Che ci piaccia o no Westworld, la serie tv creata da Jonathan Nolan e Lisa Joy, è seriamente interessante.

Interessante è stata la gestazione, gira che ti rigira se ne parlava già da almeno tre anni, e varie sono state le vicissitudini attraverso cui è passata la gestazione, prima assicurarsi Jonathan Nolan che stava conducendo in porto Person Of Interest, poi raggranellare il cast, quindi supervisionare gli script e infine, quando il pilot è quasi pronto… stop per rigirare e offrire un nuovo approccio a tutta la serie.

Interessante è l'intero progetto, e, soprattutto lo scopo più o meno palese di

HBO: trovare una serie che fidelizzi ed appassioni quanti fanno la fortuna del canale grazie a Game Of Thrones, se non proprio gli stessi quantomeno una platea altrettanto abbondante.

Interessanti sono le radici del progetto. Perché non appena iniziate a guardare gli episodi capite che nel DNA della serie si sono mescolati il film originale di Michael Chrichton, Blade Runner, Zardoz, Jurassic Park (che tanto sempre di Chrichton è), La Fuga di Logan, Ricomincio da Capo (o Groundhog Day), Ex Machina e tutta la produzione letteraria, fumettistica, cinematografica e televisiva che pone l'accento su cosa può essere definito vita intelligente?

Al momento in cui scrivo questo articolo sono ancora pochi gli episodi andati in onda, ma mi sento di dire che è molto interessante seguirla anche se un po' complicato per ora affezionarsi a qualche personaggio in particolare nel variegato cast che conta attori come Anthony Hopkins, Ed Harris, Evan Rachel Wood, James Marsden, Thandie Newton, Jeffrey Wright, Tessa Thompson, Sidse Babett Knudsen, Jimmi Simpson, Rodrigo Santoro, Clifton Collins, Jr. e Ben Barnes.

Tuttavia la tentazione di commentare storyline ed episodi è troppo forte, e lo farò mettendo un bello SPOILER WARNING.

L'apertura della serie gioca immediatamente la carta della confusione dei ruoli, perché il primo personaggio del quale seguiamo la storia è un cowboy interpretato da James Marsden che torna nella cittadina di frontiera per ritrovare una incantevole Evan Rachel Wood e, forse, iniziare una nuova vita. Come da copione i due arrivano alla fattoria dove il padre della ragazza è stato ucciso da alcuni sbandati, Marsden assume il ruolo di giustiziere finché non compare il cowboy vestito di nero. Pausa per un attimo, ricordate il film di Crichton? Il cowboy nerovestito era Yul Brinner, robot assolutamente eccelso nella sua fredda cattiveria. Bene. Il nerovestito nel nuovo Westworld è Ed Harris. Lui e Marsden si confrontano poi mettono mani alle pistole e… i colpi di Marsden vanno a segno ma sono del tutto innocui su Harris che invece stende il giovane mentre una voce narrante ci spiega che gli ospiti del parco non possono essere uccisi mentre possono uccidere.

Dunque abbiamo seguito la vicenda di un androide che recita la sua storia e ci troviamo l'iconico cattivo robot trasformato in un ospite umano ossessionato dal parco.

Sarà poi vero, o il nerovestito è in realtà un androide con nuove capacità?

Ho parlato di androidi perché l'essenza robotica metallo/carne in questa serie non c'è più, sostituita da vasche dove vengono coltivati tessuti e organi, distaccando quindi il mondo dei Robot da quella che fu una delle sue filiazioni più affascinanti: Terminator. Il film di Crichton (che potreste ripescare se volete, non lo giudicherei tempo sprecato) ha una sequenza in cui Yul Brinner, col volto metà uomo e metà macchina, caccia inesorabilmente i protagonisti umani, in maniera del tutto simile a Schwarzenegger nel primo film della serie di Terminator.

La storia del film originale racconta, infatti, di un parco a tema (casualmente chiamato Delos) dove è possibile interagire con robot e location che ricostruiscono il Far West, l'Antica Roma e il Medioevo. Peccato che mentre i visitatori si stanno divertendo si verifichi un malfunzionamento dei robot dando inizio ad una vera e propria mattanza in tutte e tre le aree che lascerà vivo solo il buon protagonista Josh Brolin dopo aver avuto lo scontro finale con Yul Brinner.

La serie televisiva si focalizza, attualmente, come hanno lasciato intendere i creatori, solo sull'ambientazione Far West e mostra immediatamente le proprie carte facendo viaggiare la vicenda sul doppio binario di quanto succede nella zona parco divertimenti e dietro le quinte dove la divisione cibernetica deve fare i conti con i bug apportati dal nuovo upgrade degli androidi che ora hanno sogni e ricordi derivati dai loro precedenti cicli di lavoro. Interessante è vedere come mentre gli addetti ai lavori si mostrano quantomeno allarmati da questi problemi il creatore del parco, interpretato da Anthony Hopkins, vive tutto questo con una sorta di duplice atteggiamento oscillando tra l'empatia con gli androidi e il totale distacco nei loro confronti.

