L’idea della Storia progressista di Vico è proprio la stessa idea che Asimov sembra avesse in mente delineando col tempo la grande saga della Fondazione. In effetti, anche il grande storico settecentesco Edward Gibbon, autore di quel Declino e caduta dell’Impero Romano così celebre nel mondo anglosassone e che ispirò Asimov nella sua opera, aveva la stessa idea di un progresso implicito nel corso degli eventi dell’umanità, da buon illuminista qual’egli era. Eppure, l’idea di Vico è fondamentale anche e soprattutto per un altro fattore: corsi e ricorsi, come si è detto, sono costanti nella Storia umana. Ebbene, dunque significa che sono anche prevedibili. Vico sembra credere a questa ipotesi, proprio perché egli è fondatore di quella che chiama la Nuova Scienza, che non analizza il mondo naturale ma ha come oggetto delle sue ricerche proprio la Storia, che essendo prodotta dall’uomo è completamente conoscibile (e quindi prevedibile) dall’uomo. In questo senso, Vico sembra teorizzare le basi di quella Psicostoria tanto cara ad Asimov. Corsi e ricorsi devono per forza di cose essere concatenati, e dunque quando si è stabilito che ci si trova in un periodo di progresso è ipotizzabile che presto o tardi giungerà invece un regresso. In realtà Vico sottintende il fatto che la Storia, in qualche modo, si ripeta. Non si ripete pedissequamente e in modo sempre uguale come credevano gli Stoici, perché essa cambia sempre. Ma almeno nella sua impostazione la Storia si ripete. Ergo, potremmo aggiungere noi, è prevedibile Vico però non esplicita mai questa ipotesi. In realtà non ne ha bisogno, perché un’idea simile, anzi meglio identica, era già stata avanzata un secolo e mezzo prima di lui dal fiorentino Niccolò Machiavelli. Uomo politico e letterato, Machiavelli aveva una propria visione della politica nuovissima nell’impostazione metodologica ma un po’ antiquata nell’ideologia filosofica, perché si rifaceva a quella stoica (la concezione ciclica della storia). Tuttavia Machiavelli anticipava l’idea vichiana di storia come scienza, ed anzi presupponeva che esistessero vere e proprie leggi che muovevano il corso degli eventi. Per Machiavelli, proprio come per Seldon, era compito dell’uomo politico capire quelle leggi ed attenersi ad esse per mutare e migliorare il corso della Storia, che per Machiavelli è magistra vitae, perché insegna dando “modelli comportamentali”, cioè schemi predefiniti entro i quali si verificano gli eventi che fanno la Storia. L’azione umana, secondo Machiavelli, è pure sovrastata dalla necessità e della casualità, e qui si vede proprio come egli sia in qualche modo il teorico della Psicostoria. Barr parlava a Bel Riose di «necessità psicostorica», infatti, ma sbagliava perché non prendeva in considerazione la casualità, l’altra componente della scienza psicostorica, che s’incarna nel personaggio del Mulo. Quindi da una parte le ferree leggi della Storia, dall’altra l’onnipresente caso, che rimescola sempre le carte in gioco. La teoria della prevedibilità scientifica della Storia, elemento base di tutta la saga della Fondazione, è un’idea profondamente radicata nell’epoca romantica. Il già citato Santo Mazzarino lo spiega in queste righe fondamentali, che ci servono a capire meglio come la Psicostoria, in realtà, non sia altro che la ripresa di una determinata corrente filosofica: «Il presentimento di una fine “scientificamente” prevedibile, com’esso si trova in Polibio… stabiliva, già nella cultura di Roma repubblicana, una connessione strettissima fra l’idea della decadenza e quella della prevedibilità dei fatti storici. Per questa ragione, la “profezia” poliziana [della caduta di Roma, n.d.r.] divenne per eccellenza attuale in un’altra epoca, in cui pure si credette di poter “prevedere” il corso fatale della storia: l’età del romanticismo. Un secolo fa, nel 1858, apparve un libro di Lasaulx, initolato La forza profetica umana nei poeti e nei pensatori… Oggi è giustamente dimenticato; allora ebbe notevole fortuna, perché la tesi che sosteneva, della “prevedibilità della storia”, aveva tenaci assertori… È naturale che Polibio fosse il ‘pezzo forte’ dell’argomentazione di Lasaulx: se lo storico dell’età repubblicana aveva potuto prevedere la crisi dello stato romano, tutte le altre ‘profezie’… acquistavano cittadinanza nella storia dello spirito».
Asimov, la Fondazione e la filosofia della storia
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