Lo spettacolo organizza magistralmente l’ignoranza di ciò che accade e, subito dopo, l’oblio di ciò che comunque siamo riusciti a sapere.
(Guy Debord)
Quando la feccia sposa un mito preparatevi a un massacro o, peggio ancora, a una nuova religione.
(Emil Cioran)
Tra i due eccelsi cardini qui sopra riportati si muove la dinamica dello scenario storico attuale, quella scaturita dal crollo del Muro di Berlino, dal confronto di muscoli, ideologie e strategie di due contendenti di cui, però, soltanto uno è rimasto vivo – e ciò è paradossalmente la nostra disgrazia.
La prima delle due citazioni, quella di Guy Debord, è originata da un sentimento di ribellione continuo: una protesta sfuggente, ideologica ma anche pratica, un rifiuto netto di qualsiasi forma di fascismo e rivoltante commercialità, un afflato contrario a qualunque logica di sopraffazione, a idolatrie del Business incastonate in un’ellittica inumana di Male arcaico – il Male inteso come qualcosa di pernicioso all’umanità.
L’altra citazione, quella di Emil Cioran, è la seconda stella binaria che ci avvinghia al nostro destino umano e rappresenta l’abbrutimento ideologico di un qualsiasi credo religioso e quindi politico: uomini tenuti volutamente nell’ignoranza e nella superstizione non possiedono gli strumenti adatti per poter anche soltanto vagheggiare le trascendentali vastità cognitive. Questo cardine ha ascendenze antichissime, affonda nelle prime civilizzazioni avvenute migliaia di anni fa e, in un momento in cui l’economia prende il sopravvento sulla politica, il rischio di generare orde di malfattori che si gettano affamate sulla vittima sociale è altissimo.
Il primo vincolo si pretende di riformarlo plasticamente ogni pochi lustri: attraverso riorganizzazioni politiche ed economiche sempre più finte si vuole coprire l’erosione del welfare e del benessere con manovre di mercato a favore del regime liberista, il cui unico scopo è generare profitto. Se quindi vi dicono che le vostre idee di giustizia, libertà ed eguaglianza sociale sono sorpassate, che non reggono il passo coi tempi, che c’è bisogno di rimodularle in favore di una maggiore flessibilità e aggiornamento del welfare, sappiate che stanno per fregarvi: un’altra consistente porzione del vostro inconsistente benessere andrà a favore del liberismo inumano e degli oligarchi da business che comandano fittiziamente questo circo. La citazione situazionista di Debord, con cui si apre quest’articolo, ma anche il successivo aforisma cinico di Cioran, continuano perciò a conservare un’inossidabile e salutare freschezza anarchica, sane ideologie che sfidano il tempo rimanendo al contempo moderne e adatte anche alla nostra vuota epoca iperliberista, governata dai numeri del finto iperbolico profitto della Death Economy, come l’immenso Sergio Altieri aveva ben esposto anni fa sulle pagine di CarmillaOnLine. Se fate mente locale, i recenti fatti di Facebook (ovvero lo scandalo dei dati trafugati e girati a vantaggio di chi manipola i gruppi di opinione a favore di entità politico-economiche mondiali) non fanno altro che rendere evidenti le devastanti falle operate da un sistema finanziario mondiale che non ha più rivali, essendo l’avversario estintosi trent’anni fa col fragore del crollo del muro berlinese: le grosse entità liberiste sono sempre più capaci di maneggiare il nulla spinto degli assurdi bilanci, un’inconsistenza materiale talmente roboante da somigliare sempre di più al grembo delle abissali creature lovecraftiane, pronte a irrompere nel nostro mondo con i loro tentacoli, in grado di ghermire il nostro continuum dai loro nascondigli nelle sacche quantiche di altre realtà a noi sconosciute.
Ancora da CarmillaOnLine prelevo questo estratto sul Situazionismo:
Come ben sintetizza Peter Marshall nel suo libro Demanding the Impossible: A History of Anarchism: “I Situazionisti sostenevano che il capitalismo aveva ridotto ogni relazione a una transazione e la vita a ‘spettacolo’, in cui i lavoratori erano divenuti meri consumatori”.
…
La visione letteraria e politica del Situazionista Manchette aggiorna e ribadisce, o forse idealizza e ideologizza, quella del suo più grande ispiratore, Dashiell Hammett: “…Nel romanzo criminale violento e realista all’americana (il Noir vero e proprio), l’ordine del Diritto non è equo, è transitorio e in contraddizione con se stesso. In altre parole, il Male domina storicamente. Il dominio del Male è sociale e politico. Il potere sociale e politico è in mano a delinquenti. Più precisamente, capitalisti senza scrupoli, alleati o identici ai gangster delle organizzazioni criminali, hanno assoldato politici, giornalisti e altri ideologi, come pure magistrati e poliziotti, senza dimenticare i sicari. Così avviene ovunque e questa gente, divisa in clan, lotta con ogni mezzo per accaparrarsi mercati e profitti. Si riconosce qui un’immagine grossomodo analoga a quella che la critica rivoluzionaria ha della società capitalistica in genere…. Il Giallo è la grande letteratura morale della nostra epoca. O, più esattamente, dell’epoca che sta ormai volgendo al termine, quella della controrivoluzione che regna incontrastata”.
