- Fantascienza di lei
- Galassie di genere e traduzioni
- Il potere delle ragazze elettriche
- Sorelle della rivoluzione
Fantascienza di lei
Una lunga genealogia di scrittrici ha sfruttato gli affilati strumenti della fantascienza per decostruire il concetto di genere e i ruoli di genere nelle culture e nei sistemi sociali. Si potrebbe partire dalle scrittrici utopiste che tra fine Ottocento e primo Novecento hanno immaginato società fantastiche di sole donne o esperimenti di ribaltamento dei ruoli, servendosi della finzione letteraria come vero e proprio laboratorio per condurre esperimenti ideali direttamente collegati alle battaglie suffragiste e per i diritti civili. Si pensi alla satira di ambientazione marziana in Man's Rights: or, How Would You Like It? di Annie Denton Cridge (1870) o alla società separatista e partogenica in Herland di Charlotte Perkins Gilman (1915), antesignane delle ambigue utopie novecentesche di Joanna Russ e Ursula K. Le Guin.
Come ha ben mostrato in Italia Eleonora Federici nel suo saggio Quando la fantascienza è donna: Dalle utopie femminili del secolo XIX all'età contemporanea (edito da Carocci a fine 2015), nel ripercorrere la fantascienza scritta da donne si può leggere in controluce la storia del pensiero femminista, oltre che della fantascienza nei suoi rapporti con la società. Si può così valorizzare un filone di scrittura che, attraverso i decenni, ha offerto costruzioni defamiliarizzanti dell'alterità femminile, e tematizzato in maniera feconda alcuni ambiti riflessione particolarmente significativi per ricorsività e risultati, come la relazione tra femminino e mostruoso e la problematizzazione dei rapporti tra corpo e tecnologia, a partire almeno dal Frankenstein di Mary Shelley, per arrivare all'uso della tecnologia come via di emancipazione dalle costrizioni biologiche della maternità o, ad un polo critico opposto, strumento di una manipolazione del corpo eterodiretta, da Alice Sheldon a Tanith Lee, da Donna Haraway a Marge Piercy e Pat Cadigan.
Le piste di lettura includono anche il tema del linguaggio, della scrittura e della memoria, si pensi a Suzette Haden Elgin con la trilogia Native Tongue (1984-1994) o al tema della narrazione storica in Connie Willis.
E questo senza voler negare l'esistenza di una sperequazione di genere che a livello numerico ancora si trascina. Guardando al mondo anglosassone, nella Science Fiction and Fantasy Writers of America – associazione di categoria statunitense – le donne rappresentavano circa il 12% nel 1974 (mentre tra gli autori professionisti censiti negli USA nel 1970, a prescindere dal genere narrativo, le scrittrici erano il 30%: più del doppio). Nella stessa associazione, nel 2007 la quota di donne arrivava a 40%. Tra il 1953, anno di fondazione, e il 1967, nessuna donna ha mai vinto il premio Hugo, mentre dal 1968 al 2011 i 46 premi vinti da donne sono stati il 20% del totale (prendo questi dati dalla voce Women SF Writers, scritta da Lisa Tuttle e Helen Merrick nel 2015 per la Science Fiction Encyclopedia, curata da Clute, Langford e Nicholls, http://www.sf-encyclopedia.com/entry/women_sf_writers).
Galassie di genere e traduzioni
In Italia, dove il mercato per motivi geografico-linguistici è più ristretto di quello anglofono, e dove gli scrittori di genere nostrani hanno difeso una quota esigua entro collezioni largamente dominate dalle traduzioni, la proporzione tra scrittori e scrittrici è stata storicamente più sfavorevole alle seconde. In Urania tra i romanzi italiani, quelli di scrittrici sono, dal 1952 a marzo 2018, 4 su 53; un numero complessivo a cui potremmo aggiungere varie presenze di donne come autrici di racconti brevi e rubriche, e come traduttrici, ma piuttosto eloquente nella sua macroscopica sproporzione. Un altro dato significativo: in una recente indagine su appassionati e appassionate di fantascienza in Italia su 293 interrogati ben l'88,4% ha indicato di essere di genere maschile, 10,9% femminile, 0,7% altro (della ricerca, condotta da chi scrive nel 2015, si può leggere nel saggio Electric hive minds: Italian science fiction fandom in the Digital Age, uscito nel 2016 nel Journal of Romance Studies).
Nel 2000, interrogando un campione di 54.239 individui, l'ISTAT aveva rilevato un divario inferiore tra lettori e lettrici: la fantascienza era stata indicata tra i generi letti nell'ultimo anno dal 16,9% dei maschi e dal 6,4% delle femmine, una forbice però allargatasi in paragone ai, rispettivamente 16,7 e 9,5% del 1995 (si veda Indagine Multiscopo sulle famiglie “I cittadini e il tempo libero”, 2000, volume dedicato a Letture e linguaggio).
