Avverto un odore di morte che avvolge l'atmosfera circostante. Dev'essere solo il presagio sensorio degli eventi che devono accadere e di cui siamo tutti semplici spettatori passivi. È difficile credere che si tratti di una peculiarità del programma.
I ragazzi e l'insegnante sono una sfera blu, lucida, iconizzati secondo una rappresentazione simultanea sovrapposta. In pratica, pur essendo seduti distintamente, ciascuno nel proprio banco, risiedono contemporaneamente in un'area di memoria che fa capo a identiche coordinate spaziali. Quindi occupano tutti il medesimo spazio virtuale sotto forma del semplice sembiante prefissato.
È una giornata limpida. I colori infuocati fanno presumere che la temperatura sia molto più alta di quello che i nostri corpi percepiscono. Il clima deve essere secco da parecchi giorni, o mesi, o anni.
Non è ancora mezzogiorno, mezzogiorno del 25 giugno 1876. Alcuni pony pezzati si abbeverano lungo il fiume, immergendo i loro teneri musi nell'acqua fredda, mentre scrollano le criniere e le code ondeggiano con ostentata pigrizia a scacciare qualche insetto molesto. Un paio di cespugli secchi e desolati rotolano verso nord, sospinti da un vento leggero e polveroso.
Fare da guida a una banda di marmocchi nei meandri di una simulazione storica non è mai stato spiacevole in passato, se non fosse che questa volta l'insegnante non capisce un accidente di ciberspazio e navigazione interattiva. Siamo appena all'inizio e ha già avuto da ridire un paio di volte sui miei movimenti.
La conduzione di simulazioni scolastiche per me costituisce solo un diversivo con il quale mi piace tenermi occupata durante i turni di riposo che l'Agenzia concede settimanalmente. Insomma, non ne ho bisogno.
Economicamente, intendo. Mi piace farlo e a Kat non dispiace che gli Agenti facciano un po' di promozione delle attività culturali di CyberWorld che vengono trascurate sempre di più.
A tutto però c'è un limite!
— Signorina Venus Centoventiquattro! — esclama con voce stridente la signorina Miller — Non crede che dovremmo alzare il nostro punto di osservazione? Non si riesce a vedere bene l'avanzata delle truppe.
"Signorina Venus Centoventiquattro"?! Ma dove vive questa? Me la immagino con i capelli grigi raccolti dietro la nuca, la gonna marrone di panno sotto il ginocchio e l'espressione inacidita da zitella incallita dietro gli spessi occhiali che le coprono mezza faccia rugosa come una mela appassita. Dice che non ci vede! Probabilmente ha dovuto togliersi gli occhiali per inforcare il visore e non l'avrà regolato sulle diottrie che le mancano. Comunque preferisco non dire niente e li alzo di qualche centinaio di byte.
Un nuvolone di polvere si solleva lontano, a est, al di là del fiume. L'apice della più grande e sanguinosa battaglia mai combattuta tra uomini bianchi e uomini rossi sta per arrivare, lo si sente nell'aria, nel paesaggio arido, sui volti tesi degli uomini, nel nitrire nervoso dei cavalli. Non si ode altro che il ritmato battere dei ferri degli animali al galoppo sulle piste indurite da settimane di ininterrotta siccità.
Mi chiedo come siano quei ragazzini, in qualche aula sperduta del Kansas, tutti con i loro bravi display audiovisivi LCD comprati quasi trent'anni fa, alla fine della Rivoluzione Ciberspaziale del '27. E la vecchia insegnante che ogni tanto commenta gli avvenimenti che si svolgono intorno e insieme con loro.
Impartisco alcuni comandi per avvicinare i ragazzi e la professoressa alla posizione di Toro Seduto. La sfera blu si muove fluidamente, planando leggermente verso nord fino a occupare le nuove coordinate programmate.
La faccia larga, con la mascella decisa e gli occhi penetranti, è dipinta di rosso in segno di auspicio favorevole. Lunghe trecce nere avvolte da pelo di marmotta lucente gli scendono fino al petto sulla casacca di daino conciata con il fumo e ricamata con aculei di istrice verdi. Ciocche di capelli umani gli pendono dalle spalline decorate. Ai piedi indossa mocassini ugualmente ornati, mentre ritta sulla nuca fa fiera mostra di sé una lunga penna d'aquila. Le sue parole sono rapide e sicure in modo da non ammettere né repliche, né obiezioni da parte di alcuno. D'altro canto nessuno mai oserebbe… Un grido d'allarme. Un uomo sta indicando un punto al di là del fiume. Lungo l'alveo una nuvola di polvere si sta avvicinando. Giubbe blu.
Sbadiglio. Non credo che i piccoli studenti siano rapiti dal realismo della scena più di quanto lo sia io. Probabilmente alla loro età sono ormai abituati a ben altre simulazioni. Nonostante tutto bisogna ammettere che la ricostruzione è vivida, ricca di particolari e, a quanto ne so, perfettamente attinente alla realtà storica. Non è un caso che si tratti di un'esperienza della Fantasia Inc., il ramo della Walt Disney Company dedicato alle simulazioni immersive virtuali che da quasi quindici anni hanno soppiantato definitivamente gli immensi parchi di divertimento a tema come Disneyworld, Epcot, Disneyland ed Eurodisney.