Gli strumenti narrativi e immaginifici del Fantastico (in senso lato) vengono qui sopra confermati come caleidoscopi del Reale: enfatizzando la visione del tangibile si ottiene un’amplificazione dei particolari; essi così vengono apprezzati meglio e la realtà stessa appare trasfigurata, aumentata, ancora più vera, notevolmente più cruda e dura.
Il Noir sembra essere perciò un ottimo strumento di sopravvivenza al Liberismo, e il cinismo usato in dosi massicce ci aiuta sicuramente a vivere meglio e più disincantati; aggiungerei però a questi strumenti d’indagine anche la tecnologica
Realtà Aumentata, tecnica di enfatizzazione propria della Fantascienza cyberpunk: l’Augmented Reality sembra scandagliare meglio – o forse insuperabilmente meglio se coordinata con altre branche del Fantastico come appunto il Noir – gli stilemi del nostro tempo, amplificandone a dismisura le contraddizioni, le devianze, le orrende consuetudini della nostra realtà. Nulla di nuovo in tutto ciò, si sa che la Fantascienza proiettando nel futuro il presente, regala visioni del nostro tempo come nessun altro genere è in grado di fare; portando però all’estremo la nauseante vertigine, la continuità dei nostri guai sociali, ci sarà possibilità infine di affondare questo sistema economico? Quando sarà pensabile instaurare un regime vitale, incarnato, tuttavia scevro dal Male? Riuscirà il Fantastico a indicarci la via per la salvezza?
Come capita con l’assunzione del cibo industriale apparentemente ghiotto, ma in realtà sintetico e progettato prima in laboratorio e poi prodotto nelle lontane fabbriche per risparmiare sui costi, allo stesso modo ora non si riesce più a fare a meno di un modello di vita che impone la crescita senza fine e che la Fantascienza, tramite la distopia, indaga spesso: l’impegno nel rifiutare le logiche iperliberiste – che qualcuno può pure confondere col concetto di raggiro – respingendo l’ipocrisia opportunista della religione, usando l’etica del rifiuto di un’economia iperbolica senza appiglio sul reale, individua lo stretto percorso per evadere dalle follie di quest’economia di mercato che realizza fragili prodotti (i globalizzatori Romani, almeno, producevano manufatti che sono tuttora in piedi). Essere aumentati, postumani e tutt’altro che ligi alle leggi di mercato (il tecnofascismo gerontocratico è sempre dietro l’altro angolo, disinnescarlo sarà un’altra delle linee guida per la liberazione e non per condannarci) genererà le prossime sfide sociali: ci sarà bisogno di menti nuove per comprendere come procedere pacifici, ma determinati, per liberarci definitivamente dalla religione (intesa come politica, non come misticismo) e per affrancarci dai devastanti condizionamenti in cui ogni aspetto della nostra società è comandato dal Mercato. Per quanto riguarda le nostre generazioni, però, ho paura che la sfida sia stata definitivamente persa fin da quando la TV commerciale ha dominato i nostri bisogni e abbiamo deciso poi, con leggerezza, di cedere il controllo della Rete alle multinazionali e all’asfissiante logica del profitto; in cambio abbiamo ottenuto la libertà (direi meglio la comodità) di acquistare rapidamente qualsiasi cosa ci venga subdolamente suggerita. Il prezzo da pagare per tutto ciò è la dismissione dei nostri diritti sociali e del welfare, ma ricorderei anche che abbiamo capitolato ogni nostro dato, pure quelli intimi, a chi comanda il business in Rete: loro sanno esattamente chi siamo, cosa facciamo e cosa pensiamo, siamo inesorabilmente prevedibili e per questo già sconfitti. Possiamo quindi consolarci con l’acquisto a prezzo di svendita di un bene inutile, dallo stracciato costo di produzione e bearci di ciò: pensiamo sia davvero una vittoria, questa?
La Rete è diventata realmente il nostro nemico, e la conoscenza è stata barattata con la futilità; il concetto dello spettacolo divenuto merce (per sintetizzare Debord ma anche Jean Baudrillard) chiude perfettamente il circolo di questa società inumana che ha spersonalizzato ogni cosa umana convertendola in profitto astratto: siamo dati strapazzati dentro un contenitore universale di business, in cui qualcosa di inumano schiaccia ogni singulto umano. Sembriamo dei burattini manovrati dai tentacoli di Cthulhu e la sorte che le prossime generazioni dovranno sovvertire è simboleggiata dalla conquista della nostra autodeterminazione e non, come è ora, dal subire il limbo esistenziale del commercio; insomma, la via che percorriamo dovrebbe portarci al non dover essere più delle merci, ma esseri senzienti e autodeterminati come bellissime entità divine!
Every man and every woman is a star.
These are fools that men adore;
both their Gods & their men are fools.
(Aleister Crowley)
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