Lo scorso 16 marzo è arrivata la notizia della scomparsa di Sylvia Anderson, una delle colonne della televisione fantastica britannica e mondiale. Insieme al marito Gerry Anderson, morto nel 2012 a causa dell'Alzheimer, la Anderson ha dato vita in qualità di creatrice e produttrice ad alcune della serie televisive che hanno fatto la storia della serialità di fantascienza, in una carriera che è durata ben cinque decenni.
Nata a Londra, la Anderson si è laureata alla London School of Economics in sociologia e scienze politiche. Ha trascorso diversi anni negli Stati Uniti, dove ha lavorato come giornalista prima di tornare nel Regno Unito e lavorare per una società di produzione televisiva, dove ha incontrato il suo futuro marito.
I coniugi Anderson sono famosi per aver dato vita alla Supermarionation (contrazione di Super Marionette Animation), ossia ad una tecnologia per animare delle marionette. In pratica, venivano prima registrate le voci dei personaggi e poi il segnale sonoro delle voci veniva collegato a dei sensori posti nella testa delle marionette che “animavano” la bocca, dando la sensazione che le stesse parlassero. Altre parti del corpo venivano mosse con dei fili sottilissimi collegati agli arti della marionetta.
Alla AP Films, la società fondata da Gerry per dare sostanza alle sue creazioni tecnologiche, gli Anderson diedero vita ad alcune produzioni televisive con le supermarionette per bambini e ragazzi che hanno fatto letteralmente il giro del mondo sul piccolo schermo, ma anche a due serie televisive con attori che fanno parte della storia della fantascienza: U.F.O. e Spazio 1999.
Ben 17 le produzioni realizzate dai coniugi Anderson in oltre trent'anni di attività: una lunga e prestigiosa carriera con un inizio quantomeno singolare. Gerry Anderson, dopo aver lavorato nel cinema come assistente al montaggio, decide di allestire un programma televisivo per bambini a costi bassi. Con alcuni amici fonda, nel 1956, una società, la AP Film, e realizza il suo primo lavoro, The Adventures Of Twizzle, usando come set la propria casa e come attori dei pupazzi animati.
Le ristrettezze di budget e l'uso di “attori non umani” consente a Gerry di farsi notare da chi di dovere facendogli produrre, in breve tempo, altre due serie. Una di queste, Four Feather Falls, è ricordata come la prima serie di genere western con pupazzi animati.
È in questi anni che Anderson mette a punto le tecniche di animazione elettronica per le marionette, tecniche che consegneranno lui e sua moglie alla Leggenda della Tv dei Ragazzi.
Il primo grande successo arriva nel 1961 con Supercar, sempre con pupazzi animati, in cui però il vero protagonista è un veicolo capace di solcare i cieli, di muoversi su qualsiasi superficie e di inabissarsi negli oceani.
Ma il nome e la carriera dei coniugi Anderson rimasero indissolubilmente legati alla genesi di show televisivi quali Fireball XL5 (1962), Stingray (1964) e Thunderbirds (1965).
La prima vede protagonista un agente della polizia spaziale (Steve Zodiac) che nell’anno 2063 si sposta a bordo del Fireball XL5 per difendere il venticinquesimo settore del sistema solare.
La seconda è forse più conosciuta in Italia. Siamo nel 2065 e lo Stingray è un sommergibile potentissimo e tecnologicamente avanzato, teso a difendere i mari dai nemici e da eventi naturali per conto del WAPS (World Acquanaut Security Patrol). La serie ottenne uno strepitoso successo in Inghilterra, tanto da generare anche dei sequel.
La più nota anche in Italia resta, tuttavia, Thunderbirds.
Siamo nel 2026. Jeff Tracy è stato al servizio dell’aeronautica militare ed uno dei primi uomini ad aver toccato il suolo lunare. Rimasto vedovo con cinque figli e divenuto miliardario, Tracy decide di mettersi al servizio dell’umanità Compra un’isola nel pacifico e, reclutato un geniale e giovane scienziato (Brains), dà vita all’International Rescue (Soccorso Internazionale), un organizzazione in grado di intervenire – attraverso mirabolanti mezzi di trasporto pilotati dai figli di Tracy – in aiuto di tutto il mondo in caso di eventi naturali catastrofici. Tracy mette insieme anche una rete di agenti sparsi per il mondo, guidata da una bella e aristocratica donna inglese (Penelope Creighton Ward). A mettere i bastoni fra le ruote dei Thunderbirds vi sono pericolosissimi criminali come Kirano e The Hood.