Qualche altro comando con il joystick-SD simulato e traslo gli spettatori all'interno della tenda di Toro Seduto. La vera noia di questo lavoro è che bisognerebbe assistere precedentemente alla simulazione per prepararsi in maniera adeguata ed essere in grado di effettuare gli spostamenti con sufficiente tempismo per offrire sempre il punto di vista ottimale.
Una specie di regia della realtà.
Ovviamente, io non lo faccio mai.
— Venus@124, ehi, non si vede più un cazzo! — il coro di marmocchi mi chiama.
— Ragazzi! Insomma… — li ammonisce prontamente la signorina Miller.
— Certo, ehm, scusate. — Mi sono distratta un istante a osservare le cinque compagnie di "Lunghi Capelli" Custer, del Settimo Squadrone Cavalleggeri, che stanno cercando un passaggio attraverso il Little Big Horn, e i ragazzi con la vecchia strega sono rimasti dentro la tenda. Mi affretto a spostarli verso est. Se credete che sia facile effettuare gli spostamenti in tempo reale, provateci voi. Una volta avviata la simulazione non si può mica dire agli indiani di fermarsi. O meglio, lo si può fare, ma che figura si fa? Insomma, tutta l'immersione perde significato se il pellerossa si blocca con il pugnale a mezz'aria, proprio nel momento in cui sta per sferrare un colpo al cuore al suo mortale nemico pallido.
I soldati sono ormai giunti sulla cima della collina e puntano diritti verso il guado. Quattro indiani Cheyenne si fanno avanti per cercare di intimorirli. Uno di questi è Cavallo-dalla-Coda-Mozza. I soldati si fermano e la sparatoria inizia, mentre il numero degli indiani tutt'intorno a loro cresce rapidamente.
Credo che anche la tensione dei ragazzi stia aumentando vertiginosamente. Io stessa vengo travolta da quell'ondata del Passato-che-si-fa-di-nuovo-Presente in una corrente di luce attraverso un fascio di fibra ottica, tanto che tardo un istante a effettuare il nuovo spostamento.
— Signorina Venus Centoventiquattro! — interviene ancora la Miller in un latrato che inonda l'intera vallata. Mi aspetto che gli indiani e i soldati si voltino verso di noi.
I ragazzi scoppiano in una risata, per smorzare la tensione che sta montando.
— Mi perdoni, signorina. — Ho un tremito di rabbia. D'accordo ho tardato qualche secondo di troppo, ma ci provi un po' lei a star dietro a quell'orda di gente che sta facendo di tutto per massacrarsi.
Abbasso i ragazzi fino al livello del suolo, a meno di cento metri dal luogo dello scontro. È come se fossero lì, come se avessero assistito direttamente a quella battaglia di oltre centocinquant'anni fa. Anzi, loro ci sono. Il Tempo non esiste più. Non c'è differenza tra ieri e oggi. Gli indiani sono lì, i soldati pure. E la lotta infuria.
Adesso.
Spari, spari e ancora spari. Gli indiani catturano i cavalli dei soldati, nelle tasche delle selle trovano pistole e munizioni. Ai cadaveri rubano carabine e cartucciere. La potenza di fuoco continua ad aumentare. Il numero di soldati diminuisce e gli indiani si lanciano in un furibondo corpo a corpo.
La Miller ordina ai ragazzi di seguire i movimenti di Toro Bianco.
Il pellerossa gira intorno all'ultimo gruppo di soldati finché non si trova sul lato esposto a oriente. Vi sono ancora una ventina di soldati. È pronto a caricare. Un soldato alto, con i capelli bianchi, corti e i baffi lo vede giungere e gli punta addosso il fucile.
La zitellaccia spiega che quel soldato è proprio il Generale Custer.
Grazie tante, non lo aveva capito nessuno!
— Toro Bianco non aveva mai visto Custer — aggiunge con perfetta dizione inglese. — Gli indiani lo chiamavano Pehin Hanska, Capo dai Lunghi Capelli o solo Lunghi Capelli. Quel giorno però, il fatto che Custer avesse i capelli corti contribuì a non farlo riconoscere a Toro Bianco.
— E perché se li era tagliati? — chiede una voce acuta. Si sente perfettamente che sta ruminando un chewing-gum.
La Miller ignora astutamente la domanda.
Toro Bianco aggredisce l'ufficiale in uniforme blu, il quale non gli spara, ma gli getta addosso il fucile. L'indiano lo schiva. I due lottano avvinghiati rotolando in mezzo alla polvere e al fumo. Sono due guerrieri forti e coraggiosi.
Mi viene una gran voglia. Non vi è mai capitato di avere un'idea improvvisa che dovete assolutamente mettere in pratica o sapete che ve ne pentirete per sempre? Credo che la signorina Miller se lo meriti.
