In una prospettiva futuristica in cui le tecnologie abbiano fatto passi da giganti, e garantito una efficiente funzionalità nei diversi settori umani; e anche il progresso sia avanzato con l’impeto di un razzo lanciato nello spazio senza una meta stabilita. Premesse, queste, di un contesto enigmatico, che prima facie placherebbero la fragilità umana, garantendo risposte alle esigenze terrene e spaziali, o antidoti contro l’ansia, verso l’ignoto e l’infinito, ma che ex post costringerebbero a pagare lo scotto di un fallimento consapevole, celato e anche giustificato.
L’autore, con la sua scrittura fluida e chiara, ci scaraventa in un futuro senza frontiere, in cui lo scibile umano sarà giunto lontano… fin dove si è voluto rischiare tanto, fino dove si è scelti di investire e perdere tutto. E poi Catani ci parla tra le righe…ci mostra come qualcuno possa anche fermarsi, sperdersi e chiedersi verso cosa e chi l’umanità sia diretta.
Spingere la conoscenza e la tecnologia in un punto di non ritorno, irreversibile, alienante, questo è ciò che Catani ci fa vedere con la sua penna, perché i lettori e i sostenitori di teorie all’avanguardia, non sempre percepiscono i limiti e le direzioni della scienza e della fantascienza. Ma una cosa è certa: senza un fine e senza una ragione, la vita potrebbe non essere più la stessa; potrebbe trasformarsi in un pericoloso boomerang, un terribile autogol.
Scoprire e non sapere come usare o come investire il nuovo potrebbe essere una trappola mortale; allora sì che sarebbe come morire tra le braccia del futuro.
La riflessione di Vittorio Catani in Verso la notte, opera concepita nei lontani anni sessanta: “l’apparire è più importante dell'essere. Ma alla fine dietro una faccia perfetta resterà qualcosa?”, si rivela più attuale che mai; cambiare faccia come si cambia d’abito, cambiare il proprio aspetto, a seconda del momento, della moda, dello stato d'animo. Perché in fondo è questo l'importante: il proprio aspetto.
L’autore in alcune righe riesce a trasmettere il nocciolo della questione:
“Sentimenti, realtà e luoghi transeunti, ecco il prezzo del nostro vivere “civile”. Questo sovvertimento, il balbettio dell’uomo–dal–vestito–grigio, per la superfetazione dello scibile nell'esplosione alienante, non assimilabile, di macro e micro-tecniche, di formulazioni teoretiche, delle prassi, di sperimentazioni sociali o di equazioni economiche, fino ad aver divelto ogni impalcatura di comprensibilità.” L’indiscussa capacità dell’autore è da sempre quella di indurre il lettore a porsi domande e a meditare su realtà non sempre chiare. In questo racconto è agevole ad esempio chiedersi: Cosa resterà in futuro dell’uomo quando si arriverà oltre il metallo, oltre la scienza, oltre il possibile? Quanto rimarrà dietro la perfezione apparente?”
Oppure, come narra l’autore: ‘’Che maschera sceglierai?” chiese Carletto con cortese interesse.”
E ancora: che fine fanno i sentimenti? E l’anima? E la verità?
Già, si potrebbe anche replicare ‘’Quale verità’’?
Sembra non esistere una sola verità, e forse dovrebbe esserci, magari in ognuno di noi. Una verità sigillata con il fuoco nel momento in cui ciascuno viene al mondo, un marchio che garantisca un’esistenza breve, laddove inserita in un intervallo di tempo limitato, o infinita, ma solo se relazionata all’eterno.
L’autore si relaziona al finito e all’infinito, o almeno ci prova, e lo fa a modo suo, con uno stile sobrio, diretto, incisivo, senza compromessi. La penna di Catani non usa mezzi termini, né finzione, neppure nelle ambientazioni futuristiche, e non ci fa sentire il peso del tempo, anzi ci fa vedere con i suoi occhi un’apparente perfezione e fa percepire un sistema di vita progettato dall’uomo fin dalla sua creazione.
Ho sempre apprezzato l’abilità e la franchezza dello stile di Catani, uno stile che affronta questioni delicate, calde, controverse.
Deduzioni logiche e non, che l’autore si diverte a sottoporre al lettore: “un sistema infinito di termini a infinite incognite, e da questo nasce che…”, ebbene, noi lettori ci chiediamo: cosa nasce? Le risposte in realtà sono tutte all’interno della trama, lì dove sorge un districhino di fili, di metallo, di maschere e incognite…
Credo che la scrittura di Catani – già dagli anni ’60/70 – sia indefinibile, impossibile da circoscrivere in un intervallo di fantasia e creatività limitato; essa ha in re ipsa variabili indefinite, e anche finite, ma solo allo scopo di indurre il lettore a meditare, a decidere in anticipo se schierarsi in modo consapevole con l’umanità o con una scienza senza più anima, senza più limiti e frontiere.
E’ necessario pensare in fretta, perché come l’autore stesso dice: ‘’… ogni vita è troppo breve per capire e aver voglia di capire.’’
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