Molta Fantascienza attuale è intrisa di concetti e immagini postumane; scrittori e artisti delle più svariate discipline realizzano opere ardite e spettacolari, anche concettuali, fanno esercizi di proiezione nel futuro provando a concepire l’umanità come sarà, quando la tecnologia annegherà e diluirà i nostri corpi in apparati invasivi di cibernetica e dal DNA notevolmente modificato, usando tecniche di manipolazione proteica, enzimatica, metodologie dal sapore poetico e potente.
Non nascondo che io stesso, nella mia visione profondamente futura, immagino la postumanità votata a un innalzamento notevole della qualità di vita, in bilico tra distopie e tecnofascismo; da qualche tempo però, chi mi segue lo sa, la mia fiducia verso il Transumanesimo, la disciplina che cerca di attuare fattivamente i dettami verso l’evoluzione postumana, ha segnato il passo: non trovo nessun avanzamento significativo oltre le promesse di un prolungamento della vita, di un miglioramento e potenziamento della vita stessa. A volte ho la sensazione che si sia rimasti fermi a un bellissimo Manifesto sedutosi sui suoi stessi sogni, che l’entropia riuscirà ancora una volta a rovesciare il tavolo e a prendersi la sua solita vittoria.
Esistono, però, alcune opere transumaniste, alcune pubblicazioni che tracciano il senso della ricerca e lo fanno con dovizia di particolari, di teorie e di sperimentazioni, mostrando al mondo intero quanto possa essere possibile, nel breve giro di pochi anni, ricavare un valido risultato che ci porti per esempio a un allungamento davvero significativo della vita. Una di queste pubblicazioni, quella di cui vi sto per parlare, è La fine dell’invecchiamento, sottotitolo “Come la scienza potrà esaudire il sogno dell’eterna giovinezza”, di Aubrey de Grey e Michael Rae.
Ragazzi, non vi aspettate voli pindarici di fantasia e poesia, il Transumanesimo è una disciplina dura, scientifica: se non sopportate i romanzi di Greg Egan, perché troppo hard, sappiate che qui troverete un libro che è intriso di tecnologia e teorie, s’indaga profondamente il funzionamento cellulare, genetico, proteico del corpo umano. Imputato unico sul banco dell’accusa: l’invecchiamento; come combatterlo? Infatti, il dubbio degli autori – in realtà chi scrive più di tutti è Aubrey de Grey – non è se l’invecchiamento verrà sconfitto, bensì quando.
De Grey è un biochimico, dalla sua pagina wikipedia estrapolo alcuni passi, assai significativi e che possono illuminare molto bene la sostanza del saggio che stiamo esaminando:
Attualmente de Grey è impegnato nel progetto SENS (Strategies for Engineered Negligible Senescence), che si propone di arrivare a mettere a punto terapie in grado di curare l'invecchiamento. La convinzione di base è che l'invecchiamento sia dovuto all'accumularsi, a livello molecolare e cellulare, di effetti collaterali prodotti dal metabolismo e che il metabolismo stesso non è in grado di eliminare. L'accumulo di tale "spazzatura" fa progressivamente diminuire l'efficienza dell'organismo, finché esso diventa incapace di difendersi dalle malattie o di mantenere in funzione gli organi vitali. La morte è semplicemente l'inevitabile effetto ultimo di tale accumulo. Tutto questo probabilmente perché la natura, preoccupandosi della sopravvivenza della specie, ha visto nell'evoluzione una strategia da preferire alla conservazione del singolo individuo, per cui, se da una parte ha progettato un sistema molto efficiente per la riproduzione, dall'altra non ha progettato un metabolismo perfettamente autopoietico, capace cioè di ripararsi integralmente e così conservarsi indefinitamente una volta raggiunto il completo sviluppo. L'autopoiesi perfetta è riscontrabile invece a livello di specie.
Le cause note dell'invecchiamento sono riconducibili a sette categorie e da oltre 30 anni non se ne scoprono altre, nonostante le continue ricerche e il netto miglioramento delle tecniche usate:
· rifiuti:
1) extracellulari (anno della scoperta: 1907), responsabili ad es. di malattie come la malattia di Alzheimer
2) intracellulari (1959), responsabili ad es. dell'arteriosclerosi
· cellule:
3) cellule morte che non vengono rimpiazzate (1955)
4) cellule dannose che vengono accumulate (1965), come ad es. il grasso viscerale
· mutazioni:
5) nei cromosomi (1959), responsabili dei tumori
6) dei mitocondri (1972), responsabili delle malattie mitocondriali
7) legami reciproci extracellulari tra proteine (1981), responsabili ad es. dell'irrigidimento delle pareti arteriose
De Grey ritiene che la via più rapida per conquistare la longevità non sia quella di rallentare o impedire l'accumulo di tali danni (il che è l'approccio della gerontologia), perché ciò significa dover modificare il funzionamento del metabolismo e quindi dover arrivare prima alla comprensione di processi biologici molto complessi. Secondo lui è molto più facile accettare il fatto che tali danni si accumulino e mettere a punto terapie in grado di riparare ognuno di essi prima che raggiungano un livello patologico. In tal modo chi si sottoponesse periodicamente a tali terapie vivrebbe a tempo indefinito: ogni 20 – 30 anni il proprio orologio biologico verrebbe riportato indietro e grazie a tale recupero di efficienza non si dovrebbe più preoccupare di morire di vecchiaia. Il SENS ha già teorizzato almeno una possibile soluzione per ognuna delle note categorie.
