Alberto Moravia, diciamolo, non avrebbe gradito. Lui disprezzava ostentatamente la fantascienza, come ben ricorda chi lo vide, ospite a una convention come presidente di un premio letterario, maltrattare Luce d'Eramo colpevole di aver scritto un romanzo di science fiction. Eppure la rivista da lui fondata nel 1953, Nuovi argomenti, ha dedicato il suo ultimo numero alla fantascienza, intitolandolo Urania 451.
Se qualcuno immagina che un numero sulla fantascienza si ponga l'obiettivo di dire qualcosa sulla fantascienza, e in particolare sulla fantascienza italiana, magari pubblicando racconti di autori di fantascienza è, però, sulla cattiva strada.
La scelta del curatore, Carlo Mazza Galanti, è sostanzialmente quella di parlare del genere in senso quasi astratto, ignorando del tutto, anche qui quasi in modo ostentato, l'esistente. Nell'introduzione Galanti afferma di aver cercato autori "non necessariamente versati nel genere"; salvo poi trarre conclusioni sullo stato e le tematiche della fantascienza italiana dall'operato di questi undici signori.
Con l'eccezione forse di Laura Pugno, che ha già scritto qualcosa di fantascienza, nessuno degli autori presenti nel numero ha frequentato il genere; sono tutti autori che si muovono di solito su un terreno del tutto diverso. Si cimentano in questo caso con un genere chiaramente non loro, mimandone qualche aspetto esteriore ma senza padroneggiarne il linguaggio. I riferimenti sono per lo più a fantascienza d'epoca, con poche o nessuna traccia delle tematiche della fantascienza moderna.
Il volumetto contiene poi un breve saggio di Tommaso Pincio intitolato Il marziano in cattedra, come la nota rubrica in cui Fruttero e Lucentini in appendice ai romanzi tradotti pubblicavano raccontini di autori italiani. Che F&L considerassero la fantascienza italiana un'assurdità a priori (salvo poi pubblicarsi propri racconti sotto pseudonimo) è cosa ben nota, e l'impostazione di questo speciale di Nuovi argomenti del resto sembra allineata.
Pincio fa una storia di Urania (parlandone, curiosamente, come se non esistesse più da tempo); accenna al fatto che altre riviste hanno tentato di pubblicare racconti italiani ma, per come la vede lui, fallendo miseramente. Alla fine dei conti, dice citando F&L, «in Italia si scrive poca e non memorabile fantascienza». Con buona pace dei vari Aldani, Pestriniero, Evangelisti, Catani, Tonani, Avoledo, Verso, tradotti in tutto il mondo.
In coda, Gino Roncaglia firma il secondo saggio, analizzando temi piuttosto banali per chi è abituato a occuparsi di questo genere (si disserta se lo scopo della fantascienza sia o meno voler prevedere il futuro, di fantascienza e astronautica, si arriva persino a toccare gli UFO); se gli autori italiani citati da Pincio erano Landolfi e Yambo, Roncaglia cita addirittura Kolosimo. Anche qui la "storia" si ferma agli anni Settanta.
Peccato, più che altro perché chi legge questa rivista e non conosce la fantascienza italiana ne ricaverà l'impressione che essa non esista, se non quando qualcuno che scrive "letteratura vera" ha voglia di divertirsi a mettere un'astronave o un robot dentro al racconto. Colpa probabilmente anche dello stesso mondo della fantascienza italiana, che non ha saputo mettersi in luce e farsi conoscere da questo angolo del mondo della cultura letteraria. Sempre che sia un angolo che interessa a qualcuno.
Nuovi argomenti 68, ottobre-dicembre 2014, Mondadori, pagg. 224, ebook (con DRM) euro 6,99, stampata euro 14.
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