Diretto dal pronipote del grande scrittore americano autore del romanzo, The Time Machine è un film emozionante sotto il profilo visivo. Il sogno del romanziere diventa un'esaltante corsa nel tempo verso un remoto futuro dell'umanità per motivi che è meglio non svelare per non togliere il piacere della narrazione.
Va detto, però, che il dialogo italiano poco chiaro (Adattamento scadente? Originale incomprensibile?) limita la comprensione della trama e fatto sta che i momenti salienti della pellicola scorrono via quasi del tutto incomprensibili, e rendendo il protagonista ancora più fragile ai nostri occhi nella sua (a questo spunto inspiegabile) impossibilità a cambiare il passato per salvare il proprio futuro. The Time Machine interpretato da un Guy Pearce sempre in forma e in gamba, perde il suo senso compiuto quando è ambientato nel futuro di ottocentomila anni avanti, tempo in cui ricorda maledettamente la versione originale de Il pianeta delle scimmie. Ed è anche questo il passaggio meno nitido: il tremebondo professore universitario, distratto e con la testa tra le nuvole, si trasforma repentinamente in un incrocio tra Buck Rogers e Tarzan. Un po' Kate & Leopold con una storia d'amore in corso tra il professore e una donna del futuro,, il film risulta stravagante dalla sua metà in poi. Il senso della trama va perdendosi e tutto diventa quasi incomprensibile tra un'atrocità evolutiva e l'altra. Così come l'incontro con la specie superevoluta rappresentata da un Jeremy Irons più algido che mai e che sembra un incrocio tra Minosse e il demone protagonista di Legend di Tony Scott. The Time Machine è un film quindi mancato dove è proprio il senso ultimo della narrazione a venire meno in una bolla di incertezza che nessun effetto speciale può far dimenticare.
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