Ora, come dicevo poc’anzi, il libro è incredibilmente ricco di nozioni molto scientifiche, chi ne sa un po’ sarà assai felice di ficcarci il naso per comprendere i manovellismi degli studi che questi scienziati stanno compiendo da decadi; chi invece è a digiuno della complessità della materia, troverà ostico l’avanzare tra le pagine, tra premesse e promesse, supposizioni e teoremi che, comunque, la pagina wikipedia sopra referenziata riassume assai bene; inoltre, la pubblicazione edita in Italia da D Editore – un manipolo di architetti e transumanisti italiani, coraggiosi e ben decisi a diffondere la loro visione squisitamente tecnica, ma a suo modo poetica – affonda la sua genesi nel 2007, quindi ciò che leggerete avrà un’anzianità (che bizzarria parlare di vecchiaia in un libro che spiega come verrà combattuta) di una decade, un’eternità in questo campo. L’edizione è inoltre impreziosita da una nota del curatore, Emmanuele Jonathan Pilia, e da una prefazione stellare di Riccardo Campa, presidente di un’ala dei transumanisti italiani, che fa sfoggio di tutta la sua enorme cultura Classica, e già quelle pagine valgono l’acquisto del libro.
Purtroppo appartengo allo schieramento che di tecnica biochimica ne conosce meno di poco, per cui sono avanzato faticosamente nelle centinaia di pagine che compongono il tomo cercando di assimilare il più possibile, provando a tenere la mente sgombra per concentrarmi su ciò che l’autore teorizzava. È un po’ il limite della pubblicazione stessa, bisogna essere davvero coscienti delle complessità della materia per controbattere o applaudire le tesi qui riportate, e gioire o sperare con cognizione di causa quando i risultati sono illustrati oppure vagheggiati per il prossimo basso futuro. Certo è che manca un’appendice che spieghi cosa è successo in questi ultimi dieci anni, se alcune speranze si sono concretizzate oppure se sono state disattese, o rimandate, o complicate da ulteriori scoperte; vorrei che un’eventuale seconda edizione di quest’opera, importante perché comunque è un punto di riferimento e di avanzamento importante per il Transumanesimo, inglobi anche un capitolo o più che illustrino lo stato dell’arte in questa seconda metà degli anni ’10.
Non mancano le considerazioni finali sulle ricadute sociali derivate da un allungamento della vita: sovrappopolazione, previdenziali, sconquasso delle economie su scala mondiale, tecnofascismi sempre pronti a prendere il sopravvento, pagine che denotano come gli autori non si trincerino dietro le porte asettiche di un laboratorio bensì si confrontino continuamente con la società in cui vivono, cercando di fornire risposte e suggerimenti, atteggiamenti che sono continuamente in movimento sul limite del naif o del concreto geniale.
Una nota personale di biasimo deriva al continuo impiego di cavie da laboratorio, attività che si agita in sottofondo su molte pagine del tomo: per un animalista come me ciò è intollerabile e doloroso, immagino che la vita non abbia priorità, tutti abbiamo diritto a vivere, anche gli organismi più semplici che non devono essere usati, torturati o uccisi affinché una forma di vita più forte possa prendere ancora di più il sopravvento.
Un libro controverso, quindi, che va letto per scatenare un dibattito sulla veridicità, sull’etica e sulla possibilità di essere parte di un avvenire radioso, di cui noi probabilmente non faremo parte ma che, forse, per i nostri figli sarà il punto d’ingresso nel mondo fantascientifico che tanto amiamo vivere nei romanzi, nei film, nella musica. Ampliare la conoscenza di una tecnologia medica che può rappresentare l’ennesimo punto di singolarità del futuro rappresenta l’ennesima sfida dei nostri tempi, e se la Scienza è infine una forma di fede, significa che nulla della nostra esistenza esula dal concetto di fede stessa. Purché non diventi politica, la fede è intrinseca alla nostra stessa modalità di vita ed è forzatamente la benvenuta: comprenderla criticamente il più a fondo possibile riduce i rischi di un controllo nocivo sulle nostre vite, e soprattutto sulle nostre coscienze. Avere più tempo per crescere interiormente e comprendere meglio gli inganni di ogni tempo è sicuramente un buon viatico per non essere schiacciati dalle menzogne, e gli scienziati quanto meno offrono una possibilità di discussione seria, confutabile con dati e non tramite dogmi.
Comprendere tutto ciò, tramite anche una lettura complessa come quella de La fine dell’invecchiamento, mi ha ampliato la mente, e sensibilizzato nuovamente verso il Transumanesimo: prorogo la linea di credito verso le loro posizioni e idee, posso essere ancora parte di un disegno siderale oltre che psichico, anche fisico; la sfida verso la realizzazione di una forma di vita potentemente eterea e incarnata continua.
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