Thunderbirds ottenne un successo incredibile, soprattutto – ma non solo – presso i giovanissimi. Uno dei punti di forza erano i sofisticati modellini creati per l’occasione.
Nel 1970 compare sugli schermi della Tv britannica U.F.O., telefilm con attori in carne e ossa destinato ad ottenere un discreto consenso di pubblico in tutta Europa, Italia compresa.
1980: la Terra è minacciata da una spietata razza alieni che, a bordo di dischi volanti, effettuano misteriose incursioni sul nostro pianeta. A difendere gli ignari terrestri c’è la S.H.A.D.O. (Supreme Headquarters Alien Defence Organization) un’organizzazione segreta guidata dal comandante Straker (Ed Bishop), la cui base è situata sotto gli studi cinematografici Harlington-Straker. La S.H.A.D.O. può inoltre contare su una base sul nostro satellite (Base Luna) dalla quale partono dei caccia (Intercettori), in grado di abbattere le navi aliene, e numerosi altri mezzi avveniristici: Lunar Modue e Lunar Carrier, satelliti che garantiscono il contatto radio tra la Terra e la Luna; il Lunamobile, una sorta di Jeep in grado di muoversi agevolmente sul suolo lunare. Sulla Terra invece ci sono le Shadomobili, veicoli per intercettare i dischi che eventualmente atterrano sul suolo terrestre; gli aerei Sky e i sottomarini Skydiver per presidiare il cielo e il mare. Gli alieni vengono intercettati grazie al S.I.D. (Space Intruder Detector), un potente satellite in grado di calcolare la traiettoria dei dischi volanti. Accanto al Comandante Straker ci sono il colonnello Alec Freeman (George Sewell), il colonnello Paul Foster (Michael Bilington) e l’avvenente colonnello Virginia Lake (Wanda Ventham), nonché i piloti e le operatrici di Base Luna.
Dopo aver catturato un alieno i terrestri scoprono lo scopo delle incursioni: la sopravvivenza. Il corpo degli alieni è in via di lento ma inesorabile disfacimento e il trapianto di alcuni organi umani è il loro unico mezzo di sopravvivenza.
La genesi di questo show è quasi casuale. Gli Anderson venivano dall’insuccesso di una pellicola cinematografica: Doppelanger (Doppia immagine nello spazio, 1970). Il film, diretto da Robert Parrish, era il loro primo lungometraggio live-action e narrava le vicende di un astronauta (interpretato da Roy Thinnes) che ritorna sulla Terra dubitando che sia lo stesso pianeta dal quale è partito. Per questa ambiziosa produzione il duo inglese aveva, come sempre, creato tutta una serie di modellini di astronavi e sgargianti scenografie. L’insuccesso della pellicola sia in Europa che negli Stati Uniti fu un duro colpo, ma gli Anderson non si arresero e decisero di sfruttare i modellini, i costumi e le scenografie per creare una nuova serie televisiva con attori umani. Nasceva così U.F.O., uno science-fiction drama che avrebbe segnato l’immaginario anche di numerosi telespettatori italiani.
I temi affrontati da U.F.O. – dall’uso di stupefacenti al divorzio, fino al suicidio e alla morte violenta – erano per l’epoca abbastanza scottanti, tanto che la Televisione italiana, non trasmise alcuni dei 26 episodi girati. Oltre che nei temi, la carica “trasgressiva” del telefilm riverbera persino nei costumi (le operatrici di base Luna che vestono tute aderenti e sexy, nonché parrucche di color viola), e nelle scenografie (l’arredo della base e le automobili). Un fiore all’occhiello delle serie prodotte dai coniugi Anderson sono da sempre i sofisticati e curati modellini, che anche in questo caso non difettano di verosimiglianza, dando alle storie un qualificato scenario. Altro punto di forza sono i personaggi, psicologicamente ben descritti e ben resi dalle performance degli attori. Edward Bishop è perfetto nella parte del comandate Straker che ha sacrificato la propria vita privata (è divorziato) per una giusta causa. Si può quasi afferrare con mano la tensione che lo assale quando è costretto a prendere decisioni importanti in pochi secondi. Decisioni che mettono a repentaglio i destini del Genere Umano. Non sono da meno i comprimari, dal veterano Sewell al rampante Billington, magistralmente calati nei rispettivi ruoli.
