Roberto Pace è nato a Roma nel 1952 e si è laureato in filosofia alla Sapienza di Roma specializzandosi alla "London International Film & Television School'': è autore di numerosi saggi sulla comunicazione e l'arte contemporanea., e L'uomo nero è il suo primo romanzo. Attualmente Roberto Pace è Amministratore delegato di Mediatrade spa.
Un costrutto narrativo semplice per uno stereotipo narrativo semplice e ampiamente abusato nella narrativa italiana e non, quello dell'uomo nero. Roberto Pace riscrive la storia dell'uomo nero con delicata macabra poesia conferendo così al romanzo un'aura fiabesca di tutto rispetto; lo stile felice di Roberto Pace fa di una storia abbastanza banale un egregio risultato artistico che non manca di divertire e scavare nelle nostre coscienze. Pregio maggiore della prima prova narrativa di Roberto Pace è quello di snidare dal nostro subconscio le nostre pulsioni più ascose e portarle alla luce del giorno: con L'uomo nero l'autore ci ricorda che ognuno di noi, nessuno escluso, è un uomo nero, una personalità originale che solo per restare fedele alle regole del civismo fugge il suo lato oscuro, quello che lo porterebbe a compiere i più efferati delitti senza neanche interrogarsi circa il perché del dover produrre omicidi a tutto danno della comunità. Sembra quasi che sotto un profilo strettamente antropologico/psicologico l'umanità sia più portata a condurre la sua anima verso il male piuttosto che verso il bene; bene e male sono facce di una stessa medaglia, e che l'uomo propenda o per il bene o il male è solo un caso, una questione di educazione sociale o forse, più semplicemente, una necessità di sopravvivenza in un mondo dove il bene è riconosciuto come il sommo valore per una vita di gruppo (sociale).
Schultze è l'Uomo Nero, ma non sa di esserlo: la sua vita in nero sembra quasi cominciare quando decide di citofonare alla famiglia Mayer; in casa ci sono soltanto due gemelli, Augustin e Anne Lise che aspettano la madre, la Sarta Mayer. I gemelli ignorano che la madre non tornerà più perché è morta, almeno questo è quanto dice Schultze ai due fratelli portandoli, come dice lui, al sicuro, in una nuova città. Per i gemelli seguire l'Uomo Nero significherà scivolare dentro una nuova vita che li vedrà protagonisti di iniziazioni sessuali, il cui sapore è di stampo cristiano peccaminoso adamitico. I gemelli vittime del sesso scoprono il peccato e la loro innocenza muore nell'estremo tentativo di una ricerca del sé. Tuttavia la madre è viva, ma questo i gemelli non possono saperlo: la sarta è stata soggiogata e convinta da Fra Erasmo, suo confessore, a diventare suor Clara e a produrre vestiti ecclesiali esclusivi a tutto e solo vantaggio del clero benestante. La Sarta Mayer vive un breve periodo di intensa soddisfazione personale dedicata allo spirito e alla clausura, ma ad un certo punto si ammala stretta dalla morsa del pentimento e dal desiderio naturale di ricomporre la propria famiglia. Ovviamente il rapimento dei gemelli non passa inosservato: tra delazioni, congetture filosofiche di un sovrintendente di polizia esaltato, deliri in sanscrito di un professore mongolo paleocristiano, che è poi il padre mai conosciuto dai gemelli, nasce un vero e proprio caso nazionale che vede impegnati il Male e il Bene in lotta. Male e Bene si confondono: il distinguo fra le due forze i gioco diventa tanto sottile da risultare impercettibile. Intanto i due gemelli continuano le loro tristi iniziazioni alla vita: ben presto si rendono conto che la società non è innocente e forse non è neanche cattiva, piuttosto è il prodotto delle passioni umane e queste non si possono definire né buone né cattive, più semplicemente sono la naturale antropologica strada verso la sopravvivenza e la costruzione (e costituzione) della civiltà così come noi la conosciamo (e la accettiamo, passivamente). La Sarta rinnega la sua clausura rendendosi conto d'esser stata vittima d'una cospirazione religiosa che la voleva reclusa e schiava per produrre abiti talari, quella iconoclastia che il clero indossa per evidenziare ai suoi fedeli che Dio esiste e non può essere nudo, un Dio semplice. Il Dio che Roberto Pace disegna è un Dio vestito inventato dagli uomini che è buono e cattivo allo stesso tempo nella stessa misura di quegli uomini che nutrono fede in lui. La Sarta Mayer rifiuta tutto questo e inizia la sua ricerca dei figli e in questa cerca ritrova il padre dei gemelli che avrà una parte non da poco per risolvere il caso dei gemelli rapiti dall'uomo nero. E' questo solo l'inizio di una complessa vicenda psicologica della ricerca del sé tradotta in fiaba nera. Ma chi è in realtà l'Uomo Nero? L'autore ci dice che "la curiosità era per Shultze quel che per gli altri esseri umani è uno smodato, costante desiderio sessuale".
Romanzo di chiaro stampo freudiano, pur raccogliendo nel costrutto narrativo gli stereotipi tipici della fiaba nera, è una storia che si lascia leggere tutta d'un fiato e che non mette in ridicolo l'intelligenza del lettore. Alcune deboli cadute di tono, alcune forzature narrative comunque inevitabili per un romanzo che si basa sul cliché dell'uomo nero inteso come Male, tolgono poco o nulla al felice tono poetico macabro di Roberto Pace.
L'Uomo Nero è un romanzo che fa riflettere in un'epoca sempre troppo avviata a propagandare falsi profeti, serial killer di casa nostra, miracoli impossibili, Beati che piangono lagrime di sangue falso, sesso subliminale a tutte le ore sui canali televisivi e cartacei, opulenza e capitalismo sessuale spacciato come marxismo e viceversa, religione come solo pane per i poveri, insomma Roberto Pace è riuscito a dipingere bene e con raffinatezza tutto questo e molto di più. Un romanzo forte che ha la forza di una favola nera per adulti, coraggioso; le bellissime tavole illustrate di Gianluigi Toccafondo fanno de L'Uomo Nero un romanzo che merita una attenta considerazione da parte di quel pubblico che è ancora attento a scoprire segreti e perversioni della nostra moderna società che osa definirsi civile.
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