Le "scatole cinesi" che da sempre contraddistinguono il cosiddetto cinema d'azione di David Mamet questa volta sembrano più di maniera che altro. Il gran colpo, la rapina che un genio del crimine deve portare a termine questa volta, prima di scappare per sempre, è un alibi per Mamet per giocare con Gene Hackman e lavorare sul carisma di quest'attore su cui si tentare di fare reggere il peso di tutto il film. Heist, però, nonostante gli sforzi di tutti, più che essere un piccolo tentativo d'autore di inventare nuovamente un genere, risulta essere piuttosto una pellicola stentata che per tutta la sua durata fa sperare in una serie di colpi di scena che non arriveranno mai. Con una trama lineare nel suo essere banale e scontata, che nonostante qualche piccolo tentativo di innovazione scorre maledettamente lenta e inutile nel suo essere sostanzialmente il compromesso con un certo tipo di deja vu. Il fascino di Hackman (al minimo sindacale dal punto di vista degli sforzi interpretativi) non basta quindi a cambiare lo stato delle cose, mentre - quello che è peggio, Danny De Vito non sembra mai entrare in partita, dato che gran parte dello spazio è lasciato a Rebecca Pidgeon, moglie del regista che tutti i personaggi del film lodano per la sua bellezza "straordinaria"... In realtà non essendo la Signora Mamet né Catherine Zeta Jones, né Cameron Diaz Heist alla fine sembra molto sforzato dall'inizio fino alla sua indecorosa fine e sullo scorrere dei titoli di coda viene il dubbio che Heist è un film che sarebbe stato meglio non fare, visto e considerato il fatto che nulla toglie o aggiunge ad un genere sfruttato in ogni maniera come quello del cinema che racconta le rapine.