Nel grande (e anche un po’ sdolcinato) revival generalizzato degli anni Ottanta che stiamo vivendo, il volume Guida ai super e real robot di Jacopo Mistè, edito da Odoya, costituisce davvero una ventata di aria fresca. Fin dall’introduzione l’autore mette subito in chiaro che la sua opera non è frutto di personali memorie d’infanzia sui cartoni animati giapponesi relativi ai robot giganti, se non altro per ragioni anagrafiche; non dobbiamo aspettarci insomma una lode acritica del bel tempo che fu.
Quello che invece Mistè intende proporre, riuscendoci, è un excursus ragionato attraverso una categoria molto particolari di robottoni a cartoni animati: i cosiddetti super e real robot.
Per capirci, siamo in un periodo leggermente successivo ai classici Goldrake e Mazinga, fra 1980 e 1999, in cui la riflessione sull’immaginario robotico è in evoluzione e in cui cominciano a farsi strada interpretazioni più sfumate e realistiche di queste figure: il caso più celebre, anche per i non addetti ai lavori, è quello di Gundam coi suoi vari seguiti. Insomma, Evangelion è importante, e questo non viene messo in dubbio, ma non arriva come un fulmine a ciel sereno; è stato invece preparato da una linea stilistica precedente molto ben riconoscibile.
Il manuale si legge molto volentieri e attraverso i titoli più significativi passa in rassegna le vicende di autori, studi di animazione e case di produzione, spesso regalando al lettore gustosi “dietro le quinte”, o approfondimenti sui meccanismi produttivi ed editoriali del mercato giapponese.
L’aspetto intrigante di questo manuale è che va a costituire un ideale dittico con un altro volume analogo dello stesso editore, la Guida ai super robot di Jacopo Nacci (recensito qui e approfondito qui). Si tratta di due testi che si completano e arricchiscono vicendevolmente: se il saggio di Nacci si concentrava sul “genere narrativo emergente” dei cartoni animati di robottoni, cogliendone sfumature di senso e uno zeitgeist di cui forse perfino gli autori non erano pienamente consapevoli, questo di Mistè mostra invece il lato umano che ha portato a quelle storie. Il dato personale e quello artigianale si intrecciano (per esempio nella descrizione del carattere non facile di Yoshiyuki Tomino), fino a presentare aspetti prettamente economici che spiegano alcuni meccanismi poco noti, come il mercato dei gunpla (modellini assemblabili) o il rapporto tra videocassette e produzione cinematografica. Belli anche gli approfondimenti su alcune rappresentazioni divenute iconiche, come il cosiddetto Itano circus (pletora di missili lanciati contemporaneamente, soluzione stilistica poi copiatissima).
In questo ideale dittico dedicato ai robottoni, insomma, ogni volume è molto gradevole in sé, ma l’uno offre all’altro una dimensione ulteriore, e quindi la lettura di entrambi non solo non crea dei doppioni, ma anzi diventa un’esperienza ancora più completa.
Unico punto negativo di un libro come questo è che inevitabilmente, a lettura ultimata, la lista di film e serie da recuperare si sarà allungata ulteriormente. Ma il lato positivo è che perlomeno l’autore indica con chiarezza quali sono le opere davvero imperdibili (ovviamente a suo giudizio) e quelle invece recuperabili solo per completezza filologica.
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