Le variazioni degli stereotipi dell’industria dei comics è sempre stata un termometro dei cambiamenti sociali, attraverso il lavoro di filtraggio e diffusione dei Syndicates. I loro potenti circuiti hanno orientato i personaggi in funzione del pubblico di destinazione, dal filone comico delle “family strip” con i suoi spaccati di vita quotidiana a quello avventuroso, rivolto ai lettori di sesso maschile. Per decenni lo scenario fumettistico è stato dominato da eroi impegnati a salvare donzelle in pericolo, alternati a famiglie più o meno borghesi, spesso funestate da macchiettistiche mogli-virago.
Quel che il lettore medio poteva percepire come “realtà”.
In questo scenario convenzionale si assiste dagli anni Venti in poi all’emergere di una figura nuova, conseguente al massiccio inserimento della donna nel mondo del lavoro. È il momento dell’entrata in campo di personaggi come Winnie Winkle, primo esempio di working girl delle strisce, seguita a ruota da altre giovani segretarie come Tillie the Toiler, del 1921, e della più aggressiva carrierista Dixie Dugan, del 1929.
Rispetto alle compagne dei vari Buck Rogers o Dick Tracy e il loro ruolo di eterne comprimarie, il salto qualitativo è notevole, pure se il canovaccio delle storie rispecchia ambizioni sociali modeste e ruoli legati a cliché rosa.
Per segnare il passaggio in un territorio di esclusivo appannaggio maschile, bisogna spostarsi dalla commedia alla sf, incontrando nella Connie di Frank Godwin la prima fantaeroina dei comics. Dal suo esordio nel 1929, ;;la bionda Connie Kurridge è subito coinvolta in trame d’azione inedite per le sue contemporanee. Col supporto di un disegno elegante, derivato dall’esperienza nell’illustrazione editoriale, Godwin rende il suo personaggio una figura emancipata e coraggiosa presentandola come una ragazza del bel mondo che non disdegna di misurarsi con attività pericolose, diventando pilota aeronautico, reporter e investigatore privato.
Lo scenario delle storie di Connie è molto vario, per cui sorprende poco che la serie dall’inizio degli anni Trena faccia uno scarto narrativo, approdando in ambito fantascientifico. Con l’ausilio dello scienza e l’intervento del Dottor Chrono nella striscia subentrano macchine del tempo, viaggi interstellari e creature mostruose che offrono al personaggio una frontiera più ampia in cui muoversi. Fino alla conclusione della serie nel 1944, almeno.
Vincolata ai gusti del pubblico, l’avanzata femminile si concede una pausa per qualche anno ritornando agli stereotipi più abituali, e solo con l’apparizione del tarzanide in gonnella Sheena di W. Morgan Thomas, assistiamo nel 1939 a un nuovo timido sconfinamento di genere.
Sarà il clima di fermento sociale degli anni Sessanta a portare in Europa un rinnovamento di tipologie anche nel fumetto, che s’impregna della protesta sessantottina e torna a maturare una relazione fra femminismo e fantascienza, questa volta commisto a una forte componente erotica.
Al pubblico giovanile cui erano state destinate principalmente le storie, si aggiunge una fascia adulta, sempre più rivolta a produzioni sperimentali e d’autore. La Francia diventa la culla di questo fenomeno, che tramite la figura di Barbarella di Jean Claude Forest crea un canone dai numerosi epigoni anche in paesi d’oltremanica.
Barbarella inizia la sua avventura nel 1962 sul trimestrale V Magazine, ma è con l’albo cartonato di Eric Losfeld del 1964 che acquista una popolarità leggendaria, tale da diventare un fenomeno di costume, culminato nel film omonimo del 1968 con la regia di Roger Vadim.
L’originalità di Barbarella è di proporre l’omologo femminile del ruolo di avventuriero dello spazio, in intrecci fantasiosi dal gusto quasi fiabesco, reso godibile dallo stile personale di Forest, sempre a cavallo tra realistico e grottesco.
È in virtù di questa grazia che l’autore rende “digeribile” la promiscua condotta sessuale della sua eroina, che non esita a concedersi senza problemi a uomini, donne, angeli e persino robot. Una carica eversiva smorzata leggermente nel corso del tempo, in episodi dalla struttura più complessa come Mystérieuse, Matin, Midi et Soir, o Le semble Lune, in cui vediamo Barbarella diventare madre.
Quale che sia l’arco narrativo del capostipite, però, l’esempio rimane valido e il suo successo si fa seguire da colleghe che utilizzano la stessa bandiera, la liberazione del corpo e l’emancipazione, in variazioni su tema che adottano come sfondo lo spazio e i mondi futuribili.
La pattuglia è vasta e frastagliata, orientandosi in direzioni ora molto artistiche e d’avanguardia, ora su terreni più convenzionali.
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