Potremmo soprannominare The Orville, in onda su Fox (Sky), l'Altra Serie: la serie Trek che non è Trek, ma che affronta tematiche e ambientazioni squisitamente Trek con un tono comedy. Del resto il suo creatore Seth MacFarlane è “un esperto” di commedia, visti i suoi precedenti in qualità di creatore della serie a cartoni animati I Griffin e dei film della serie Ted. E abbiamo lasciato che a parlare della serie fosse il suo creatore, con alcune dichiarazioni rilasciate alle testate americane.
La storia riguarda il viaggio della USS Orville, nave da esplorazione della Unione dei Pianeti , organo governativo che raccoglie la razza umana insieme ad altre razze aliene, in un futuro distante quattrocento anni dal nostro presente.
A detta degli aggregatori di recensioni (Rotten Tomatoes, Metacritic) e anche di una certa fetta di appassionati la serie è stata dichiarata un flop, ma allora perché dovremmo parlarne o sprecare tempo a guardarla?
Perché potrebbe valere la pena darle una possibilità. Durante la visione del primo e del secondo episodio la sensazione è stata quella di incertezza perché da come era stata presentata mi sarei aspettato una Galaxy Quest dal tono parodistico con puntate di eroica avventura e invece quello che ho trovato è uno show leggero ma serio, agganciato alla più pura canonicità delle serie Trek, come per anni ho visto in tante fan fiction, ma allo stesso tempo con la voglia di affrontare argomenti seri (e conosciuti) da un punto di vista nuovo, senza mai perdere lo sguardo ottimistico sul futuro così caratteristico della fantascienza degli anni d'oro e di TOS (la serie originale con Kirk e Spock) e TNG (The Next Generation).
A partire dalla sigla, passando per i costumi, il design delle astronavi (che non hanno dischi o gondole) e quello della plancia si capisce subito che siamo dalle parti di Star Trek: The Next Generation e delle serie seguenti (Deep Space Nine e Voyager) inoltre la serie, precisiamolo, sfugge dalla narrazione trasversale per dedicarsi a quella episodica, nello stile stand alone ben conosciuto e utilizzato da Ai Confini della Realtà o dalla Serie Classica di Star Trek.
Il risultato, sempre a mio modesto giudizio, è una bella bibita fresca e dissetante di quelle che trovate nel pomeriggio estivo in frigorifero pronte a rifocillarvi.
Era da un po' che desideravo seguire le vicende di un equipaggio e della sua astronave in viaggio per le stelle che mi facesse desiderare di salire a bordo con loro, e la USS Orville, ha risposto proprio a questa esigenza, senza però entrare in conflitto con Star Trek Discovery, con lo Star Trek cinematografico di J.J. Abrams o con altre serie fantascientifiche appassionanti e di fattura decisamente superiore per quanto riguarda gli effetti speciali.
Quindi per me vedere uno dei suoi episodi vuol dire impiegare un ora per rasserenarmi e sperare (perché no) che un futuro ottimistico è possibile, dopo tutto. E a quanto pare negli USA questa sensazione deve essere stata preponderante nell'audience visto che The Orville è stata confermata per una seconda stagione (di lunghezza ancora da decidere) dalla Fox (che, non dimentichiamolo, ora è stata acquisita dalla Disney, la quale a questo punto si ritrova nel carrello della spesa non solo tutti i supereroi Marvel, eccetto Spiderman, più i Jedi di Star Wars ma anche un buon “aggancio” con l'universo Trek).
La decisione del rinnovo è arrivata al settimo episodio nella prima stagione che ne comprende 12.
Ancora una volta Seth ha ottenuto un forte seguito dagli spettatori – ha dichiarato Michael Thorn, presidente di Fox Entertainment – regalandoci una serie piena di ottimismo e anche di drammaticità, condita con il suo personale stile di umorismo.
Se questo è il tono della serie, spetta all'equipaggio viverlo nelle vicende settimanali al comando del capitano Ed Mercer interpretato dal creatore della serie Seth McFarlane.
