L’apice della critica verso qualsiasi forma di potere si evidenzia nel complesso ciclo di Dune di Frank Herbert. Anche qui ritroviamo una forma di dominio di tipo imperiale. L’Impero dell’universo conosciuto abbraccia l’intera galassia, ed è composto come in Asimov da soli esseri umani (benché la varietà di mutazioni esistenti apra la strada anche all’idea di specie post-umane o comunque ormai troppo diverse dalla razza di partenza). In Dune l’Impero è monocratico di

A questa conclusione giunge Herbert nel secondo capitolo del ciclo, Messia di Dune, e poi soprattutto al termine del quarto L’imperatore-Dio di Dune. In Messia, l’impero di Muad’dib ha superato di gran lunga le sue aspettative e ha scatenato violenza a livello galattico e l’introduzione di forme dispotiche di religione che, pur facendo capo a lui, sfuggono al suo controllo. In un passo del romanzo si legge una sorta di “regola ferrea” degli imperi: «Non è certo al momento della loro creazione che gli Imperi mancano di uno scopo. Quando, invece, si sono fermamente consolidati, gli scopi si smarriscono e vengono sostituiti da vaghi rituali». Così era per il Trono del Leone Dorato, ossia l’impero del suo predecessore, feudale e tradizionalista, così diventa dopo soli pochi anni per l’impero religioso di Muad’dib la cui spinta rivoluzionaria, una volta esauritasi, cede il passo al ritorno dei rituali del potere che corrispondono alla legittimità tradizionale.
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