Il pellerossa colpisce il soldato in faccia con il suo frustino e quindi lo fa retrocedere di qualche passo. Poi, questi torna alla carica con violenta disperazione.
Scarica i suoi pugni contro le spalle robuste e la mascella forte dell'indiano. Gli afferra le trecce con entrambe le mani e le tira a sé con forza, cercando di mordergli il naso.
Una risata fragorosa. Ma l'ilarità dei ragazzi dura pochissimi istanti.
Apro rapidamente un menù con una mano. È una cosa che un agente ASCI non dovrebbe fare, e non so neanche perché lo sto facendo, ma loro non lo sanno, né lo sapranno mai. Scelgo un sembiante tra quelli che ho a disposizione. Poi lo copio nella simulazione e attivo il modo a elevata interattività. Aspetto il momento giusto. Mi dispiace soltanto di non poter vedere la faccia della Miller.
Il soldato riempie Toro Bianco di pugni e calci. L'indiano si dibatte come un toro preso per le coma. Finalmente riesce a liberarsi, ma proprio in quell'istante il soldato estrae la pistola.
— No! — mormora qualcuno con un filo di voce.
Io mi preparo spostandomi vicino ai due protagonisti, invisibile ai ragazzi e all'insegnante. Sono pronta. È sufficiente un comando vocale.
Toro Bianco gliela strappa di mano e con essa lo colpisce alcune volte alla testa fino a tramortirlo. Poi prende la mira…
— Nooo! — Il mormorio diventa urlo.
— Ora! — esclamo. Un tremolio silenzioso. Una parte di spazio assume istantaneamente una forma ben nota.
— Toro Bianco! — la voce di John Wayne è stentorea oltre misura. L'indiano si volge perplesso verso di me. Non gli era mai capitata una cosa simile. E a quanto ne sa, non avrebbe mai dovuto. Il pellerossa è rimasto a bocca aperta, senza parole.
— Signorina Venus Centoventiquattro! — urla la Miller, disperata, come se qualcuno gli avesse appena cancellato il disco ottico.
— Uauuuu! — i ragazzi sono coinvolti in un impeto di eccitazione.
Scuoto la testa e sorrido. Toro Bianco si volta nuovamente verso Custer. Sta per compiere quello che deve. La Storia lo esige. Estraggo la mia Colt 45 dalla fondina. È fredda e pesante. Sono molto vicina, ehm… vicino, fortunatamente non è necessario che prenda la mira.
Uno sparo.
— Signorina Venus! Cosa diamine sta succedendo! — La Miller è su tutte le furie. La sua voce è la sirena di un'avioambulanza.
Toro Bianco si accascia a terra senza un lamento. Il sangue che sgorga dal suo petto è rosso cupo come la sua pelle. Il suo sguardo è vitreo e sorpreso, come se qualcosa non fosse andato secondo le sue aspettative.
Gli studenti sono in festa. Battono le mani. L'insegnante continua a chiamarmi inorridita ed esterrefatta. Gli improperi che escono dalla sua bocca sorprendono perfino me. Non la facevo capace di tanto.
John Wayne scompare nella stessa maniera in cui era venuto. La sfera gialla che mi rappresenta assume una sfumatura arancione, un misto di scherno e di scuse. L'ultima generazione di sembianti, quelli SCSI (Sentimental Color Set Interface), sono in grado infatti di simulare il linguaggio gestuale del corpo e soprattutto del viso tramite reazioni specifiche alle sfumature del tono della voce, al battito cardiaco e alla temperatura corporea. Una specie di macchina della verità a colori, incorporata via software nel data-suit. Fortunatamente la Miller non è al corrente di queste nuove magie cibernautiche.
Le assicuro come un'ingenua che non capisco cosa possa essere andato storto. — Forse è la strada che la Storia avrebbe voluto seguire! — azzardo per provocarla, anche se mi rendo subito conto che non ce ne sarebbe alcun bisogno.
— Lei, signorina Venus Centoventiquattro — scandisce il mio numero d'ordine con un certo disprezzo, — non ha la minima idea di cosa sia la Storia! — La sua voce si imposta — Di come le gesta di uomini quali il Generale Custer e Toro Seduto abbiano influito su quello che siamo noi oggi, come Popolo e Nazione…
Va bene, escludo l'audio e digito le nuove coordinate di memoria per raggiungere il polo di Londra. Ne ho abbastanza degli strepiti della vecchia. Anche se la Miller si lamenterà con il preside, il quale deciderà di non effettuare l'accredito e di non chiamarmi più, il divertimento che ne ho ricevuto alla fine risulta superiore a qualsiasi ricompensa.
In fondo, il mio è stato solo un peccato veniale. Spero almeno che King non venga a saperlo. Non so se approverebbe. Probabilmente neanche Kat sarebbe molto contenta. Gli ASCI dovrebbero essere i primi a dare l'esempio. Un po' come i preti. Semmai ne avessi bisogno, questo pensiero mi mette a posto la coscienza, come un'aspirina per il mal di testa.
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