Su che tipo di Capitano è Mercer, McFarlane ha detto:
Abbiamo visto l'approccio di Kirk, l'approccio di Picard, l'approccio di Janeway. E stiamo parlando di nobili comandanti. Ma io ho pensato: e se Albert Brooks fosse su quella sedia? È solo un tono che non avevo ancora visto in uno show come questo che può condurci in situazioni più comuni. Questo è stato ciò che mi ha spinto a portare l'ex moglie (il primo ufficiale Kelly Grayson, interpretato da Adrianne Palicki) nell'equazione. Le sedie affiancate e la presenza costante di quella relazione rendono ogni scenario, non importa quanto follemente fantascientifico, più vicino alla vita quotidiana e alle esperienze che può attraversare ognuno di noi.
Tuttavia anche se il centro è rappresentato dai rapporti umani, la Orville ha una precisa missione.
La Orville è una nave esplorativa – ha continuato l'attore e regista – come è ben spiegato nel pilot. Mi piace la semplicità di questo approccio, perché mantiene aperte un sacco di opzioni. Puoi essere in missione di salvataggio. Puoi trovarti a mediare tra razze aliene oppure puoi semplicemente essere là fuori a mappare o cercare nuovi pianeti.
L'ambientazione è molto simile a Star Trek: The Next Generation e ciò si deve anche al direttore della fotografia (Marvin Rush) che ha lavorato proprio per la serie di Picard come conferma MacFarlane.
Per me The Next Generation è la serie che ha fatto di più nell'espandere il fenomeno Trek. Ha attirato un pubblico che non era necessariamente lì per la fantascienza, erano lì per i personaggi. Ciò che mi ha ispirato di più di più in TNG è stato il design di produzione. Se sei nello spazio per un lungo periodo di tempo, non puoi davvero essere in un sottomarino oscuro e scarsamente illuminato perché prima o poi vai fuori di testa. Se sei in un barattolo di latta per lunghi periodi devi sentirti come in un hotel quattro stelle. Ci devono essere piante d'appartamento e divani e moquette e sintetizzatori (la versione Orville dei replicatori) capaci di fornire ciò che è necessario. Deve essere un posto davvero confortevole.
Attenzione, però, già dai primi episodi, la serie affronta argomenti classici della fantascienza come astronavi generazionali, zoo intergalattici, questioni di gender e integrazione sociale, il tutto con un tono che resta leggero e luminoso, in contrasto netto con la fantascienza pessimistica e drammatica degli ultimi anni, quasi facendosi guidare da una sorta di nostalgia come dice ancora MacFarlane.
C'è assolutamente nostalgia. The Hunger Games ha fatto centinaia di milioni di dollari ed è stato un enorme successo. Personalmente mi stanco di vedere persone disilluse che corrono armati fino ai denti, combattendo solo per la propria sopravvivenza, piuttosto che lottare per una causa, per i valori, per il progresso della razza umana. L'ottimismo ha ancora un significato per le persone, mi chiedo? Potrebbe sembrare obsoleto, come un musical degli anni Trenta che è privo di cinismo e guarda il mondo attraverso lenti color rosa e non si rende conto di quello che sta succedendo.
The Orville si è scontrata, inevitabilmente con Star Trek Discovery, la nuova serie ufficiale Trek, facendo anche inalberare una bella quota di appassionati trekkies, a questo proposito MacFarlane ha detto.
L'ho sentito, eppure ho anche avvertito tra i fan serpeggiare il desiderio di uno Star Trek in cui si accendono le luci, non dove tutti sono seduti al buio. Discovery sembra molto oscuro e molto serio, però potrebbe anche rivelarsi molto ottimista. Penso che ci sia spazio per entrambi i modi di vedere.
Non dimentichiamo che Discovery va su CBS All Access mentre The Orville è “in chiaro” su Fox, e questo ha probabilmente influito sul carattere della serie.
