Il sistema capitalistico, nella sua attuale espressione iperliberista, è un organismo inorganico che si nutre di tutto quello che gravita intorno al suo ecosistema. La sua peculiarità maggiore, o meglio, una delle più evidenti, è quella di fagocitare senza tregua ogni energia, qualsiasi stilla di creatività per convertirla in moneta, soldi, forme di guadagno a loro volta impersonali, governate non da uomini ma da altre entità, indeterminate, rette da regole inumane.

Ricordo il nome di una band, di almeno venti anni fa: Pop will eat itself. Il Pop mangerà se stesso. Il pensiero corre subito a una derivata di quel concetto: il Liberismo divorerà se stesso, perché è nella sua natura, perché è alla continua ricerca di mercati, di idee, di situazioni da spremere per generare guadagno fine a se stesso, per prolificare bilanci stratosferici dove vivono falsamente numeri iperbolici da accumulare; l’Iperliberismo è un vuoto senso di successo che corrode chi persegue quel sistema di accumulo, nulla viene risparmiato, nemmeno se stessi, perché il sistema sopravvivrà alla stessa umanità, anche quando l’avrà divorata. L’Iperliberismo ha bisogno dello spazio profondo da colonizzare per sopravvivere, altrimenti finirà per divorare pure se stesso.

Non c’è via d’uscita.

Questo sistema economico (non sociale, perché il Welfare è in via di assimilazione) non permette altri sistemi finanziari, è un virus letale da cui non si torna indietro; ne consegue che siamo condannati all’espansione sfrenata, senza regole, sempre più iperbolica, siamo destinati alla crescita senza fine che, sappiamo bene per motivi entropici, è impossibile.

Abbiamo sperato nella fantasia anarchica, ma come diceva Mario Monicelli, “La speranza è una trappola inventata dai padroni”, e pur se detto con un lessico un po’ datato, il senso è assolutamente attuale, ed evidente.

Vorremmo quindi che un uomo politico geniale, giovane e impavido desse il colpo ferale a coloro che ci subissano di tasse, di preoccupazioni, che ci erodono la capacità di essere felici con le nostre cose e i nostri cari; ma è impossibile che ciò avvenga, quegli uomini politici sono l’espressione vacua dell’Iperliberismo, caduti loro ne salgono altri e gli stessi gestori del sistema economico sono altrettanto vacui, non sono loro i principali responsabili dello sfascio. Certo, ne percepiscono i benefit, tanti e alti, ma pure loro aderiscono a delle regole inumane cui non possono opporre nulla, si disumanizzano e godono dei benefici che in tempi antichi (non troppo antichi) andavano solo ai nobili o all’alto clero; coloro che in epoca passata, però, erano a capo della piramide sociale, ne erano anche le cause e i responsabili.

Adesso non più.

La causa e la responsabilità sono immateriali. Ciò fa un’enorme differenza.

Perché questo discorso sulle pagine di Fantascienza.com?

Forse la nostra salvezza (almeno temporanea) è nella tecnologia, nell’intelligenza artificiale; forse queste forme di elevazione cerebrale potranno prendere presto il posto degli umani, in settori professionali sempre più vasti. Le enormi ricchezze di questo mondo – quelle reali intendo, non quelle gonfiate dal mercato inesistente – può darsi possano permettere la vita agiata al genere umano, sollevato dal lavoro e dalle sue incombenze che sarebbero magnificamente svolte da nugoli di IA in proliferazione selvaggia.

Un altro esempio, questo, di Singolarità.

Un altro modo d’intendere l’evoluzione. Provate a pensarci.

Oggi, e domani, mai più andrò in ufficio, mai più mi metterò a casa a lavorare o ad andare in negozio, a consegnare merci, a offrire servizi su mezzi pubblici, nelle banche, ovunque. Adesso ci pensano le IA, perfettamente consce e capaci di affrontare le nostre vecchie mansioni, facendole meglio, anche nei lavori di fatica o in quelli degradanti.

Un eldorado di vita libera e intensamente viva, come quella che sul finire dell’Impero Romano respiravano i decadenti cittadini liberi di quello Stato, liberi dal dover prestare servizio militare e colti, ricchi e opulenti di maniere raffinate… sull’orlo di un abisso epocale, da cui in qualche modo l’uomo non si è mai ripreso.

Il nostro abisso incipiente è rappresentato da un’altra Singolarità, diversa da quella di Vernor Vinge e di Terminator. Non si riesce a vedere cosa ci sarà dopo la salvezza dall’ideologia Iperliberista che l’uomo sperimenterà tramite le IA, perché non si capisce quanto tempo durerà quella finestra di benessere e, soprattutto, quale elemento la farà finire. L’umanità o postumanità, però, finirà in un dimenticatoio pari all’oblio dei perdenti di tutte le guerre: le IA sono infinitamente più potenti, versatili e capaci di noi, e non è detto che anche loro non cadano in una forma economica o in un dominio cui dovranno sottostare loro stesse, assai prossimo al nostro Iperliberismo. Magari questa supremazia sarà organizzata su scala galattica, magari le nuove intelligenze si troveranno affondate in pozzi gravitazionali così remoti da non avere più parentele con le forme di vita antropomorfe…

La speranza è una trappola inventata dai padroni, si diceva, ma cosa si instaurerà quando il concetto antropomorfo di speranza e padroni non avrà più senso, perché la nostra razza sarà scomparsa? Emergerà dagli abissi siderali di lovecraftiana memoria la vera natura occulta dell’Iperliberismo, quella che ora è assai difficile immaginare o cogliere?

Ai posteri l’ardua risposta, concentrata ora in un pugno d’inimmaginabili algoritmi d’intelligenza trascendentale.