Si tratta evidentemente di asimmetrie incomprensibili se non inquadrate in quelle più ampie che interessano la società a molti livelli, sistema educativo in primis: nelle università nel complesso le laureate sono in maggioranza ma le percentuali diventano minoritarie nei corsi di laurea tecnico-scientifici, e, per stare all'ambito professionale accademico, le donne diminuiscono man mano che si sale nella gerarchia fino al solo 21% di donne tra i professori ordinari; tra il personale docente e ricercatore dell'area ingegneria e tecnologia solo il 26% è donna (i dati, del 2016, vengono dal Ministero dell'Istruzione, “Focus: Le carriere femminili nel settore universitario”).
Non sorprenderà che negli anni tra Cinquanta e Settanta alcuni degli pseudonimi adottati da scrittrici italiane siano stati oltre che anglizzanti (es. Maria Teresa Maglione in Urania come Esther Scott) anche maschili (Roberta Rambelli nei Romanzi del Cosmo come Robert Rainbell o Joe C. Karpati; Maria De Barba in Urania come Marren Bagels).
Alcune traduzioni di autrici straniere di primo piano sono uscite non in collane specializzate in senso fantascientifico, ma vicine alla galassia del femminismo o, più tardi, legate allo studio accademico. Memoirs of a Spacewoman di Naomi Mitchison (1962) viene ad esempio tradotto da Luciana Percovich col titolo Diario di una astronauta per La tartaruga di Milano nel 1988, accostato, nella collana La tartaruga blu, a opere di Judith Merrill e Daniela Piegai. Nel 1995 il romanzo è ripreso da Mondadori, quindi a partire dall'edizione Castelvecchi 2013 diventa noto anche come Diario di un'astronauta donna (dove l'aggettivo compensa quanto si perde con l'apostrofo…).
Classici come il giù citato Herland di Perkins Gilman escono in edizioni scientifico-accademiche: La terra delle donne. Herland e altri racconti (1891-1916) nella collana Saggi Donzelli nel 2011 tradotto e curato da Anna Scacchi, dopo una prima edizione realizzata da La Tartaruga nel 1980 (col titolo Terradilei, tenuto anche in un'edizione curata da Franco Venturi per La Vita Felice nel 2015).
Raccolte di interventi critici come La fantascienza e la signora Brown di Ursula K. Le Guin possono trovarsi nel catalogo degli Editori riuniti (1985) e alcune opere narrative della stessa autrice in quello di Elèuthera.
Accanto a queste presenze in cataloghi non votati alla fantascienza, si trova poi l'incessante lavoro di case editrici e collane specializzate: per stare all'esempio di Le Guin, si pensi all'opera di traduzione e curatela svolta da Riccardo Valla per la Nord tra anni Settanta e Ottanta (e in seguito per Mondadori), ma anche alle edizioni nel catalogo della Libra o nei Pocket fantascienza di Longanesi. Octavia Butler viene proposta da Mondadori a partire da metà anni Ottanta, e nei primi Novanta un paio di titoli escono per Interno Giallo. Arrivando ad anni più recenti, si pensi a Tricia Sullivan tradotta da Chiara Reali per Zona 42 (Maul, 2003 – Selezione naturale, 2016).
Autrici che hanno adoperato la fantascienza per decostruire i ruoli di genere vengono insomma tradotte e pubblicate presso editori generalisti, fantascientifici e vicini ai movimenti femministi e al pensiero libertario, offrendo – sul piano editoriale e traduttivo – una testimonianza dell'interesse esistente su più fronti per una fantascienza in grado di offrire strumenti di abrasiva messa a fuoco del reale (per parafrasare Inìsero Cremaschi nella prefazione a Universo e dintorni, Garzanti, 1978).
In questo quadro sfaccettato si collocano due recenti traduzioni, che involontariamente ci ricordano l'eredità di Ursula K. Le Guin, scomparsa nel gennaio 2018.
Il potere delle ragazze elettriche
È uscita a fine 2017 per Nottetempo la traduzione italiana di The Power, della scrittrice inglese Naomi Alderman. Il romanzo, scritto dopo che Alderman ha beneficiato della mentorship di Margaret Atwood nella Rolex Mentor and Protégé Arts Initiative (2012-13), si colloca con sicurezza e originalità entro una vena swiftiana e distopica, con una modesta proposta che si avvale del tipico dispositivo narrativo e straniante del ribaltamento dei ruoli.
L'autrice immagina un mondo in cui le donne acquisiscono il monopolio della forza fisica e della violenza dopo aver sviluppato la capacità di produrre scosse elettriche.
Alderman, già scrittrice nel mondo del gaming e – curiosità – co-autrice di un corso interattivo di lingua italiana per la BBC (La mappa misteriosa), estrapola intelligentemente le conseguenze del presupposto su uno scenario globale, seguendo le vicissitudini di vari/e protagonisti/e. Tra gli aspetti più interessanti e amaramente divertenti la cornice narrativa che racchiude le vicende principali: stiamo leggendo il dattiloscritto che un autore ha inviato alla sua editor e amica; i due ne discutono scrivendosi alcune lettere. Mentre la trama portante si svolge in un tempo non troppo lontano dal nostro oggi, il dattiloscritto e la corrispondenza si collocano in un futuro remoto. L'intento dello scrittore è divulgare in maniera narrativa le sue ardite tesi storiche: che l'egemonia delle donne non sia un dato antropologico, ma sia emersa storicamente e abbia seguito una lontana epoca di speculare egemonia maschile nella società.