La novità è che The Orville è una serie ad episodi. Aderisce al vecchio stile dello storytelling: una storia nuova di zecca ogni settimana, con un inizio, un centro e una fine. L'unico posto dove c'è ancora un mercato per la televisione episodica è sulle reti. A un certo punto, avevo concepito la serie come uno spettacolo che poteva andare su Netflix o Amazon o Hulu. Ma volevano davvero l'intera serie di dieci o tredici episodi con un arco di narrazione continuo ed io non volevo farlo. Sono anni che ho in gestazione questa idea e l'avevo sempre pensata come uno stand alone. Mi piace la sfida di dover ricominciare ogni settimana. Certo, per quanto riguarda la produzione è molto più faticoso, perché non puoi riutilizzare le cose: devi costruire nuovi alieni, nuove location, nuovi mondi ogni settimana. Ma è proprio quello che ho sempre amato delle serie televisive di fantascienza. Non ho mai saputo cosa avrei visto nel prossimo episodio.
Non si può di certo negare che MacFarlane sia un appassionato di fantascienza.
La fantascienza è l'unico genere che ti permette davvero di esplorare i problemi senza avere l'impressione di fare delle prediche. E, in pratica, è innegabile che spettacoli come l'originale Star Trek producano una generazione di scienziati, ingegneri e astrofisici. Quell'astronave sembrava il coronamento dell'umanità. Quale ragazzo guardando i film di fantascienza distopica potrà mai decidere di diventare uno scienziato? The Orville è in parte un dramma, in parte una commedia, ma abbiamo fatto di tutto per rendere la nave reale e attraente e farla sembrare un posto dove vorresti stare. Anche se ci sono battute nello show, era molto importante che il mondo di The Orville fosse coerente. Deve apparire come un futuro divertente. Nonostante tutto il pessimismo e la realtà oscura che ci circonda io spero che il nostro futuro sia così. Questo, per me, è il potere della fantascienza.
E riguardo alla stroncatura della serie da parte della critica ha commentato.
È vero, e ci sono abituato anche per gli altri miei show. Comunque sia abbiamo ottenuto la luce verde per la seconda stagione, e non posso che essere contento di dover inventare tanti nuovi mondi, razze e situazioni. Magari inviterò altri nomi importanti come Giest Star [in questa serie infatti ci saranno Liam Neeson, Charlize Theron e Robert Picardo].
MacFarlane, però, non è da solo a dover gestire le vicende della Orville, accanto a lui c'è uno degli storici produttori/sceneggiatori delle serie Trek: Brannon Braga che ha avuto modo di dichiarare:
The Orville parla di un futuro in cui l'umanità ha risolto i conflitti ed i problemi di sopravvivenza così da poter rivolgere gli occhi verso lo spazio attraverso L'Unione dei Pianeti. Partendo da questa base costruiamo il background mano a mano che le storie si dipanano. Ovviamente usiamo un linguaggio comune a tutte le serie di fantascienza. Un linguaggio essenziale che risale a Isaac Asimov e Amazing Stories, Jules Verne, Star Trek, Il Pianeta Proibito, Star Wars, Alien e tanti altri. Quindi troverete tanta tecnologia già vista nelle serie trek anche se manca il teletrasporto che probabilmente è la tecnologia più riconoscibile di Star Trek.
Non vogliamo plagiare Star Trek ma ispirarci all'ethos di Gene Roddenberry e della sua serie che portava una speranza nell'umanità e in un futuro di pace e collaborazione multirazziale, qualcosa che si è perso negli anni e nelle serie. Abbiamo anche deciso di non utilizzare il technobabble e per quanto riguarda la parte comedy la decisione finale spetta sempre a Seth, che molto spesso non forza questo tono dando al capitano Mercer un nerbo morale senza prendersi drammaticamente sul serio. Abbiamo anche un personaggio più fuori di testa, il timoniere Gordon interpretato da Scott Grimes, ed a lui vengono affidate le situazioni più esilaranti. Sono felice di lavorare per questa serie e anche se in tutti gli anni di scrittura per Star Trek ho avuto l'opportunità di affrontare ogni tipo di argomento con la massima libertà penso che anche l'equipaggio della Orville avrà la possibilità di farci divertire e dire la sua senza risultare pedante e noioso.
Riuscirà The Orville ad attrarre anche i telespettatori e i fan italiani?
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