Se è vero che la fortuna aiuta gli audaci, lei era un'intrepida e si divertiva molto con tutti i giochi, specialmente quelli in cui gli avversari potevano sfidarla contemporaneamente. Scommetteva di nuovo praticamente tutto il denaro che vinceva, senza preoccuparsi di quanto ne guadagnasse, o perdesse. Solo se si ritrovava le tasche vuote, lasciava il Kindlom in anticipo, per andarsi a divertire da qualche altra parte. Altrimenti giocava per ore, con delle pause per visitare le altre sale. Quello era l'unico modo in cui gli Umani sapevano di poter vincere contro le Eniss ed erano abbastanza sicuri di passarla liscia, senza ritorsioni. Cristam era nota nella sala gioco per essere l'unica che non si arrabbiava mai, se perdeva, ma allo stesso tempo non aveva mai paura di mettere alla prova la propria sorte. Fissava sempre gli avversari con un sorriso beffardo e gli artigli che sfioravano il tavolo lievemente. L'eccitazione del rischio del gioco era accentuata dal dover sfidare esseri letali come le Eniss. Cristam non si faceva scrupolo nell'incutere soggezione, tutto ciò aveva lo scopo di aumentare il divertimento.

Si sedette, prendendo posto fra due uomini e due donne. Un uomo al suo fianco produsse una leggera pressione sul panno verde e l'ologramma di un dado a venti facce iniziò a roteare in aria, al centro del tavolo. Ogni faccia riportava una lettera di una lingua antica, lo stesso tipo di lettere che componevano una parola in un display sul tavolo. Ogni pochi secondi la parola cambiava. Quando l'uomo decise che era il momento, premette nuovamente sul panno e il dado si arrestò.

“Spiacente, la lettera Alef non è presente nella parola corrente”, pronunciò una voce elettronica.

— Dannazione! — esclamò l'uomo.

La mano passò a una donna dai capelli rossi, in un elegante abito verde. Gemette, emozionata. Una serie di nuove parole venne selezionata sul display. Cristam fece un paio di puntate su quelle che secondo lei sarebbero state scelte. La donna fermò il dado e azzeccò una lettera, liberando un'esclamazione di gioia. Provò a lanciare nuovamente il dado, indovinando un'altra lettera presente nella stessa parola. Stava vincendo la puntata moltiplicata varie volte. Continuò a giocare fino a che sbagliò, quindi la mano passò nuovamente. Quando toccò alla Eniss, puntò su sé stessa l'uscita di alcune lettere in particolare, fermò il dado alla parola scelta e vinse. Cambiò subito parola e continuò così a vincere piccole cifre, per scaldarsi, puntando ogni volta che poteva. Gli altri giocatori potevano fare delle scommesse sull'uscita di parole o lettere, quando volevano. Dopo una mezzora Cristam aveva racimolato un bel po' di quattrini e lasciò il tavolo. Il tipo di fianco a lei si alzò e la seguì curioso. Si avvicinarono a un grande monitor su di una parete, che illustrava le puntate e le gare in corso. Dei piccoli robot autonomi si sfidavano in un'arena di quattro metri quadrati. I robot erano costruiti da alcuni clienti con pezzi componibili forniti dal locale, poi venivano messi nell'arena a gruppi di sei e fatti lottare tra di loro. Vinceva il robot che alla fine era ancora in grado di muoversi e aveva perso il minor numero di pezzi. Ogni concorrente attribuiva al proprio guerriero un nome fantasioso e, oltre a scommettere egli stesso, poteva ottenere una parte del montepremi delle scommesse, se il suo robot vinceva la gara.

— Sei una donna molto fortunata. — le disse l'individuo, con un sorriso ammagliante. Era un uomo di mezz'età, con capelli ricci e brizzolati, indossava un vestito formale scuro, con una sgargiante cravatta rossa. Teneva le mani in tasca e sembrava solo marginalmente interessato alla disputa.

— Donna? — chiese lei.

— Le Eniss sono solo donne, dico bene?

— Stai cercando di adularmi? Io non sono Umana, signor?