2.5, perché attingendo anche alla serie del gruppo porta avanti la riflessione sul ruolo dei supereroi, sulla responsabilità del controllo dei loro poteri e mette in campo lo scontro tra due nutrite squadre di supereroi, qualcosa che non si era mai vista prima sullo schermo.
È una Civil War senza mutanti ma con Spider-Man e segna un gran bel punto fisso nella costituzione del MCU, confermando l'ottimo lavoro svolto dai Russo nei loro episodi.
Ma Nick Fury non avrebbe mai messo insieme una squadra di supereroi per combattere solo minacce terrestri. Ed è ora di guardare fuori dal nostro pianeta, con i due terzi della trilogia spaziale Marvel: i Guardiani della Galassia.
Altra scommessa vinta: fare di una squadra di avventurieri galattici – nella quale militano un albero senziente, un procione geneticamente modificato, la figlia di un titano pazzo insieme al nemico giurato di quest'ultimo ed un ragazzino terrestre rapito dagli alieni – l'equipaggio che ci guida all'esplorazione di pianeti e galassie, lanciandoci nel genere fantascientifico.
Inutile far finta di niente, all'uscita del primo Guardiani (diretto come il secondo da James Gunn) le scelte visive, il ritmo della storia, l'oscillare tra il dramma e il “non prendiamoci troppo sul serio” incarnato dallo Starlord di Chris Pratt hanno ben saziato la voglia di pura avventura nello spazio che altri franchising specificamente dedicati, forse, erano riusciti a solleticare e basta.
Il secondo episodio ha approfondito i singoli personaggi, andando a convergere (ancora una volta si vede il lavoro della produzione di Kevin Feige nel mantenere le redini del MCU) nello scontro tra Thanos e l'intero universo, senza tralasciare l'introduzione di un personaggio come il Pianeta Ego (Kurt Russell), ovvero una finestra aperta sulle entità cosmiche Marvel previste in arrivo nel futuro. Insomma, altri due film riusciti, anche se il secondo un po' meno del primo.
E anche se siamo arrivati alla fine di tre trilogie e due terzi in realtà siamo solo a metà del nostro discorso sul Marvel Comics Universe.
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