Che Gabriele Salvatores, regista premio Oscar per Mediterraneo, fosse un cultore e amante della fantascienza era noto. A testimoniarlo ci sono almeno due film: Nirvana e il più recente Il ragazzo invisibile. Due storie molto diverse tra loro, ma unite dall'aver trattato tipici temi fantascientifici. Fa piacere, però, constatare anche che il regista milanese (ma napoletano di nascita) non solo abbia avuto una passione genuina fin dall'infanzia per la science fiction, ma che ne difenda anche la voglia degli italiani di voler praticare questo genere dell'intrattenimento.
La sua lode della fantascienza è stata fatta recentemente in un'intervista a Repubblica, edizione di Milano. Salvatores ricorda che, a proposito di come riuscì a realizzare Nirvana, un film esplicitamente di fantascienza: "Il pallino della fantascienza ce l'ho fin da ragazzino, ero un cultore di fumetti, di Flash Gordon coi suoi mondi meravigliosi, poi, nei '70-'80, di graphic novel francesi, di Bilal, Giger, Moebius. Non ho mai amato naturalismo e realismo, dopo la scoperta dell'inconscio di Freud e l'avvento della realtà virtuale il concetto di realtà va ridefinito, non possiamo fermarci a ciò che vediamo. Anche il Teatro dell'Elfo, che ho fondato nel 71, si chiama così in onore a Shakespeare, il vero inventore del realismo magico. Ma per farci un film ci volle un superpotere".
Certo, Salvatore ignora o non cita tutta la fantascienza cinematografica di registi come Mario Bava, Antonio Margheriti, Enzo G. Castellari, Luigi Cozzi, ritenuta - a nostro giudizio a torto - di serie B, ma va apprezzata l'intenzione e la determinazione a sostenere che anche gli italiani sanno praticare questo genere cinematografico. Poco prima aveva, infatti, affermato: "perché la fantascienza noi italiani siamo capaci di farla, se ce la lasciano fare".
C'è anche la consapevolezza che nel nostro Paese il genere è sottovalutato e se Salvatore parla di cinema, il discorso può valere anche per la narrativa italiana di science fiction. Afferma Salvatores: "Però sono contento che se ne parli, perché in Italia sul genere sono diffidenti sia i produttori che il pubblico. Un pregiudizio in favore del cinema d'autore che ci viene dalla cultura francese, dal cinéma d'auteur. Un tempo aveva senso, l'unico a non farsi intimidire fu proprio Petri con La decima vittima".
Per il regista di Nirvana, la fantascienza è stata presente anche prima dei due film che appartengono al genere science fiction. Già quando era regista degli spettacoli del Teatro dell'Elfo a Milano, negli anni Settanta, c'era uno spettacolo ispirato niente poco di meno che a opere di Philip K. Dick, di cui Salvatores è sempre stato un estimatore. Anche il film Nirvana risentiva sia delle influenze di Dick sia del cyberpunk. Lo afferma lui stesso nell'intervista: "Lì l'ispirazione fu il cyberpunk, scoperto coi romanzi di Dick e Gibson, tutt'altro che letteratura di serie B. La contaminazione tra uomo e macchina è un tema affascinante che ha ispirato tanti, penso a Blade Runner, a Cronenberg, a Matrix".
Insomma, fa piacere che un regista che nel panorama culturale italiano è comunque molto seguito parli così della fantascienza.
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