Per il cast, la combinazione tra un’icona del cinema e la visione di Edwards per quest’epica rinascita, ha reso “Godzilla” un progetto irresistibile.

“Ford è l’eroe del film ed è coinvolto in diverse azioni”, ha commentato il regista. “E dato che molto del racconto viene fornito visivamente, era fondamentale che capissimo cosa pensasse e provasse, quindi avevamo bisogno di un attore capace di comunicare molto con un singolo sguardo. Avevo visto ‘Nowhere Boy’ nel quale Aaron interpretava John Lennon e mi è sembrata una performance piena di sentimento. Nei suoi occhi c’era così tanta emozione ed intensità. Da quel momento ho capito che quello sarebbe stato il nostro uomo”.

Lo sforzo di realizzare un Godzilla vivente sullo schermo con così tanti dettagli e realismo, ha richiesto un’ampia collaborazione di menti creative, incorporando il talento di specialisti come il disegnatore Matt Allsopp ed i disegnatori di creature della Weta Workshop, Andrew Baker, Christian Pearce e Greg Broadmore, oltre agli illustratori, gli artisti dell’animazione keyframe e struttura della Motion Picture Company, gli specialisti del sonoro, movimenti e riferimenti visivi, tutti supervisionati dallo sguardo esperto di Edwards.

“Tutti sulla stessa barca”, ha ricordato il regista. “Quello che cercavamo di ottenere era di far sembrare che Godzilla si muovesse nel mondo reale. Una delle domande più frequenti era, ‘Se fosse una persona, chi potrebbe essere?’ E dopo averci pensato un po’ su, ci è sembrato che potesse essere l’ultimo Samurai, un solitario ed antico guerriero che se avesse potuto, avrebbe preferito non fare parte del mondo in cui vive, ma che è costretto dagli eventi a riemergere in superficie. Abbiamo buttato giù parecchi bozzetti e disegni e ci è voluto oltre un anno per arrivare a renderlo perfetto”.

Alto oltre 100 metri, il più grande mostro del cinema, all’inizio Godzilla era stato concepito interamente come frutto di lavorazioni digitali, che mantenesse la classica forma ed identità del personaggio originale. Bipede, anfibio, un leviatano con pinne dorsali letali, che si allungano minacciose fino alla lunga coda che usa per spazzare via il nemico, Godzilla appartiene alla specie immaginaria dei Godzillasaurus, che i paleontologi hanno scherzosamente associato alla famiglia dei Tyrannosaurus Rex o Ceratosaurus, ma un po’ più grande.

L’impegno della produzione nel catturare l’essenza di Godzilla, li ha infine ricondotti al 1954,  all’iconico costume in latex progettato da Teizo Toshimitsu della Toho, da lui realizzato assieme a Eizo Kaimai, Kanju Yagi e Yasue Yagi. Indossato con grande efficacia dall’attore Haruo Nakajima, il fortunato costume fu trasformato per mezzo dell’obiettivo di Ishiro Honda in un disastro nucleare in carne ed ossa, che sputava un fuoco di origine nucleare su una Tokyo decimata. Sebbene quegli effetti fossero innovativi per l’epoca, la produzione era convinta del fatto che 60 anni dopo e con gli strumenti in loro possesso, Godzilla sarebbe sembrato vivo e reale.

“All’inizio delle lavorazioni, sentivo che dovevamo decidere e controllare chi fosse Godzilla”, ha spiegato Edwards, “ma, man mano che andavamo avanti, abbiamo iniziato ad accorgerci che era Godzilla stesso a dirci chi fosse, proprio come fanno gli attori che personalizzano i loro personaggi. Non siamo stati assolutamente capaci di dettare chi fosse; si è trattato solo di provare nuove idee e poi modificarle. E, a poco a poco, ci si è rivelato".

L’elemento finale dell’alchimia di Godzilla non è il suo aspetto ma il suo sonoro. Akira Ifukube, che compose l’ossessionante colonna sonora che accompagnò l’introduzione sugli schermi nel film del 1954, ebbe l’idea di creare il famoso ruggito usando un guanto ricoperto di resina facendolo scorrere sulle corde di un contrabbasso, ottenendo l’effetto di produrre un suono per il progettista del suono Ichiro

Minawa, che lo ha utilizzato in seguito ad una diversa velocità per personalizzare ogni espressione.

Con alle spalle una significativa esperienza nel campo della cinematografia digitale, Gareth Edwards si è gettato a capofitto in questa mastodontica produzione con lo stesso livello di ispirazione e risorse che ha messo in campo per il suo film indipendente, Monsters. Dopo aver raggruppato artisti che ammirava da lungo tempo, il regista si è ritrovato con un tema di collaboratori affiatati che hanno condiviso e anche migliorato la sua visione.

“Quando devi fare un film del genere, hai la facoltà di compilare la lista dei desideri delle persone più brave al mondo con cui ti piacerebbe lavorare ed io sono stato veramente fortunato ad essere riuscito ad aggiudicarmi tutti quelli in cima a quella lista”, ha detto. “Tutti i nostri capi reparto hanno contribuito a cambiare il cinema a modo loro e si sono tutti impegnati a vivere quest’esperienza profondamente emotiva ed epica, nella tradizione dei film con cui siamo cresciuti. Quei film sono il motivo per cui abbiamo iniziato a fare questo mestiere. Tutti si sono dimostrati brillanti ed incredibilmente di grande aiuto. Questo è il mio primo vero grande film e continuavo a chiedere, ‘Questo è normale?’ È stato semplicemente fantastico”.