Mi diverto a giocare con il giallo, con la letteratura e a sedurre il lettore con autentici rompicapo (B.Akunin); B. Akunin... sta alla Russia come Camilleri all'Italia... Ricco di estro e di humour, ha creato con Erast Fandorin un'accattivante figura di detective... (Il Venerdì di Repubblica); ...Ironia e umorismo sono certo tra le corde preferite di questo scrittore... (La Gazzetta di Mantova); Fandorin... è un personaggio della Russia di fine Ottocento. Non è per Akunin un istinto passatista, quanto un'operazione di continuità della grande letteratura russa... La base di un gioco che mette insieme tanti ruoli e li fa muovere per puro diletto.... (Pulp); B. Akunin... sembra uscire dalla scuola letteraria dell'Ottocento: quella dei Gogol', dei Goncarov e del giovane Dostoevskij. (Il Giorno), con queste premesse è arrivato sul mercato editoriale il terzo capitolo delle rocambolesche avventure di Erast Fandorin, il personaggio ormai entrato nell'immaginario collettivo di tanti estimatori del giallo di classe. Anche questa volta Grigori Tchkhartichvil non tradisce le aspettative dei suoi lettori: con abile maestria, B. Akunin ci regala un grande giallo moderno ambientato nella seconda metà dell'Ottocento. Rigore storico e fantasia si intrecciano in un ideale connubio magico: il lettore, una volta incollati gli occhi sulle pagine del libro, non può fare a meno di continuare a leggere con avida brama di conoscere l'epilogo. In Assassinio sul Leviathan questa volta B. Akunin costruisce una trama imitando alla perfezione gli stilemi artistici di Agatha Christie; a differenza dei due capitoli precedenti, questo nuovo romanzo ha il sapore di una sfida letteraria, non a caso sembra di aver a che fare con un romanzo di Agatha Christie anche se così non è. B. Akunin imita la grande scrittrice e ne è perfettamente consapevole; grazie alla sua sorprendente erudizione il giallo non è un semplice giallo, è anche (e soprattutto) un rapporto umoristico sugli spaccamenti sociali/storici dell'Ottocento. I personaggi interessati sono un giapponese, una donna inglese, un russo, ecc.: è un romanzo etnico che mostra pregi e difetti della tipica donna inglese compassata stanca di recitare il suo ruolo austero di Lady di Ferro, del giapponese combattuto fra tradizione e sospetto nei confronti del mondo (della cultura) occidentale, ecc.

Ma veniamo alla trama: Erast P. Fandorin è diventato quasi intrattabile pur non perdendo il suo fascino; il ricordo, la ferita della moglie morta è un dolore che ancora non riesce a dimenticare (e probabilmente non vuole dimenticare, ma al contrario vuole attingere nuova forza dal dolore - un cliché emozionale che l'autore sfrutta con sapiente ironia: Erast Fandorin, logico e freddo è messo non poche volte in imbarazzo dal suo dolore, che, tuttavia, ama conservare a dispetto dei rari momenti di autocritica). Comunque sia, il giovane investigatore è di nuovo coinvolto in un coacervo di misteri. Questa volta fra i sospettati c'è anche lui, Erast Fandorin: incluso erroneamente fra i sospettati di un delitto da prima pagina - la famosa strage di rue de Grenelle che ha fatto parlare per giorni e giorni le prime pagine dei giornali francesi e non - il diplomatico russo, mentre è diretto alla sua futura sede in Giappone, è costretto suo malgrado a dover risolvere un caso basandosi esclusivamente su quanto può leggere da alcuni stralci di giornale.

Ma facciamo chiarezza: corre l'anno 1878 e il piroscafo Leviathan solca le acque sulla rotta verso Oriente, il suo viaggio inaugurale; tra i passeggeri superselezionati che godono gli agi dorati di questa esclusiva crociera si cela il colpevole della strage di rue de Grenelle. Le indagini sono state affidate ad un 'segugio' francese, che sul Leviathan non si risparmia né in boria né in presunzione: Fandorin non si scompone e il povero 'francese' è costretto più volte a ritrattare le sue deduzioni praticamente annichilito dall'acuto spirito di deduzione del diplomatico russo. I sospettati sono una zitella appassita, una dama incinta, un ambiguo giapponese, un baronetto dagli occhi da pazzo e un archeologo; tutti sembrano godere di un ottimo alibi, ma rimangono comunque dei sospettati come Fandorin. L'inaugurazione del Leviathan non è delle più belle: sulla nave si succedono delitti senza un motivo apparente. A tutti i passeggeri, prima di salpare, era stata donata una spilla: tuttavia, i sospettati, per un motivo sconosciuto, non hanno questa spilla e sul luogo della strage di Rue de Granelle è stata trovata una spilla, quella data in dono ai passeggeri per l'inaugurazione del Leviathan. Mentre il lettore viene abilmente depistato circa l'identità del possibile assassino dalla maestria narrativa di B. Akunin, il lettore non può far altro che contemplare impotente rivelazioni che non riesce a interpretare; intanto Fandorin, intrappolato sul gigante dei mari con i suoi compagni di sventura, si è già fatto una precisa idea dell'assassino e della sua identità ma se ne guarda bene dal rivelarla al segugio francese. Perché? Fandorin sa, ma, purtroppo, gli mancano le prove. Alla fine, grazie alle indicazioni dell'archeologo e ai raffazzonati indizi della polizia francese, Fandorin identifica il criminale. L'archetipo dei gialli alla Agatha Christie viene rispettato in tutto e per tutto, ma Akunin non si limita a maneggiarlo con consumata perizia, fa soprattutto una abile ironia su questo cliché narrativo dando vita a una storia originale dove Fandorin è quasi una comparsa nell'intreccio narrativo, una comparsa che, comunque, alla fine, scoprirà le sue carte per inchiodare il colpevole.

Il romanzo è scritto con la solita cura e perizia: B. Akunin gioca molto con l'ironia, forse perdendo un po' di vista l'intreccio giallo (ma era tutto calcolato nelle intenzioni dell'autore, poco ma sicuro!); a metà romanzo, il lettore è portato a identificare l'assassino con una quasi certezza, tuttavia B. Akunin a questo punto decide di rimescolare le carte e fa cadere i sospetti del lettore su un altro dei suoi personaggi (... o meglio delle sue irresistibili macchiette). Il lettore tuttavia rimane convinto che l'assassino non può che essere la giovane dama incinta... e poi il colpo di scena: l'assassino non ha agito da solo, ma bensì con la complicità di... istigato da... No, meglio non svelare l'arcano. E poi il figlio che la dama incinta porta in grembo è di... No, meglio tacere. Insomma, molta ironia: se il lettore crede ingenuamente di aver capito chi potrebbe essere l'assassino già a metà del romanzo, mi dispiace per lui, perché B. Akunin gli ha riservato un gran bella sorpresa che spiazza e tramortisce. Per la prima volta, nonostante Fandorin alla fine smascheri l'assassino (e il complice o i complici!), sarà per il giovane diplomatico russo niente di più di una mezza vittoria. Leggere per credere... per scoprire la verità!