Confessioni di un artista di merda è il più famoso tra i romanzi mainstream di Philip Dick.
Ed a ragione, poichè si tratta di un ottimo romanzo. Non fosse stato Dick a scriverlo avrebbe di sicuro avuto più fortuna. Ma sappiamo bene quello che l'autore patì dagli editori negli anni della sua maggiore notorietà, nessuno voleva saperne di romanzi di Dick che non fossero di fantascienza.
E questo ha causato il bizzarro fatto che gli si preferissero romanzi di genere, magari inferiori in quanto a qualità, ma di sicura riuscita commerciale.
Adesso Fanucci pone rimedio all'imperdonabile oblio cui il romanzo era stato consegnato, ristampandolo in una seconda edizione, dopo l'unica del 96, per la collana Immaginario.
La storia è semplice, ma narrata con efficacia nell'inconfondibile stile che ha reso celebre Dick.
Jack Isidore, l'artista del titolo, è un anima tormentata, di un'ingenuità tanto dolorosa quanto inutile.
I suoi bizzarri comprimari, la sorella Fay e suo marito Charley insieme con l'amante di lei Nathan, sono quanto di più borghese ci si può aspettare in una storia di tradimenti e di colpi bassi...Ma l'umorismo con cui il tutto è narrato trascende la storia stessa e ci regala immagini indimenticabili, come quella in cui Jack dice "io ero nel bel mezzo della mia stanza e non facevo assolutamente nulla se non respirare e, naturalmente, lasciare che ogni altro normale processo continuasse a svolgersi" oppure la famosa scena tra Charley e sua moglie a causa di un scatola di Tampax.
Ma l'umorismo non ci risparmia il dolore, quello vero di chi non riesce a non far del male e sé stesso e a tutti quelli che ama. L'egoismo di Fay è solo la punta dell'iceberg, sotto cui nuotano silenziose la stupidità e la cattiveria, figlie di un'ipocrita visione del mondo che nell'America di fine anni cinquanta doveva essere la norma.
Dick riesce a far stare questo e tanto altro all'interno di quello che, ad una prima occhiata, sembra un romanzo sulla crisi di una coppia e sull'ingenuità degli uomini. Ed è sorprendente la quantità di cose che dall'epoca in cui il libro fu scritto, ancora non sono cambiate.
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