La mattina brulica di professionisti e studenti, che orbitano intorno alla Mediateca per trovare risposte alla primordiale domanda sul cinema: dove stanno i soldi? Saltiamo con un pizzico di tristezza il ritrovo con Wu-ming: da oggi partono le proiezioni di mezzanotte del Trieste Science+Fiction e dobbiamo tirare i remi in barca per arrivare in fondo.
Il primo film al Rossetti è Solis, un survivor movie che sfoggia nientemeno che la star di The Walking Dead Steven Ogg. Con una grande economia attoriale (tre attori, di cui uno morto e una presente solo via radio) assistiamo agli estremi tentativi di sopravvivenza di un ingegnere spaziale in rotta di collisione verso il sole. Unico suo contatto con l’esterno (si fa per dire…) è la voce di un comandante donna con cui il protagonista legherà a tal punto da scambiarsi drammatiche confidenze che in qualche modo lo aiuteranno a non mollare. Asciutto e avvincente, anche se a volte le musiche spingono troppo verso il melenso. Il regista Carl Strathie, incalzato a fine visione da critiche sulla parte scientifica dell'opera, ne esce vincitore affermando che “tutto è impossibile. Infatti è un film, non una conferenza sui viaggi spaziali”. E pur essendo attirati dalla scienza almeno quanto dal cinema, non possiamo che applaudire insieme al resto del pubblico di fronte a tanta onestà.
L’austriaco The Dark è una piccola perla orrorifica. Una ragazzina non-morta e un adolescente cieco instaurano un tenero rapporto per fuggire dalla crudeltà del mondo circostante. Certo, si lasciano dietro ettolitri di sangue, ma la recitazione dei giovani attori riesce a creare un trasporto emotivo nel pubblico che fa perdonare ai protagonisti ogni sorta di efferatezza. I cattivi e i buoni si mescolano, proprio come può avvenire nelle menti di bambini vittime di abusi. Da confrontare con il capolavoro Lasciami entrare, con cui condivide molti punti.
Man Divided ipnotizza il pubblico del Rossetti con una miscela di viaggi nel tempo, ambientazione post-apocalittica e fisica quantistica. Su una Terra senza più acqua potabile, l’intossicazione da sale miete vittime e l’ultima speranza è tornare nel passato per scovare una formula andata perduta. Fin qui potrebbe anche sembrare roba standard, ma l’idea sta nella particolare forma di viaggio nel tempo: a tornare indietro è un doppio dell’agente temporale in collegamento col presente grazie all’entanglement quantistico. Le questioni scientifiche sono succose, anche se non troppo sviluppate, e la voce off riesce ad alleggerire quello che poteva essere un mattone. A fine pellicola, l’elettrico presentatore Lorenzo Bertuzzi chiede al regista se in sostanza la concezione di viaggio nel tempo nel film faccia riferimento al multiverso (ogni cambiamento crea una realtà parallela) o alla più classica situazione "puf! tutto è sempre stato diverso”. Le risposte nazionalpopolari e vagamente evasive di Max Kestner ci fanno chiedere se il film sia più farina del suo sacco o degli sceneggiatori. Riflettendoci, qualche incongruenza c’è: come fanno nel presente — per dirne una — a monitorare il lavoro fatto nel passato dicendo che “c’è un’alterazione del 0.3%”? Appartenendo alla nuova linea temporale creata, non dovrebbero aver vissuto solo quella realtà? Al limite potrebbero fare rilevazioni su qualche parametro quantistico del gemello (Planck si sta rivoltando nella tomba), ma questo categoricamente non avviene. Scusate, la mancanza di sonno ci fa diventare tignosi.
Mucchi di persone in coda per Ederlezi Rising, pellicola serba con la nota pornostar Stoya. Ci guardiamo negli occhi e optiamo per la programmazione off del Teatro Miela, che da questa sera farà anche le attese e chiassose proiezioni di mezzanotte. Sappiamo che il mega-direttore minaccerà noi e le nostre famiglie, ma siamo sollevati dal fatto che alcuni colleghi abbiano trovato la pellicola serba poco interessante.
Westworld di Micheal Crichton (noto ai più per Jurassic Park) è un classico di cui il mondo avrà sempre bisogno. Uno stuolo di ricconi in cerca di forti emozioni trascorre un periodo in un particolare parco dei divertimenti che – tramite accurate scenografie e perfetti androidi – fa rivivere ai visitatori il vecchio west (oltre che il medioevo e l’impero romano). Ma i robot impazziscono e massacrano tutti. Un taglio divertente con pionieristici accenni ai grandi quesiti sull’intelligenza artificiale. L'omonima moderna serie HBO ha sicuramente molto in più da dire ma, diciamolo, è molto meno divertente – certo, la sigla da sola merita un Oscar. Yul Brynner, con la sua algidità, non ha neanche bisogno di trucco per sembrare un androide.
Chiusura sfaccettata con The Field Guide To Evil, antologia composta da otto cortometraggi basati su terrificanti leggende popolari. Dai nebbiosi boschi della Bavaria all’India, passando per Grecia, Polonia e America. Alcuni racconti sono girati con cura e, oltre a far saltare sulla sedia, mettono in scena situazioni disturbanti: la sposa-bambina indiana piena di lividi, costretta a partorire in casa e a badare a un’anziana posseduta, è uno spettacolo che non si dimentica facilmente. Altri episodi invece sono ai limiti del trash, cosa graditissima dalle ultime, scalmanate file del Teatro Miela – la storia del Goblin sodomizzato da festaioli greci sembra fatto apposta per la Troma.
Domattina saremo a moderare un incontro cyberpunk con Bruce Sterling. Inutile dire che saremo degli stracci, dato che sono le quattro di notte e stiamo ancora scrivendo.
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