Le connessioni tra musica rock e fantascienza sono state sempre prolifiche e l'elenco di musicisti, cantanti e gruppi che si sono cimentati nel fondere la sensibilità per il futuro e l'altrove con le sonorità forti della musica rock è lungo, così lungo che i giornalisti Ernesto Assante e Mario Gazzola ci hanno scritto un lungo saggio dal titolo FantaRock. Stranezze spaziali e suoni da mondi fantastici (Arcana, 464 pagine, € 26,50).
Il libro segue l'intero corso della musica rock, dagli anni Cinquanta a oggi, evidenziandone i punti di contatto con l'immaginario fantastico nella sua evoluzione dalla golden age degli Asimov e Bradbury, lungo la new wave dei Dick e Ballard, fino al cyberpunk e alle contaminazioni postmoderne più recenti, attraverso le canzoni ma anche i videoclip e le copertine di dischi con ispirazioni letterarie, cinematografiche e fumettistiche, i concept album e le opere rock (da diamond dogs di Bowie a i robot di Alan Parsons), le colonne sonore per i film del fantastico (dall'animato Heavy Metal al Flash Gordon dei Queen, al Metropolis di Moroder o al 1984 degli Eurythmics, fino ai più recenti Matrix e Strange Days), senza tralasciare i molti interessanti e ambiziosi progetti rimasti incompiuti.
Ai due autori abbiamo rivolto alcune domande per capire meglio la genesi del libro e i collegamenti tra science fiction e rock.
Come è nata l'idea del libro e cosa hanno in comune rock e fantascienza?
L’idea è nata all’indomani della morte di David Bowie, personaggio centrale in questa vicenda. Mi è sembrato giunto il momento di provare a scrivere una storia che mettesse insieme la ricca relazione tra musica e fantascienza. Speriamo di esserci riusciti.
L’idea primigenia è partita da Ernesto, che – apprezzandomi come narratore fanta oltre che come osservatore di cose musicali – un giorno mi ha proposto a bruciapelo “perché non facciamo insieme un libro su rock e s/f?”. L’idea era sfiziosa, non esisteva in giro nulla di simile (a quanto ne so nemmeno a livello internazionale), quindi – quando mi sono ripreso da un paio di settimane d’angoscia (“ma come si fa a farci star dentro tutto…?!”) – ho cominciato a dar forma a un possibile indice dell’opus magnum.
Secondo me rock e s/f hanno in comune lo sguardo rivolto al futuro: il rock è nato quando la s/f già stava vivendo la sua golden age ma, appena ha raggiunto una simile dignità culturale, ha cercato di ampliare il proprio spazio d’azione sonoro (anche adottando quei nuovi strumenti elettronici che avevano iniziato ad essere utilizzati proprio nelle colonne sonore dei film di s/f per evocare suoni alieni), proclamando fieramente di rappresentare il “futuro della musica”, come avevano fatto prima le avanguardie storiche del ‘900, pur senza mai raggiungere un pubblico così di massa.
All'inizio di ogni capitolo c'è una lista di film, libri o fumetti. Qual è il senso di questa lista di opere fantascientifiche?
Quella di “ambientare” il nostro racconto e al tempo stesso stimolare la curiosità di chi ci legge. Offrire la base letteraria sulla quale la musica stessa di è evoluta, l’immaginario degli artisti si è arricchito, la storia della fantascienza si è svolta.
Aiutare il lettore: chi compra il nostro saggio, anche se è un appassionato di musica ed è stuzzicato dal nostro particolare punto di osservazione “cosmico” su di essa, non è detto che sia già anche un profondo conoscitore dell’opera di Asimov, Bradbury, Dick, Ballard e Gibson, Lucas, Scott o Alan Moore. Quindi quella legenda dovrebbe aiutarlo a collegare dischi e musicisti del decennio che s’accinge ad approfondire con le (o almeno alcune delle) principali opere narrative che hanno caratterizzato la s/f di quella decade, fino a giungere al presente dominato dall’immaginario dei videogiochi e delle serie tv.
Accostare una completa storia della s/f a quella della musica avrebbe dato vita a una vera e propria enciclopedia di proporzioni mostruose: speriamo che le legende aiutino ad orientarsi e magari a scoprire qualche lettura/visione interessante da approfondire! In fondo aprire la mente a inedite connesssioni è proprio lo scopo di un saggio che mette in relazione linguaggi diversi, no?
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