La tematica del sogno sembra voler rispondere alla domanda di Philip Dick Do androids dream of electrical sheep? titolo del racconto cui si basa Blade Runner. E la risposta potrebbe essere: “Sì, gli androidi sognano pecore ma solo se le hanno già incontrate in un altro ciclo di lavoro.”

Aprendo ovviamente il discorso a tutta una nuova serie di domande sui sogni degli androidi, e perché no, degli umani.

Ma allora il sogno, l'elaborazione fantastica sono parte fondamentale della definizione di intelligenza? E qui Jonathan Nolan, dopo aver concluso la cavalcata di Person Of Interest, riprende l'argomento di cosa possa essere davvero una Intelligenza Artificiale (o anche solo una Intelligenza), argomento che mi auguro possa rendere ancora più interessante le vicende della serie.

Venendo alle notazioni tecniche colori e fotografia sono scelti con cura e mentre

Non preoccupatevi, non correte alcun rischio...
Non preoccupatevi, non correte alcun rischio...

per gli interni del dietro le quinte prevalgono nero, grigio e bianco sparato, interrotto solo qua e la dal color carne degli androidi nudi a colloquio con i tecnici, l'esterno è nei caldi colori dello spaghetti western ed entrambi le storyline sono ben commentate ed accompagnate dalle musiche affidate a Ramin Djawadi (lo stesso di Game Of Thrones).

Trattando l'impianto narrativo della serie dobbiamo notare innanzitutto che si iscrive a pieno titolo nel solco delle ultime serie televisive: non più episodi autoconclusivi con una storyline trasversale ma un vero e proprio film della durata di circa dieci ore dove ci si prende tutto il tempo necessario per presentare personaggi, ambientazioni e vicende e questo è sicuramente un motivo di divisione nel pubblico, trovando allo stesso tempo estimatori e detrattori di quella che per alcuni può anche essere solo categorizzata come lentezza.

Di sicuro chi ha vissuto le vecchie stagioni delle serie TV (intendo anni '70-90) negli ultimi tempi si è trovato a fare i conti con una concezione del tutto diversa. Finite le serie dove la vicenda era ritmata, fulminea ed esaustiva in un ora circa di trasmissione si è passati a storie complesse, corali, che tendono a fidelizzare lo spettatore per diverse stagioni, con l'unica eccezione, per ora, della possibilità del binge watching offerta da Netflix. E qui ci sarebbe anche da discutere sulla denominazione, dobbiamo forse parlare di Serial quando la vicenda narrata dura ad oltranza e di Serie quando sono Telefilm autoconclusivi? Ricordo di aver letto tempo fa che lo spettatore tende a guardare la serie proprio perché alla fine tutto rimane sempre uguale, ma, appunto, forse è solo una vecchia definizione.

Sempre nell'ottica dei propri obiettivi di audience, HBO si affida ad un cast variegato, evitandoci, almeno per adesso, una delle tendenze più diffuse delle ultime serie televisive (e anche cinematografiche ma questa è un altra storia): la Prevalenza dell' Eroina.

Ovviamente mi riferisco alla moda di incentrare serie e film su personaggi femminili.

Sia chiaro, la cosa non mi dispiace affatto, quello che mi infastidisce è la “moda” applicata in maniera acritica come spesso succede nel mondo dell'entertainement.

Orphan Black, ad esempio, presenta uno dei personaggi femminili più particolari del panorama televisivo, ed è anche una delle mie serie preferite. Ma personaggi quali le protagoniste di Sleepy Hollow o Minority Report (per citare solo serie legate al fantastico e alla fantascienza) sono fotocopie delle fotocopie.

Forse tutto questo è legato all'enorme espansione che sta avendo il mercato delle serie TV, anche qui non possiamo non parlare di moda e del periodo bulimico che stiamo vivendo in termini di serie televisive il quale dovrebbe portare (secondo gli esperti del settore) da qui a qualche anno ad una disaffezione e poi alla conseguente implosione del genere.

Noi non staremo a preoccuparci di questo, visto che vogliamo goderci il momento attuale come quello di un bambino lasciato libero in un negozio di giocattoli e sentirci di conseguenza liberi di provare le varie proposte per poi scegliere quelle che ci piacciono di più.

Se poi tra le proposte ci sono serie come questa, che insinuano piano piano anche qualche domanda sulla reale natura di un essere intelligente o sulla sostanza di cui sono fatti i sogni, possiamo anche decidere di vederla almeno per un po'.

Dopo tutto, come ho sentito definirla sul forum di fantascienza.com, è pur sempre “una serie con androidi assassini creati da Hannibal Lecter” e quindi una possibilità le va data!