In questa cornice si può ridere a denti stretti davanti al rovesciamento dei sessi in dinamiche altrimenti note: così lo scrittore fa parte di una “Men Writers Association” e la editor gli suggerirà di adottare uno pseudonimo femminile affinché il libro sia ricevuto più favorevolmente e più ampiamente di quanto sarebbe se finisse nel novero della “letteratura maschile”. I due disquisiscono di psicologia evolutiva: sarà poi vero che le donne hanno dovuto diventare aggressive per proteggere la prole e che una società guidata dagli uomini certo sarebbe più gentile, delicata e protettiva? I pochi esempi noti di società patriarcali saranno davvero più pacifici perché i maschi sono esseri di indole naturalmente più tranquilla e remissiva? O, all'inverso, in una società pacifica che conferisce meno valore alla violenza gli uomini possono raggiungere i vertici in modo naturale?
Il romanzo di Alderman è una di quelle letture che permettono di essere estremamente godute mentre invitano a riflettere intelligentemente sulla società, fuori dagli automatismi mentali di cui si fatica a rendersi conto, in altre parole: quello che ci possiamo aspettare dalla migliore fantascienza. Valutando la pagine d'assaggio messe a disposizione sul sito dell'editore italiano, la traduzione italiana di Silvia Bre – Ragazze elettriche uscita per Nottetempo – ci sembra mantenere tutto questo; esclusa la polisemia del titolo originale (power in inglese può riferirsi a una facoltà o capacità di un individuo, al controllo in senso sociale e politico, ma anche a una forma di energia come quella elettrica).
Sorelle della rivoluzione
Viene tradotto in Italia a inizio 2018 Sisters of the Revolution: A Feminist Speculative Fiction Anthology, un libro uscito in lingua inglese grazie all'iniziativa di due curatori molto stimati come Ann e Jeff VanderMeer e a una campagna di auto-finanziamento su Kickstarter (che ha permesso un'edizione presso PM Press nel 2015).
L'antologia include ventinove racconti che datano dagli anni Settanta ad oggi, ma l'ordinamento delle storie non è cronologico: l'intento evidentemente non è creare un percorso di lettura nella storia della speculazione femminista, né circoscrivere un canone, quanto piuttosto, come affermano i curatori nell'introduzione, portare un contributo alla conversazione contemporanea.
Tra le autrici si trovano alcune delle firme più significative nella galassia dei generi speculativi, incluse Russ e Le Guin, spaziando da James Tiptree jr. (Alice Sheldon) a Tanith Lee, da Octavia Butler ad Angela Carter, passando per autrici emergenti a livello internazionale come l'afroamericana Nnedi Okorafor e la giapponese naturalizzata canadese Hiromi Goto.
Dati gli interessi di questa rubrica, segnaliamo “The Grammarian’s Five Daughters” di Eleanor Arnason, tra l'altro la prima vincitrice del James Tiptree Jr. Award nel 1991. Il racconto (prima edizione in rivista 1999) assume i suadenti modi formulari di una favola per proporre una tutt'altro che infantile riflessione sul genere, intelligentemente proiettata oltre una visione dualistica.
Per approntare la versione italiana della raccolta, che esce col titolo Le visionarie. Fantascienza, fantasy e femminismo: un'antologia per la sigla romana Nero, Claudia Durastanti e Veronica Raimo hanno coordinato il lavoro di una squadra di traduttrici che include Chiara Reali, Oriana Palusci e Nicoletta Vallorani (per nominarne alcune forse familiari ai nostri lettori) accanto a Gaja Cenciarelli, Lorenza Pieri e molte altre. Si potrebbe dire che sul piano dei percorsi professionali delle traduttrici si sia replicata la scelta delle autrici incluse dai curatori, che hanno accostato nomi più e meno specializzati nell'ambito di fantascienza, horror e fantastico, senza lasciarsi limitare da ortodossie di genere (qui in senso letterario).
Proprio questo approccio, unito a un criterio di selezione interlocutorio e aperto, ha messo l'antologia al riparo dal ricadere in quella nicchia di genere (qui in senso sessuale) che nel romanzo di Alderman si trovava sbeffeggiata.
Con il medesimo spirito – interlocutorio, aperto, fluido – abbiamo raccolto le note di lettura offerte qui, nell'idea che il parametro del genere, con cui oggi viene spesso scritta, pubblicata e letta dalle donne la letteratura speculativa, sia un grimaldello ermeneutico adatto a evidenziare asimmetrie de facto, che quindi auspichiamo poter presto trovare del tutto obsoleto, non solo nei romanzi di fantascienza.
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