L'incontro più importante di questa cinquantaduesima edizione di Lucca Comics and Games è, senz'ombra di dubbio, quello col maestro Leiji Matsumoto padre di grandi classici della fantascienza nipponica a fumetti, ma soprattutto del Pirata tutto nero che ha trasformato in astronave il suo velier…
Capitan Harlock.
Il maestro è molto contento di trovarsi nella piccola, ma deliziosa, cittadina toscana in quanto è un grande amante delle architetture occidentali che ha studiato sin da ragazzo. Ci racconta subito delle riviste che soleva leggere e delle centinaia di illustrazioni di edifici classici europei che sin da giovane si è divertito a ridisegnare copiandole dalle immagini che riusciva a reperire. Matsumoto afferma che per lui viaggiare in occidente non è mai stato traumatico perché si è subito abituato con l'immaginazione e il disegno a metabolizzare la forma delle nostre architetture che continua ad apprezzare e studiare.
Alla mostra a Palazzo Ducale sono presenti molte tavole di cui due assolutamente inedite che ritraggono Maetel e Harlock accanto alla Chiesa di San Michele di Lucca.
Le domande fioccano fitte, l'occasione per conoscere meglio il grande maestro è irripetibile.
L'uomo è anziano, ma tranquillo, rilassato. Nonostante ci venga detto di rispettarne l'età è lui il primo a sorprenderci con risposte vigorose e dettagliate.
La sua è una storia di origini travagliate e di povertà. La prefettura dove viveva da ragazzo è stata sfiorata dalla bomba atomica – doveva essere il secondo bersaglio, ma fu scelta Nagasaki per problemi metereologici – e ha visto morire molti conoscenti a causa delle radiazioni. Suo padre era un pilota e gli insegnò, sin da bambino, la filosofia dei samurai: cadere sette volte per rialzarsi all'ottava.
Un insegnamento importante che subito fa vibrare una corda dentro di me e non posso che chiedergli se sia mai stato un appassionato di arti marziali tradizionali visto che è un detto tipico di chi pratica. Io stessa pratico in una storica scuola il Kendo – la via della spada giapponese tradizionale – proprio nella città di Lucca e lo dico al maestro. No, Matsumoto segue ciò che gli ha insegnato suo padre - uomo che ha molto rispettato sino a utilizzarne il volto per il personaggio del capitano della Corazzata Yamato - ma non mi risponde citandomi alcuna arte marziale.
Il maestro mi parla di film perché ne è un grande appassionato. Cita Via col Vento in cui Rossella giura che non avrebbe mai più sofferto la fame e lui segue anche questo precetto. Lui ha provato la crisi, la carenza, la precarietà e ha giurato a se stesso che non avrebbe mai più sofferto l'indigenza.
Altre pellicole che lo hanno colpito sono gli western sia americani che nazionali – gli spaghetti western - i cui richiami sono frequenti nelle varie opere dove la fantascienza si mescola a un immaginario di frontiera con pistole al cosciale e mantelli da desperados. Matsumoto è affascinato dalle armi da fuoco e gli piace disegnarle con attenzione.
Eppure un uomo che disegna di duelli, di armi con cannoni armati e di pianeti distrutti porta avanti un messaggio di pace, di fratellanza e di speranza. Per Matsumoto non è tempo di guardare alle differenze razziali o religiose, ma auspica un mondo di pace e di armonia.
In questa armonia un omaggio va alla figura femminile che lui disegna slanciata, quasi eterea. In un primo lavoro di gioventù di cui non rimase soddisfatto aveva disegnato una donna del tutto diversa dai suoi standard, ma subito dopo – con estrema naturalezza, come se fosse insito dentro di lui il messaggio di come tratteggiarla – ha coniato la tipica bellezza delle sue opere. Forse ispirato da una conoscente europea che gli fu accanto per molti anni, ma anche dal film Marianne della mia giovinezza in cui la figura della bionda attrice Marianne Hold colpì profondamente l'immaginario del giovane fumettista.
Da sempre attento alle richieste del lettore Matsumoto sviluppa un vero e proprio universo in cui i suoi personaggi navigano incessantemente di avventura in avventura senza soluzione di continuità. La richiesta e l'attenzione del pubblico e il suo desiderio di non porre mai la parola “fine” a una storia fanno sì che egli cresca e impari costantemente in un processo bilaterale “artista/fruitore” che lo mantiene in qualche modo giovane, quasi eterno.
Una carriera che è un sogno, perché – come il maestro afferma – dobbiamo sempre seguire i nostri sogni, essi ci aiutano a vivere. Nessun essere umano nasce per morire – parole di suo padre – tutti nasciamo per vivere e per farlo non dobbiamo mai cessare di lottare per ciò in cui crediamo, per le nostre speranze, i nostri sogni.
Un viaggio narrativo a bordo di navi come la grande Yamato che altro non è che la meravigliosa corazzata – la più grande del suo tempo – rinata come astronave, oppure con un biglietto di sola andata per l'infinito sul Galaxy Express 999. Matsumoto torna con la mente alla giovinezza quando prendeva un C-62 per recarsi, con ben ventiquattro ore di viaggio – dal Kyushu a Tokyo. Un serpente metallico il cui numero 999 lanciato nello spazio indica un sentimento di incompiutezza, di eterna gioventù.
Con molti incoraggiamenti a perseguire le proprie passioni con la costanza coraggiosa dei samurai il maestro ci saluta con un inchino seguito da uno scroscio di applausi da parte dei presenti. Il padre del Pirata, ma anche del Danguard, e degli eroi di Starzinger si allontana rapito dai mille impegni (la sera stessa riceverà dalle mani del sindaco al Teatro del Giglio la medaglia della città come ospite illustre) che lo assorbiranno per tutta la durata di questo nuovo – eppur sempre magico – Lucca Comics and games.
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