Nonostante queste buone premesse, il telefilm non andò oltre la prima serie. Tra il 1971 e il 1974 uscirono però sul grande schermo cinque pellicole composte da episodi montati uno di seguito all’altro e accompagnate dalle musiche di John Barry. I titoli italiani erano: UFO Contatto Radar – Stanno atterrando; UFO Allarme Rosso – Attacco alla Terra; UFO Annientate SHADO – STOP – Uccidete Straker; UFO Distruggete Base Luna e UFO Prendeteli Vivi.
Il successo internazionale giunse, comunque, con un'altra serie “live-action”: Spazio 1999 (Space: 1999, 1975-77, 48 episodi), da molti considerata una sorta di sequel di U.F.O.
Sulla Luna esiste da oltre vent’anni Base Alpha, dove risiedono ben 300 persone. Il nostro satellite è utilizzato come deposito di scorie nucleari. Una violenta esplosione, dovuta proprio alle scorie, d’improvviso fa uscire la Luna fuori dall’orbita terrestre. I suoi abitanti si ritrovano così a vagare per l’Universo, alla ricerca di un pianeta in grado di ospitarli. Nel loro infinito peregrinare, gli alfani incontreranno razze di altri mondi, mostri e bizzarri alieni.
Dopo l’esperienza di U.F.O., Gerry e Silvya Anderson avevano deciso di produrre una nuova serie con attori in “carne e ossa”. L’obiettivo era quello di creare uno show esportabile anche negli USA. Da qui, il viaggio dei coniugi inglesi negli States alla ricerca dei possibili protagonisti principali: il comandante Koenig e la dottoressa Russell. All’inizio vennero contattati Robert Culp e Katherine Ross, ma in seguito la scelta ricadde su Martin Landau e Barbara Bain (all’epoca marito e moglie), già apprezzate star di Missione Impossibile. Prodotta dalla Group Three Production, in collaborazione con la ITC e la RAI, lo show coinvolse anche celebri attori quali Barry Morse, nel ruolo del professore Victor Bergman, e giovani ma brillanti professionisti come Nick Tate, Prentis Hancock, Zienia Merton e Anton Philips.
In Spazio 1999 si respira la medesima atmosfera cupa già presente in U.F.O.. Le stesse scenografie, a cominciare dagli interni della base, sono di un bianco “pallido”, quasi depressivo. Il ritmo lento e calibrato, le trame psicologiche e la “regola” imposta agli sceneggiatori di scrivere gli episodi in modo lineare – per consentire allo spettatore di capire la storia in qualsiasi momento si sintonizzasse con lo show – non furono del tutto capiti. La seconda serie, vide l’ingresso di Fred Freiberger, già produttore della terza stagione di Star Trek. Freiberger fece uscire – senza darne nessuna spiegazione all’ignaro telespettatore – alcuni personaggi, come il professore Bergman, e ne introdusse di nuovi, come il vice-comandante Tony Verdeschi (Tony Anholt) e l’extraterrestre Maya (Catherine Shell), in grado di trasformarsi in qualsiasi essere vivente. Le storie furono irrobustite di una maggiore dose di avventura e il romanticismo fece la sua comparsa: il rapporto tra il Comandante Koenig e la dottoressa Bain si fece più intenso, così come quello tra Maya e il vice-comandante Verdeschi.
Questi accorgimenti furono alla base di un parziale successo anche in America, ma resero lo show troppo simile ad uno “Star Trek dei poveri” e non riuscirono ad evitare la chiusura del telefilm. Come per Star Trek, anche qui le continue repliche hanno rivalutato lo show, trasformandolo in un piccolo “cult” televisivo e consegnando Gerry e Sylvia Anderson alla storia della televisione di science fiction.
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